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Il Ddl Zan formato Europa

Il Ddl Zan formato Europa

Mentre in Italia si discutono misure contro «l’omolesbotransfobia», a Bruxelles si finanziano «decisori politici e Ong» impegnate nella battaglia di genere. E all’Europarlamento circola un curioso glossario all’insegna del politicamente corretto…


Per il 2021, come negli anni precedenti, l’Unione europea finanzia con 951.991,20 euro la costola europea di Ilga, l’associazione internazionale di lesbiche, gay, bisessuali e intersessuali. Gli obiettivi, come riporta la scheda dello stanziamento, sono chiari: «Consentire ai decisori politici di promuovere i cambiamenti (…) impegno attivo con i responsabili delle decisioni della Ue e nazionali (…) protezione rafforzata contro la discriminazione attraverso l’attuazione/adozione di leggi». Fra i beneficiari ci sono «100 decisori politici» e «150 Ong» ovviamente Lgbti, l’acronimo che indentifica la comunità lesbica, gay, bisessuale, transgender e intersessuale. Il discusso disegno di legge Zan sull’omofobia è solo un tassello di una più ampia strategia europea che trova cospicui finanziamenti oltre a sponde politiche a Bruxelles.

Ursula von der Leyen, presidente della Commissione, ha ribadito il 17 maggio in occasione della «Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia» che «sono fermamente e con orgoglio per una vera Unione dell’uguaglianza». Niente di male, ma l’organismo di governo continentale nella «prima strategia per l’uguaglianza Lgbtiq 2020-2025» amplia l’utilizzo di fondi ed entra a gamba tesa nell’educazione scolastica. Bruxelles sostiene gli Stati membri «contro la discriminazione Lgbti nell’istruzione e sul bullismo scolastico omosessuale e transfobico» puntando su non meglio specificate «lezioni sulla diversità a scuola». Non solo: «La Commissione presenterà, promuoverà e disseminerà le linee guida esistenti e le esperienze di successo su questi temi» nel campo dell’istruzione. Ecco che in Italia le associazioni schierate sul fronte opposto, come Pro Vita & Famiglia, temono che sia con il Ddl Zan un cavallo di Troia della «teoria gender», che disorienta bambini e adolescenti.

Ultima idea uscita dai palazzi Ue è un vocabolario politicamente corretto per i funzionari. Il linguaggio caricato sulla rete interna dell’Europarlamento usa «genitore» al posto di «madre» e «padre». Il troppo diretto «cambio di sesso» è sostituito da «transizione di genere». Per non parlare di «sesso biologico» abolito a favore di «sesso assegnato alla nascita». Matrimonio gay è assolutamente scorretto e va cambiato con «matrimonio egualitario». Non basta dire lesbiche e omosessuali, preferibile chiamarle sempre «persone lesbiche e persone omosessuali».

Anche i «diritti dei gay» suonano male. Il glossario suggerisce di sostituirli con «trattamento equo, paritario». Utero in affitto è un tabù e va corretto con «maternità surrogata», ma ancora meglio «gestazione per altri». Oltre ai diktat linguistici si è formato a Strasburgo un gruppo interparlamentare Lgbti composto da 153 eurodeputati, compresi otto italiani. Il 20 aprile 57 europarlamentari a cominciare dal direttivo del gruppo hanno scritto una lettera per sollecitare con forza «la discussione sul disegno di legge Zan» e la sua approvazione «in linea con i valori europei e il programma di lavoro della Commissione europea».

Negli ultimi anni Bruxelles ha speso quasi 10 milioni di euro per 31 progetti a favore solo del mondo Lgbti. Ora i fondi saranno aumentati. Il cartello arcobaleno Ilga riceve quasi un milione di euro l’anno, la costola giovanile degli studenti Lgbtqi incassa dalla Commissione oltre 430.000 euro. Una Ong di Carpi ha portato avanti fino a gennaio un progetto da 452.000 euro con un contributo di oltre 65.000 euro per gli «anziani Lgbti». L’Arcigay di Bologna ha ottenuto un finanziamento nel 2019 di oltre 159.000 euro per «aumentare l’accettazione sociale delle persone Lgbti e ridurre l’odio omofonico e transfobico in Italia». Voice.it, altro progetto sponsorizzato da Bruxelles, punta «ad aumentare la partecipazione e il coinvolgimento diretto delle persone Lgbtqi+ nel processo decisionale politico».

I progetti transgender di rilievo finanziati dalla Commissione europea sono sette. L’Università di Brescia fra 2018 e 2019 era capofila di un progetto sostenuto dalla Ue con quasi un milione e 35.000 euro sull’omofobia dal titolo «Chiamatelo odio». A un’associazione tedesca sono andati quest’anno 386.000 euro per «una rete transeuropea più forte, che promuova la diversità». La Fondazione «Giacomo Brodolini» è contractor nazionale dell’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali, che ha pubblicato il rapporto Una lunga strada da percorrere per l’uguaglianza Lgbti.

Secondo Marta Capesciotti, ricercatrice della Fondazione che punta il dito contro politica e media, bisogna parlarne nelle scuole: «Il primo modo per abbattere l’omolesbobitransfobia è decostruire l’idea che la normalità sia essere eterosessuali e cisgender» ovvero chi è maschio o femmina dalla nascita. Per la Commissione i progetti pro Lgbti «continueranno ad avere una priorità di finanziamento». E le direttive non si fermano all’Europa. Attraverso i fondi della cooperazione internazionale «la strategia è garantire l’uguaglianza delle persone Lgbtiq nel mondo».

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