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Da Milano a Napoli esplode Palazzopoli: cantieri, indagini e città divise

Da Milano a Napoli esplode Palazzopoli: cantieri, indagini e città divise

Il “cubo nero” che spezza l’incantesimo dei lungarni di Firenze è lo scandalo più recente. Ma da Nord a Sud dilagano gli edifici tirati su con “scorciatoie”, se non peggio. Milano ne è puntellata, ma succede a Roma, Napoli, Lucca… chi governa le nostre città?

È iniziato a Milano, con le inchieste giudiziarie che da quasi tre anni continuano a scuotere la città, il mondo dei grandi progetti immobiliari e la giunta di centrosinistra di Beppe Sala. Ma, se si guarda con attenzione l’attualità, la tensione tra sviluppo urbano, tutela dei cittadini e trasparenza delle procedure percorre da mesi tutta l’Italia. Da Bologna a Firenze, da Trieste a Napoli, passando per Roma, Bari e persino la più piccola Lucca fino a Forte dei Marmi, emergono casi che dividono le comunità, mettono in difficoltà la politica (in particolare quella targata Pd avvinghiata all’ambientalismo retorico) e riaprono la discussione sull’urbanistica nazionale.

La capitale economica del Paese è stata il detonatore. Nell’estate 2025 la Procura ha iscritto decine di nomi nel registro degli indagati: dirigenti comunali, archistar come Stefano Boeri, professionisti e operatori come Manfredi Catella, ceo di Coima. Al centro, fra i tanti casi, anche la vicenda Pirelli 39 (ex Pirellino), un palazzo a ridosso della Stazione Centrale trasformato secondo un iter che i magistrati sospettano sia stato condizionato da pressioni sulla Commissione paesaggio e anche sul sindaco. Ma non è l’unico dossier.

Sotto osservazione anche lo Scalo Romana, il grande comparto che ospiterà il Villaggio Olimpico di Milano-Cortina 2026, destinato a trasformarsi in studentati e residenze private.

Le polemiche non riguardano solo i valori degli edifici, ma anche la percezione di una città che consegna interi quartieri ai fondi immobiliari senza chiedere in cambio oneri di urbanizzazione adeguati, concedendo la realizzazione di grattacieli con semplici Scia, evitando i piani attuativi che avrebbero permesso almeno di calcolare l’impatto reale di opere alte oltre 80 metri sulle case circostanti.

Le indagini in chiusura riguardano cantieri già noti: la residenza universitaria Scalo House in via Lepontina, sequestrata nel 2024; le Residenze Lac nel Parco delle Cave; il Giardino Segreto con 61 appartamenti; The Nest in via Fontana, due palazzine da sette piani, contestate dai pm per violazioni edilizie. Intanto altri fascicoli si aprono. L’ultimo riguarda il progetto Syre – New Living a San Siro, firmato dallo studio Marco Piva e realizzato da Redbrick Investment Group per il fondo Domus IV di Axa Real Estate: una torre di 22 piani e un edificio di otto, 120 appartamenti complessivi, per oltre 11.500 mq e prezzi fino a 1,3 milioni a unità. Quasi tutto venduto prima ancora della consegna, prevista quest’anno. I pm lo contestano con l’ipotesi di lottizzazione abusiva. La Rete dei comitati metropolitani ha inoltre segnalato altri cantieri giudicati speculativi: via Baldinucci 46 a Dergano, la Residenza Gutenberg e le Case nel Parco a Crescenzago, presentati come rigenerazione urbana ma accusati di sacrificare verde e spazi comuni. «Noi abbiamo comprato nella legalità e oggi siamo gli unici a pagare per colpe non nostre», denuncia Filippo Maria Borsellino, portavoce del comitato Famiglie Sospese. «Alla fine potremmo essere oltre 4.500 nuclei a rischio. La nostra vita è congelata da cantieri sequestrati e mutui già avviati».

A Bologna la miccia è stata accesa da una rete di comitati che, armati di fotografie, planimetrie e atti edilizi, hanno depositato in Procura un esposto dettagliato. L’accusa: 13 edifici “fuori scala”, volumetrie che avrebbero cambiato la fisionomia dei quartieri senza un vero confronto con la città.

Anche nel cuore della Pianura padana, come a Milano, il ricorso alla Scia è diventato un nodo controverso: in più casi è stata utilizzata per interventi edilizi rilevanti, che normalmente avrebbero richiesto un Permesso di costruire e quindi un confronto politico più ampio. La possibilità di procedere con una semplice segnalazione, senza passaggio consiliare e con margini ridotti di controllo pubblico, ha sollevato critiche da parte di opposizioni e associazioni, che parlano di una gestione urbanistica poco trasparente e sbilanciata a favore degli operatori privati. Sette progetti portano la firma dello studio Scagliarini.

Il nome di Federico Scagliarini non è nuovo: oltre a firmare interventi tra le polemiche come quelli di via Toscana o zona San Vitale, era anche vicepresidente della commissione per la Qualità architettonica e il Paesaggio. È questo doppio ruolo – progettista da un lato, arbitro dall’altro – a far discutere. «Non mettiamo in dubbio la correttezza formale degli atti» afferma la rete dei comitati «ma riteniamo inaccettabile che chi decide sia anche il principale beneficiario». Il sindaco Matteo Lepore ha difeso le procedure: «Abbiamo operato nel rispetto della legge. Parlare di abusi è sbagliato». Ma le proteste non si placano.

A Firenze il casus belli è il cosiddetto “cubo nero” dell’ex Teatro Comunale. Il disegno, affidato a Vittorio Grassi Architects con Genius Loci Architettura, finanziato da Hines e Blue Noble, ha portato alla nascita di un volume scuro di sette piani destinato a residenze di lusso. La sindaca dem Sara Funaro si è limitata a definire l’edificio – per il quale mezza città è insorta denunciando la deturpazione della vista sui Lungarni – una questione di gusto personale e promette tavoli di confronto, ma senza assumere una linea politica chiara, lasciando irrisolto il nodo della tutela reale del patrimonio. Per la Soprintendenza i volumi sono «incongrui con il contesto paesaggistico», ma il via libera è comunque arrivato, con prescrizioni sui materiali e sul colore che non hanno evitato l’effetto visivo contestato. «Uno sfregio alla città», ha detto il filosofo Sergio Givone. Per l’urbanista Antonio Bugatti «è la dimostrazione che la politica non ha saputo governare il processo».

Il caso si inserisce in una Firenze già agitata da altre partite urbanistiche. Tra queste, la nuova pista di Peretola, approvata con 13 prescrizioni ambientali, che promette di moltiplicare i voli ma divide la Piana; il restyling dello stadio Franchi, progetto firmato da Arup, lasciato andare avanti dal Tar ma che continua a sollevare dubbi su costi (oltre 150 milioni) e compatibilità con i fondi Pnrr.

Nella Capitale il nuovo stadio della Roma a Pietralata è il cuore della battaglia urbanistica. Firmato dallo studio internazionale Populous, prevede 60 mila posti, parcheggi multipiano e una nuova viabilità di quartiere. La relazione agronomica consegnata al Campidoglio ha declassato l’area a «bosco di scarso valore naturalistico».

«Non è scarso valore, è verde vivo che si vuole sacrificare al calcio-business», replicano i comitati cittadini. Il sindaco Roberto Gualtieri (Pd) ha difeso la scelta: «Realizzeremo compensazioni con un imboschimento equivalente». Ma anche qui i dubbi restano. Le opposizioni accusano la giunta di aver piegato le carte per andare incontro alla società giallorossa.

A Napoli, Bagnoli resta il terreno più simbolico e più insidioso per il centrosinistra. Il masterplan affidato a Invitalia prevede la bonifica dei suoli, la demolizione dei vecchi capannoni, la creazione di un grande parco urbano e di nuove aree residenziali e turistiche. Un investimento da oltre un miliardo. Nel marzo 2025 sono iniziati i lavori di abbattimento dei capannoni Morgan. Ma la vera frattura riguarda la colmata a mare, la colossale piattaforma di cemento costruita negli anni Settanta per ampliare lo stabilimento siderurgico. Governo e Comune hanno deciso di rimuoverne solo una parte, per ragioni di costi e tempi. I comitati parlano di «mezza bonifica», di «occasione persa per restituire il mare alla città». Le giunte di centrosinistra, da Bassolino a Iervolino fino a Gaetano Manfredi, hanno promesso più volte di risolvere la questione. Ma la sensazione diffusa è che, anche stavolta, la montagna rischi di partorire un topolino.

A Lucca l’urbanistica è diventata terreno di scontro con la ex Manifattura Tabacchi. Nel 2019 la Fondazione Cassa di Risparmio e la giunta Tambellini (Pd) lanciano un progetto di rigenerazione con Coima di Manfredi Catella. Una variante urbanistica lo autorizza, ma proteste e opposizioni parlano di svendita e mancanza di confronto: l’operazione si blocca e l’area resta ferma.

Negli stessi anni il nome del costruttore ricompare a Forte dei Marmi con Villa Mann. Qui voleva realizzare un parcheggio privato e, dopo uno stop iniziale, nel 2021 un parere legale richiamò la Legge Tognoli. Il nuovo dirigente urbanistico fece avanzare la pratica senza passaggio in Consiglio: il Permesso di costruire fu ritirato e sostituito da una Scia che lasciò via libera all’intervento. Il consigliere Enrico Ghiselli ha denunciato la vicenda come irrispettosa delle norme urbanistiche.

Insomma, quello che emerge è un filo rosso da Milano a Napoli che intreccia speculazioni, scorciatoie normative e comunità divise. L’Italia sembra vivere una stagione in cui i grandi progetti urbani avanzano più veloci delle regole e della politica, lasciando ai tribunali e ai comitati il ruolo di arbitri. E la domanda è: chi governa le trasformazioni delle nostre città, la mano pubblica o i capitali privati? È lì che si gioca la credibilità della politica. Forse anche il futuro del paesaggio urbano italiano.

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