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Procure: l’ultimo valzer delle correnti

Procure: l’ultimo valzer delle correnti

Milano, Firenze, Palermo… Da Nord a Sud, si sta ridefinendo la geografia dei vertici nelle sedi cruciali della giustizia italiana. Tra candidati favoriti ed equilibrismi politici, ognuno fa il proprio gioco. E sembra che le recenti tempeste che hanno investito il Csm siano passate invano.


Qualcuno s’era illuso? Davvero qualcuno aveva sperato che gli scandali che hanno devastato il Consiglio superiore della magistratura, o i progetti di riforma del ministro Marta Cartabia, e magari i bestseller sul degrado del sistema giudiziario o l’imminenza dei referendum sulla giustizia, avrebbero potuto indurre le correnti di categoria a una decorosa ritirata strategica? Sbagliato. Perché nel Csm è appena ripartito il «valzer delle procure». E come piccoli partiti assetati di potere, le quattro componenti politiche dei magistrati non hanno arretrato d’un millimetro: sono ancora in pista, agguerrite come sempre e forse anche di più. Fuori e dentro Palazzo dei Marescialli, la sede del Csm, gli emissari e i rappresentanti delle correnti scambiano promesse di voto e favori, e si destreggiano tra alleanze improvvise e ancor più repentini tradimenti. Se soltanto i cellulari di certi capicordata oggi potessero «parlare», come nel 2019 era stato costretto a fare per motivi giudiziari lo smartphone di Luca Palamara, allora leader della corrente di Unicost, ne sapremmo sicuramente delle belle. Scopriremmo, soprattutto, che la musica non è affatto cambiata.

L’ultimo valzer è affollatissimo e muove grandi interessi. I posti vacanti ai vertici delle procure sono tanti e ovunque gli aspiranti sono molto numerosi. Più che a un valzer, in effetti, il gran ballo delle nomine assomiglia al vecchio gioco delle «sedie musicali», il girotondo dove all’interrompersi della musica i partecipanti devono assolutamente trovare una sedia su cui sedersi, pena l’esclusione.

Tra le procure in lizza, quelle davvero importanti sono tre. Al centro dei giochi, e anche prima in ordine di apparizione tra le decisioni che il plenum del Csm dovrà prendere, è la nomina del nuovo procuratore di Milano. In novembre se n’è andato in pensione Francesco Greco, leader di Magistratura democratica, la storica corrente di sinistra che da qualche anno fa parte del raggruppamento di Area democratica per la giustizia. Greco ha lasciato una procura spaccata in due dai veleni e dalle polemiche per l’opaca gestione del controverso processo Eni-Nigeria: da mesi l’ufficio è attraversato da durissimi scambi d’accuse, denunce penali e perfino clamorosi rinvii a giudizio. Le contrapposizioni vere, però, quelle politiche, sono avvenute nelle ultime settimane al Csm.

Al posto di Greco si sono candidati in tanti, ma alla fine di febbraio la quinta Commissione ha proposto al plenum una rosa di tre nomi. La sinistra giudiziaria di Md-Area, che ha in pugno il vertice del palazzo di giustizia milanese almeno dal 1988 (quando s’insediò Francesco Saverio Borrelli, tra i fondatori della corrente), spera nella continuità garantita da Maurizio Romanelli, uno degli attuali procuratori aggiunti, e capo del dipartimento che si occupa dei reati contro la pubblica amministrazione. In Commissione, Romanelli è stato votato dalla consigliera Alessandra del Moro, giudice milanese che rappresenta Area e incidentalmente è moglie di Gherardo Colombo, ex magistrato di Mani pulite.

I guai lasciati da Greco, però, rafforzano la tesi che sia arrivato il momento di un «Papa straniero», meglio ancora se non targato Area. E infatti, per adesso, in testa con due voti è Marcello Viola, oggi procuratore generale a Firenze: per lui hanno votato il membro togato Antonio D’Amato, della corrente moderata Magistratura indipendente, e Sebastiano Ardita di Autonomia & indipendenza, la corrente fondata nel 2015 da Piercamillo Davigo su basi ideologiche più corporative e di orientamento oltranzistico-grillino. Il terzo candidato è il procuratore di Bologna, Giuseppe Amato, votato da Michele Ciambellini di Unicost, la corrente centrista di cui Amato fa parte. Gli altri due membri della quinta Commissione, i «laici» Fulvio Gigliotti (Movimento 5 stelle) e Alessio Lanzi (Forza Italia) si sono astenuti. Il plenum deciderà a fine marzo, ma al suo interno c’è chi già prevede «scontri con il coltello tra i denti».

Le danze sono aperte anche alla procura di Firenze, che dalla fine di febbraio cerca un nuovo responsabile: Giuseppe Creazzo ha lasciato l’ufficio per andare a fare il sostituto procuratore nel tribunale per i minori di Reggio Calabria. Aderente a Unicost, Creazzo ha 67 anni ed è passato alle cronache recenti per aver chiesto il rinvio a giudizio di Matteo Renzi nell’ambito dell’inchiesta sulla Fondazione Open, ma sta attraversando un periodo non proprio positivo. E non solo perché l’ex segretario del Partito democratico l’ha denunciato, accusandolo di gravi irregolarità nell’inchiesta.

In dicembre Creazzo è stato anche sanzionato dal Csm in base alle accuse di Alessia Sinatra, magistrato a Palermo, la quale aveva dichiarato di aver subìto molestie sessuali dal collega in un hotel romano durante una riunione di Unicost nel 2015. La condanna del Csm è stata sorprendentemente lieve: per aver «leso la propria immagine e il prestigio dell’intera magistratura», Creazzo ha perso solo due mesi di anzianità sulla sua pensione, ma ha annunciato ricorso.

Resta il fatto che ora il suo posto è libero e che è decisamente ambito, visto che si sono già fatti avanti ben 18 candidati. Tra di loro, chi al momento sembra avere più chance è Rodolfo Maria Sabelli, attuale procuratore aggiunto a Roma, che come Creazzo appartiene a Unicost. Quest’ultimo si fa forte di un passato correntizio di peso – dal 2012 al 2016 è stato presidente dell’Associazione nazionale magistrati – e di un presente condito da ottimi rapporti con la sinistra di Area. In Commissione se la vedrà soprattutto con il procuratore di Arezzo Roberto Rossi, anch’egli di Unicost; con il sostituto procuratore generale della Cassazione, Nicola Lettieri; e con il procuratore aggiunto di Firenze Gabriele Mazzotta, di Md.

Anche a Palermo va in scena il valzer. Il vertice della procura è vacante da dicembre, con la nomina di Francesco Lo Voi a capo dell’ufficio di Roma. I candidati sono sette. Lo Voi fa parte di Magistratura indipendente, e per il suo posto sono in lizza soprattutto Marcello Viola, che è della stessa corrente e dall’alto della sua anzianità professionale gioca anche per Milano, e il procuratore di Messina Maurizio De Lucia, considerato molto vicino all’ex procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, uno dei nomi di punta di Unicost.

Altri due candidati, Marzia Sabella e Paolo Guido, sono già a Palermo come procuratori aggiunti. Entrambi, in teoria, avrebbero ottime carte da giocare: lei nel 2006 partecipò all’inchiesta che portò alla cattura del boss mafioso Bernardo Provenzano, e lui nel 2012 rifiutò di firmare la richiesta di rinvio a giudizio degli ufficiali dei carabinieri e dei boss mafiosi che la procura voleva imputati nel processo sulla presunta «trattativa» tra lo Stato e Cosa nostra, perché era convinto che l’accusa non avrebbe retto al vaglio di tre gradi di giudizio, e aveva perfettamente ragione.

Il problema è che, nell’ultimo valzer delle procure che si balla a Palermo come altrove, l’orchestra delle correnti punta soltanto a spartirsi il potere e per questo sta già suonando altri… spartiti. A ben pensarci, è un po’ quel faceva l’orchestra del Titanic. Ma qui rischia di affondare la giustizia italiana.

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