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Germania: tra i due sfidanti il terzo gode

Germania: tra i due sfidanti il terzo gode

Armin Laschet, candidato Cdu che vuol avere il posto di Angela Merkel, è un gaffeur con poco carisma. Per non parlare dell’inesperta leader verde Annalena Baerbock. Ecco che, al voto di settembre, «l’usato affidabile» del socialdemocratico Olaf Scholz può riservare sorprese.


Cambiare il cavallo in corsa non si può. Il fantino neppure, anche se in molti oggi, a cominciare dal cavallo, rimpiangono di avere scelto quello sbagliato. Il cavallo è la Cdu, il partito cristiano democratico tedesco, e il fantino è Armin Laschet, presidente della Cdu dallo scorso gennaio. Ad aprile Laschet si è imposto anche come candidato cancelliere di tutti i moderati vincendo ai punti sul governatore della Baviera Markus Söder.

Laschet era convinto di avere la via della vittoria elettorale spianata dal successo personale di Angela Merkel, ma in politica non puoi vivere di rendita, tantomeno quando i successi non sono tuoi. Privo di carisma e di un programma chiaro, Laschet si è fatto notare per alcune gaffe. La peggiore: ridere mentre il presidente federale Frank-Walter Steinmeier piangeva le vittime della catastrofica alluvione a metà dello scorso luglio. Un mese dopo sono iniziati a volare gli schiaffi.

Il primo glielo ha assestato l’istituto demoscopico Insa prevedendo che a fine settembre la sua Cdu raccoglierà il 23 per cento dei voti, 10 punti meno di quanto ottenuto dalla Merkel nel 2017. Un risultato ritenuto allora così deludente da spingere l’anno dopo la cancelliera a lasciare la guida del partito. Poi è stato Söder a lanciare l’allarme dalle pagine del quotidiano Bild: o la Cdu raccoglie almeno il 30-32 per cento dei voti o la Germania di domani sarà guidata da una coalizione «semaforo» – e l’espressione dà già l’idea delle difficoltà per gestirla – fra rossi (socialdemocratici), gialli (i Liberali) e Verdi (gli ecologisti).

Laschet ha raccolto la sfida, promettendo fuoco e fiamme. Ha definito la situazione in Afghanistan «il peggior insuccesso della Nato». Poi ha preso le distanze dalla cancelliera dell’accoglienza assicurando che la Germania non darà asilo a una nuova ondata di profughi (tutti ricordano il milione di persone arrivato in seguito alla guerra civile in Siria, nel 2015). Ma poiché per Laschet la gaffe è sempre in agguato, incontrando il patron di Tesla, Elon Musk, presso la sua Gigafactory, il più grande impianto di auto elettriche d’Europa in allestimento alle porte di Berlino, il candidato ha menzionato l’auto all’idrogeno fra le risa di Musk e giornalisti.

Il suo pressapochismo supera i confini: il sito Politico.eu ha scritto che Laschet avrà pure governato una grande regione tedesca come il Nord Reno-Vestfalia, altro non è però che «il pallido facsimile della donna che spera di sostituire», senza le qualità per diventare socio di maggioranza dell’Ue. Sale sulle ferite. Intanto i giornali tedeschi continuano a discutere in prima pagina se per la Cdu non sarebbe stato meglio scegliere Söder al suo posto.

Vinceranno dunque i Verdi guidati da Annalena Baerbock? «Baerbock è stracotta» ha osservato Söder. Se Laschet è un politico esperto privo di appeal, Baerbock è l’opposto: una quarantenne mai stata neppure consigliera comunale ma pretende di guidare la quarta economia globale a forza di sorrisi e pannelli solari.

Scelta dai Verdi perché donna (anche lei a modo suo insegue Merkel), Baerbock è precipitata dal 30 per cento di aprile al 20 per cento nei sondaggi d’agosto. Non certo la galoppata di chi punta a guidare il Paese. Ma a differenza di Laschet, Baerbock potrà solo migliorare il risultato del 2017, quando i Verdi raccolsero un modesto 8,9 per cento di voti. Il rischio però è che, al solo scopo di estromettere i moderati dal governo, «i Verdi lasceranno la guida della cancelleria ai socialdemocratici (Spd)» ha osservato ancora Söder.

Oggi il vero antagonista di Laschet è dunque Olaf Scholz, vicecancelliere nel quarto e ultimo governo Merkel e candidato Bundeskanzler della Spd. Cavallo di razza del partito, già ministro del Lavoro, poi sindaco di Amburgo e dal 2018 ministro delle Finanze, Scholz è l’uomo che ha distribuito 400 miliardi di ristori durante i due lunghi lockdown tedeschi.

Competente e di poche parole, è riuscito nel miracolo di far invertire la rotta a una Spd che, complice il successo di Merkel, negli ultimi vent’anni non ha fatto altro che perdere consensi.

Oggi il partito è avvistato al 20 per cento, a pari merito con i Verdi. Più competente di Baerbock e più popolare di Laschet, Scholz spaventa Söder, anche lui fra i politici più graditi agli elettori di ogni schieramento.«Se il candidato cancelliere fossi io, non avrei nessuna falsa cautela nei confronti dell’Spd» ha aggiunto il bavarese, concludendo amaro: «Le schede elettorali sono state già stampate, i manifesti già incollati». Sarà battaglia.

Mentre i moderati continuano a punzecchiarsi, Scholz avanza lento e inesorabile. In televisione ha chiesto un nuovo approccio con la Russia basato sul rispetto dei principi dell’Ocse. Poi ha ricordato che è responsabilità anche tedesca garantire l’accesso al vaccino anti-Covid alle nazioni meno ricche.

Sui rifugiati, ha suggerito di farli accogliere da Paesi africani e asiatici, facendo propria la linea dell’«aiuto altrove» che ha portato i socialdemocratici danesi al successo elettorale. Un programma con il quale Scholz punta dritto alla cancelleria federale. Non importa con quali partner di governo: l’essenziale è disarcionare una Cdu resa vulnerabile dal prossimo addio dell’invincibile Merkel.

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