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Conte sbugiardato da Putin sul caso Navalny

Conte sbugiardato da Putin sul caso Navalny

Il caso di Aleksej Navalny rischia di creare non poche fibrillazioni tra Italia e Russia. Poche ore fa, Mosca ha formalmente smentito Giuseppe Conte che, in un’intervista a Il Foglio, aveva dichiarato: “Il presidente Putin mi ha anticipato che avrebbe costituito una commissione di inchiesta e si è detto pronto a collaborare con le autorità tedesche”.


“La collaborazione”, aveva aggiunto il presidente del Consiglio, “è la via migliore per scongiurare che questa drammatica vicenda possa incidere negativamente sui rapporti tra l’Unione europea e la Russia”. Ricordiamo che Conte aveva riferito di aver ricevuto queste garanzie nel corso di una telefonata, avuta con lo stesso Putin lo scorso 26 agosto.

Ciononostante il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha negato che il presidente russo abbia intenzione di creare una commissione d’inchiesta. “Non escludo che ci possa essere stato un equivoco. La situazione che riguarda il paziente di Berlino è stata effettivamente toccata”, ha dichiarato, per poi aggiungere che “una pre-indagine è in corso da un bel po’ di tempo”. Secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa russa Tass, Peskov ha sottolineato che non ci siano ragioni legali per aprire un procedimento penale “perché i test condotti da esperti russi non hanno rilevato alcuna sostanza tossica”. “La Russia è pronta a scambiare informazioni, i medici russi hanno presentato un’iniziativa rilevante. Purtroppo, non abbiamo visto alcuna risposta dai nostri colleghi tedeschi”, ha chiosato il portavoce.

Una doccia fredda per il presidente del Consiglio italiano, che ha provato – senza troppo successo – a ritagliarsi il ruolo di mediatore in questa crisi. Probabilmente anche a causa delle forti fibrillazioni interne alla sua stessa maggioranza, Conte sta cercando di accreditarsi sul fronte internazionale. E, in tal senso, proporsi come una sorta di “paciere” tra Mosca e Bruxelles rientrava forse in questa strategia. Peccato che in diplomazia non bastino capriole e frasi a effetto: soprattutto in una crisi politica che sta investendo le relazioni tra la Russia, l’Unione europea e gli stessi Stati Uniti. Tenere il piede in più di una staffa può forse andare bene per la politica italiana, meno per quella internazionale. Specialmente alla luce del fatto che, sempre intervenendo su Il Foglio, il nostro premier aveva cercato di usare toni concilianti con Putin, dicendosi comunque allo stesso tempo in linea con Berlino sul caso Navalny. “La posizione del governo tedesco, che peraltro esercita in questo semestre la presidenza della Ue, coincide con quella italiana e europea. E’ necessario fare piena luce su quanto accaduto, e perseguire i responsabili di un attentato di tale gravità contro un esponente dell’opposizione”, aveva affermato.

Negli scorsi giorni, la Germania ha affermato che l’attivista russo sarebbe stato avvelenato con il Novichok: fattore, che ha portato l’entourage del blogger a parlare di un coinvolgimento dell’apparato statale russo e fondamentalmente dello stesso Putin. Dall’altra parte, come sottolineato da Peskov, i medici russi – che avevano in cura l’attivista prima del suo trasferimento a Berlino – avevano negato di aver reperito tracce di avvelenamento. Germania e Russia stanno non a caso arrivando sempre più ai ferri corti, tanto che il destino del gasdotto Nord Stream 2 è adesso fortemente a rischio. E’ d’altronde anche in tal senso che il Cremlino ha respinto le accuse di aver voluto eliminare un avversario politico. Ed è ugualmente in tal senso che Peskov ha definito “inaccettabile” la posizione del segretario di Stato americano, Mike Pompeo, secondo cui Navalny sarebbe probabilmente stato avvelenato per ordine di “alti funzionari russi”. Una tesi, quella di Pompeo, ben più dura della linea finora tenuta da Donald Trump. Il presidente americano ha infatti cercato di evitare parole troppo nette sulla vicenda Navalny, sperando probabilmente di mantenere aperta la possibilità di una distensione tra Washington e Mosca. Eppure a rinfocolare ulteriormente le tensioni tra il Cremlino e l’Occidente ci ha pensato, nelle scorse ore, anche il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov.

Insomma, il caso Navalny rischia di aprire una crisi simile a quella ucraina del 2014 (tanto che, da più parti, ci si è chiesti quale potesse essere l’interesse di Putin ad agire contro l’attivista in questa fase storica così problematica tra Bielorussia, coronavirus, dialogo a singhiozzo con Trump e ambigui rapporti con Pechino). Una crisi, rispetto a cui gli equilibrismi di Conte difficilmente potranno portare da qualche parte. Una crisi che sta purtroppo evidenziando una scarsa rilevanza del nostro Paese sul piano internazionale.

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