Il tempismo in politica è quasi tutto. E questa volta Beppe Grillo e Giuseppe Conte hanno sbagliato decisamente i tempi. Incontrare l’ambasciatore cinese in Italia nei giorni in cui il presidente del Consiglio di un governo di larghe intese sostenuto anche dal Movimento, è al suo primo G7 con gli altri leader occidentali non è soltanto uno sgarbo istituzionale da parte di Beppe Grillo verso Palazzo Chigi, ma una mossa politica errata. il potere geopolitico di Draghi ha chiaramente una serpe in seno. Quanto potrà sopportare? Anche l’accorto Di Maio, quanto potrà restare in silenzio?
Il tempismo in politica è quasi tutto. E questa volta Beppe Grillo e Giuseppe Conte hanno sbagliato decisamente i tempi. Incontrare l’ambasciatore cinese in Italia nei giorni in cui Mario Draghi, presidente del Consiglio di un governo di larghe intese sostenuto anche dal Movimento, è al suo primo G7 con gli altri leader occidentali non è soltanto uno sgarbo istituzionale verso Palazzo Chigi, ma una mossa politica errata. Lo si è capito immediatamente dalla retromarcia inserita dall’ex premier Giuseppe Conte che ha disertato all’ultimo l’incontro accampando la scusa dei motivi personali. La toppa rischia di essere peggiore del buco poiché il nuovo leader pentastellato rischia di apparire inaffidabile agli occhi di Pechino e ancora di più a quelli dell’alleanza Atlantica. Nella oramai più che decennale storia del Movimento 5 stelle raramente si ricorda un momento politico più imbarazzante sul piano internazionale. E per comprenderlo fino in fondo occorre guardare allo scenario internazionale in cui tutto questo si svolge. Mario Draghi ha rinsaldato l’alleanza Italia-Stati Uniti. I suoi rapporti trasversali con l’establishment americano non sono mai stati un mistero ed importanti analisti di politica estera hanno spesso sottolineato l’importanza di queste relazioni quando era governatore della Bce. In questi mesi Draghi è più volte ricorso alla golden power nei confronti delle società tecnologiche cinesi dedite alla costruzione del 5G e ha rallentato insieme agli altri leader europei anche i trattati in via di discussione che prevedevano una ulteriore integrazione commerciale tra Cina ed Unione europea. Se il Conte bis era un esecutivo favorevole ad un rapporto privilegiato con la dittatura asiatica, si vedano i vincitori degli appalti nella prima ora dell’emergenza Covid, oggi la musica è decisamente cambiata. Il Pd si è riscoperto fedele alleato di Joe Biden, dopo aver deragliato verso la Cina nell’epoca di Donald Trump. Draghi ha rimesso le cose a posto. Mentre i partiti di centrodestra sono sempre stati filo-atlantici, magari con simpatie russe, ma mai proni all’ingresso nella sfera di influenza cinese. Il Movimento 5 stelle, dopo un inizio che sembrava inclinare verso un buon rapporto con Washington, ha scelto invece di diventare il cavallo di troia cinese nella politica italiana, di lasciarsi sedurre dalla strategia avvolgente ed un po’ pacchiana della Cina. Lo si è visto nel caso della firma del Memorandum of understanding sui progetti infrastrutturali e commerciali della così detta via della seta nel corso del Conte 1 e nell’operato del cinque stelle Patuanelli al Mise, pieno di benevolenza verso le aziende tecnologiche cinesi, nel corso del Conte bis. Giuseppe Conte, invece, ha sempre vissuto di ambiguità: una pacca sulle spalle a Trump, una stretta di mano con Xi. Ma lo scenario è evoluto ulteriormente con il G7. Se si guarda la composizione del consesso internazionale è facile rendersi conto che nella posizione politica migliore ci sono il Presidente Democratico Joe Biden, che ha davanti tre anni di presidenza, e il premier conservatore Boris Johnson, oggi il più forte politico del vecchio contenente. Macron va alle elezioni tra pochi mesi; la Merkel sta per uscire dalla politica tedesca; Draghi deve fare i conti con la politica italiana e con una legislatura che scade nel 2023. Non è un caso che in questo contesto il duo Biden-Johnson abbia lanciato il progetto dell’Atlantic charter, un programma di sviluppo congiunto fondato su investimenti, green, digitale e occupazione. Inoltre Biden, seppur con metodi e modi diversi, segue il solco tracciato da Trump nel contrapporsi alla Cina e nel portare avanti politiche commerciali protezioniste all’interno degli Usa (Buy American). La Cina, dal canto suo, ha oramai virato verso una politica maggiormente autarchica a livello industriale, ma senza rinunciare alla conquista dei mercati esterni. Dare di meno e prendere di più è il teorema assertivo del Dragone. In vista di questi cambiamenti c’è tutto l’interesse degli americani portare l’Europa definitivamente sulla sponda anti-cinese. Nell’agone italiano, il Movimento 5 stelle recita il ruolo del partito fuori contesto. Il Partito comunista Italiano, che però mai era andato al governo nazionale, dialogava con Mosca e si faceva guidare dalla sua ideologia alla luce del sole. Il Movimento, al contrario, si nutre di opacità, non detti, maschere, ma è allo stesso modo diventato la piattaforma della politica cinese in Italia. Fino a quando Draghi potrà tollerare questa posizione senza disarmare ulteriormente i grillini, come ha per altro già iniziato a fare in questi mesi con le nuove nomine pubbliche ai vertici dell’amministrazione? Quanto un politico ambizioso e accorto come Luigi Di Maio potrà tollerare la linea di Grillo e le ambiguità di Giuseppe Conte dalla poltrona di Ministro degli Esteri? Gli interrogativi sono molti, ma è sempre più evidente che sulle reali partite di potere geopolitico il governo Draghi abbia una serpe in seno. Debole nei sondaggi e nella leadership, ma pur sempre pericolosa.
