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La guerra silenziosa contro la famiglia italiana: perché norme e tribunali stanno dividendo il Paese

La guerra silenziosa contro la famiglia italiana: perché norme e tribunali stanno dividendo il Paese

Nel giro di poche settimane si sono succeduti episodi sconcertanti, di cronaca ma anche di vita parlamentare, che minano la tenuta del nucleo sociale più importante. L’ideologia della disgregazione pare ormai una forza inesorabile

I tre bambini del bosco sottratti alla loro famiglia nel nome della legge. La mamma ucraina con gravi turbe mentali a cui viene permesso di stare con suo figlio e lei lo uccide. Poi, passando dalla cronaca giudiziaria all’attività legislativa, l’introduzione  dell’educazione sessuale e affettiva nelle scuole medie inferiori. E ancora: la legge bipartisan, concordata tra maggioranza e opposizione, che pretende di combattere i femminicidi e le violenze sessuali facendo sottoscrivere prima di una relazione carnale una dichiarazione consensuale. Infine, la Corte europea che obbliga tutti i Paesi dell’Ue a riconoscere le nozze gay.

Presa ciascuno a sé, ogni episodio si può considerare un incidente, un’infelice interpretazione, una legge sbagliata, un errore. Ma quando si verificano tutti insieme, in un arco di tempo ristretto, allora trai l’idea che sia in corso una guerra contro il buon senso, la realtà e la vita intima, la famiglia, i legami affettivi, fino a minare le relazioni tra genitori e figli, tra mogli e mariti, tra uomini e donne. Una guerra domestica, animata da un furore distruttivo che sembra rispondere a un cupo delirio ideologico di tipo giacobino. Con l’aggravante che le due leggi in questione sono volute e promosse non solo dalla sinistra, che è solitamente portatrice di quelle istanze, ma anche dal centrodestra al governo che dovrebbe rappresentare chi la pensa diversamente.

Ripercorriamo in breve le situazioni citate. La storia della famiglia nel bosco è una favola rovesciata, in cui il lupo cattivo sono i genitori. Una famiglia vera, composta da genitori e tre bambini, vive – peraltro in linea col modello green o hippy di una volta – allevando i figli a contatto diretto con la natura, gli animali, la vita all’aperto, cercando di dare un’educazione diversa alla progenie. Nessun maltrattamento, abuso o violenza, nessuna sofferenza per i bambini. Ma grazie agli assistenti sociali e al Tribunale per i minori la famiglia viene di fatto commissariata, decomposta, i bambini sottratti all’habitat familiare, in particolare al padre. Si dice che non vivano in condizioni salubri; proprio loro, con la loro scelta salutista ed ecologista… Ma lorsignori hanno mai visitato, per esempio, un campo rom, hanno visto come vivono quei bambini, e come vengono sfruttati e usati per furti e scippi? Per carità, guai a toccare “la cultura rom”: è violenza, è razzismo, è intrusione nel loro “stile di vita”. Nulla da dire sui bambini che vivono barricati in casa con gli smartphone o in contesti urbani deprimenti? Viceversa è permesso a una squilibrata che aveva già tentato di strozzare suo figlio, di vedersi con lui, nonostante gli accorati appelli del padre; e, come si temeva, la madre ha ucciso il bambino.

Cambiamo scenario passando dalla cronaca alla politica. La sinistra propone una legge sull’educazione sessuale e affettiva nelle scuole, un cavallo di Troia per introdurre nelle aule temi, ideologie, agenti e propagandisti della teoria transgender e della sistematica distruzione della famiglia. L’alibi inverosimile è che serve a combattere le violenze sessuali e i femminicidi. Il governo sembra opporsi in un primo tempo; poi con una spettacolare inversione a U, firma un disegno di legge per inserire l’educazione sessuale nelle scuole medie inferiori, con il consenso informato dei genitori, purché si parli solo sul piano scientifico e anatomico, prescindendo dalle relazioni e dal contesto sociale. Modifiche che scaricano sui genitori la patata bollente, innescando conflitti e liste di proscrizione a scuola, ed eludono la realtà: che senso ha parlare di sesso tacendo sulle relazioni sessuali e affettive? Si dovrebbe fare  semmai il contrario: parlare di relazioni d’amore, di sesso e di affetto in un contesto formativo più ampio, culturale, storico, letterario, umanistico, non in un’ora di educazione sessuale.

Ma non basta. Destra e sinistra varano insieme (salvo le battute di arresto al Senato degli scorsi giorni) una proposta che concede agli uomini di fare sesso solo se c’è il consenso formale, scritto, della donna. Altrimenti rischia la galera. E se una relazione finisce, una donna può rivalersi, accusando di violenza il partner e toccherà a lui l’onere di provare che non c’è stato stupro. Sarà difficile stabilirlo perché se mancano testimoni e prove di violenza sarà la parola dell’uno contro la parola dell’altra, sapendo dove pende la bilancia in quest’epoca, dopo i casi (veri) di violenza sessuale e femminicidio.

Per finire, la ciliegina della Corte europea sulle unioni gay che scavalca le leggi nazionali. Che società esce da questi interventi giudiziari e legislativi nella vita delle famiglie, nelle relazioni affettive e sessuali, nell’educazione dei figli, e nella formazione scolastica? Innanzitutto esce peggio di come è entrata. Poi trasferisce la guerra civile nella sfera intima, familiare, tra uomini e donne. In tutti questi casi l’intervento pubblico nell’ambito intimo peggiora la vita privata, le relazioni e i rapporti tra le persone, oltre che tra pubblico e privato. Peggiora il tessuto sociale, i rapporti affettivi, la fiducia reciproca, la sicurezza e la qualità della vita domestica, vanifica le leggi.

Se fossimo davvero in un Paese libero e pluralista, sarebbero almeno rappresentati e tutelati gli orientamenti opposti in tema di coppie, di sesso, di scuola e di famiglia: invece tutto scivola in un piano inclinato verso un solo modello, permissivo e repressivo, ideologico e intrusivo, senza argini, contrappesi né possibili divergenze. Vincono il conformismo e il sopruso, perdono la famiglia e la libertà.

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