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Il tracollo elettorale degli islamisti in Marocco

Il tracollo elettorale degli islamisti in Marocco

Alle ultime elezioni, il Partito della Giustizia e dello Sviluppo è crollato. Un segnale di ulteriore indebolimento degli schieramenti politici islamisti in Nord Africa


E’ tempo di cambiamenti politici in Marocco. Il re Mohammed VI ha incaricato di formare un nuovo governo il businessman Aziz Akhannouch, leader del Raggruppamento Nazionale degli Indipendenti. La mossa del sovrano è arrivata dopo che, alle elezioni generali tenutesi lo scorso 8 settembre, questo schieramento (di orientamento liberale) era arrivato primo, conquistando 102 seggi su 395 alla Camera dei Rappresentanti.

Una tornata elettorale che si è invece rivelata disastrosa per il vecchio schieramento al potere, il Partito della Giustizia e dello Sviluppo: una compagine islamista che, al governo in coalizione dal 2011 (sulla scia quindi del clima generale, creato dalle cosiddette “primavere arabe”), ha perso ben 112 seggi, fermandosi così a quota 13. La notizia è tanto più significativa alla luce del fatto che l’affluenza – di poco superiore al 50% – è risultata più alta rispetto alle precedenti elezioni, tenutesi nel 2016. Gli islamisti si sono ritrovati superati stavolta anche dal liberal-progressista Partito Autenticità e Modernità e dal Partito dell’Indipendenza (collocato in area centrodestra): rispettivamente arrivati secondo e terzo. In tal senso, Morocco World News ha riportato che, avviando le consultazioni per la formazione del nuovo governo, Akhannouch abbia iniziato il confronto proprio dal Partito Autenticità e Modernità, il quale si è mostrato fortemente disponibile al dialogo. Il suo segretario generale, Abdellatif Ouahbi, ha non a caso dichiarato: “Cercheremo di costruire una visione comune per il futuro… le cose andranno meglio”.

A fronte di questa situazione generale, secondo quanto riferito da Al Jazeera, il Partito della Giustizia e dello Sviluppo ha emesso un comunicato, tacciando gli avversari di “violazioni elettorali compreso l’acquisto di voti”. Tuttavia, almeno al momento, gli islamisti non sono stati in grado di suffragare le loro accuse con delle prove. Più in generale, a pesare sul destino di questa compagine potrebbero essere stati principalmente i cattivi risultati economici degli scorsi mesi. Secondo il Guardian, nel 2020 l’economia marocchina avrebbe subìto una contrazione del 7,1%, mentre il tasso di povertà sarebbe salito all’11,7% durante il lockdown. In forza di tutti questi fattori (e alla luce del peso parlamentare ormai irrisorio) sembra al momento scarsamente probabile che gli islamisti riusciranno a entrare nella nuova coalizione di governo.

Al di là delle dinamiche interne al Paese, le ultime elezioni marocchine evidenziano un ulteriore indebolimento dell’influenza che i partiti (più o meno direttamente) legati alla Fratellanza Musulmana esercitano sul Nord Africa. Pur non avendo registrato un cambio di regime nel 2011, il Marocco aveva infatti visto crescere il peso politico degli islamisti in concomitanza allo scoppio delle “primavere arabe”. Un capitolo, questo, che – dopo dieci lunghi anni – sembra si stia avviando a conclusione. Oltre al fallimentare esperimento egiziano di Mohamed Morsi tra il 2012 e il 2013, anche in Tunisia il vento è cambiato. Basti ricordare che, lo scorso luglio, il presidente Kais Saied abbia rimosso dal potere gli islamisti del partito Ennahda, destituendo il primo ministro e sospendendo il parlamento. Anche in Libia il peso della Fratellanza si è (almeno parzialmente) ridimensionato. Sotto questo aspetto, sarà interessante capire quali saranno gli esiti delle elezioni previste nel Paese per il prossimo dicembre. Un quadro complessivo che potrebbe preoccupare un notorio sostenitore della Fratellanza, come il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan.

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