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Conte temporeggia sempre. Ma con il Mes rischia di impiccare il governo

Conte temporeggia sempre. Ma con il Mes rischia di impiccare il governo

La via politica di Giuseppe Conte si fa sempre più stretta. Se per passare l’estate saranno stati sufficienti i fumosi Stati Generali e le decisioni rinviate dell’Unione europea sulla configurazione del pacchetto di stimoli economici, l’immobilismo mascherato dal centralismo mediatico non sarà sufficiente al premier per superare l’autunno, quando sarà necessario decidere sul bilancio.


In Parlamento i segnali si mostrano ben chiari, c’è un’assonanza sempre più palese tra un pezzo del Movimento 5 Stelle e la Lega, sia sulla politica fiscale che sul rapporto con Bruxelles. Un ritorno di fiamma che dipende da due fattori: la debolezza delle leadership pentastellata e la scarsa fiducia di una parte del Movimento nella trasformazione moderata imposta da Grillo e Giuseppe Conte e dell’alleanza con il Pd; la necessità del leader leghista di porsi come l’unico interlocutore per tessere alleanze all’infuori del centrodestra.

Il punto di rottura nella tenuta della maggioranza di governo saranno proprio i cinque stelle. Non soltanto per la divisione in correnti sempre più evidente, ma per ciò che tra poco i parlamentari del Movimento si troveranno di fronte: l’irrilevanza a livello territoriale (non hanno speranza di governare le Regioni); un’ulteriore certificazione della caduta di consenso nelle regionali di ottobre; una legge di bilancio “lacrime e sangue” sempre più certa tanto per la lentezza della trattativa sui fondi europei quanto per il peggioramento delle stime sul PIL; la probabile necessità del governo di ricorrere al Mes, mettendo la definitiva parola fine sulla postura euroscettica ed anti-establishment del Movimento.

A quel punto i parlamentari insoddisfatti inizieranno un semplice ragionamento, le elezioni restano improbabili sia per le incertezze sul fronte sanitario che per gli equilibri in Parlamento e comunque, sia in caso di elezioni vicine o lontane, il risultato del 2018 resta irripetibile per il Movimento 5 stelle. In altre parole, in molti sanno di non avere speranza di essere rieletti e, al tempo stesso, che la legislatura difficilmente finirà prima del 2022. Di conseguenza, i parlamentari pentastellati inizieranno a guardarsi intorno (un processo già in atto e che ha portato alle prime defezioni) e a cercare una nuova casa dove sarà possibile essere ricandidati. Qui s’inserisce il gioco di Salvini, consapevole sia della capacità d’attrazione della Lega sui grillini sia che i numeri al Senato non sono così larghi per la maggioranza. A questa strategia si sovrappone quella disegnata da Giorgetti, ossia operare affinché non sia questa maggioranza a scegliere il prossimo Presidente della Repubblica. E tutti sanno, come il nervosismo nelle interviste di Matteo Renzi lascia trapelare, che in questa legislatura c’è già stata un’altra maggioranza. Un problema per il centrosinistra, che punta a blindare politicamente il governo con il Mes e a portare un proprio nome al Quirinale (o, eventualmente, a riconfermare Sergio Mattarella).

La vicenda del Mes, in questa chiave, rischia di assumere un ruolo fondamentale sul piano politico prima che finanziario. Conte è a un bivio e con la fine dell’estate il tempo sarà scaduto. E più la decisione si attarda, maggiori saranno i contraccolpi politici.

Se Palazzo Chigi accetta il Mes rischia di fare il gioco di Salvini e scavare il solco tra i pentastellati governisti e quelli insoddisfatti. Con il pericolo concreto che la maggioranza collassi. A quel punto, con una spaccatura del Movimento e anche se Conte incassasse il voto favorevole di Forza Italia sul Mes, questa maggioranza non ci sarebbe più. Bisognerebbe andare al Quirinale per trovare una soluzione ed il Presidente del Consiglio sarebbe il primo a rischiare il posto. Al contrario, se Conte rifiutasse il Mes si andrebbe in conto ad uno scenario allo stesso modo difficile: crescerebbe l’insofferenza del Pd e Italia viva verso il premier, che vedrebbe scaricati su di sé tutti i problemi socio-economici dei prossimi mesi. Conte sarebbe percepito come un leader irrisolto, prigioniero delle sue origini populiste, e verrebbe usato dai suoi alleati di sinistra come il capro espiatorio della crisi che verrà. In questo scenario, potrebbe venire meno sia la copertura politica europea che quella del Quirinale. Non va dimenticato, infatti, che il secondo governo Conte nasce quasi esclusivamente per garantire che l’Italia accetti senza troppe frizioni le risoluzioni che arrivano da Bruxelles. Il Presidente siede ancora a Palazzo Chigi proprio per far digerire ai Cinque Stelle la medicina prescritta dai partiti europeisti. A chi servirebbe, in Europa, un Conte che dicesse no ai fondi del Mes e alla sue condizionalità politiche?

Fino a qualche settimana fa, complice la sospensione della democrazia imposta dal lockdown, sembrava non esserci alternativa a questo esecutivo. Oggi tutte le debolezze genetiche della maggioranza stanno emergendo ed il fragile modello politico su cui poggia il Conte-bis potrebbe esplodere in tutte le sue contraddizioni tra qualche mese.

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