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Commissari, la nuova pattuglia dei (soliti) valorosi

Commissari, la nuova pattuglia dei (soliti) valorosi

Entro giugno verranno designati i prossimi «supertecnici» che, in teoria, dovrebbero semplificare leggi, accelerare i tempi, sbloccare i cantieri di 58 opere pubbliche tra strade, porti, ferrovie. Un’infornata lautamente retribuita, anche per progetti singolari: dalle fognature urbane ai restauri di ex-prigioni, dalle comunità montane alle persone scomparse…


«Torneremo una potenza mondiale!». Lo scorso ottobre, ospite della Fiera del Levante di Bari, Giuseppe Conte fu più napoleonico che mai. Si riparte dal Sud, assicurava. Sbloccando i cantieri, innanzitutto. «Nelle prossime ore nominerò commissari incaricati di accelerare i tempi». Ma per l’ex premier il concetto del tempo, come insegnava Einstein, è sempre stato relativo. Le ore sono diventate giorni, settimane, mesi…

Alla fine, deposto l’imperatore Giuseppi, è toccato al nuovo ministro per le Infrastrutture, Enrico Giovannini, designare ufficialmente quei super tecnici. E adesso si partirà a razzo? Meglio non illudersi. «Pensare di avere i cantieri il giorno dopo è un’aspettativa irrealistica…». Poco male: entro giugno è prevista una nuova infornata di valorosissimi.

Cavilli insuperabili, leggi astruse, funzionari diabolici. Nel regno della burocrazia, il commissario straordinario è un re. Anche il più volenteroso rischia però di finire come Sisifo, sovrano condannato a spingere su per la collina il macigno che inesorabilmente rotola giù. Studi di fattibilità, progetti esecutivi, lavori in corso. I prescelti, pure stavolta, dovrebbero disincagliare dalle secche le 58 opere pubbliche strategiche per il paese: strade, porti e ferrovie.

Dal completamento dell’ormai mitologica Jonica, la statale tra Reggio Calabria e Taranto, all’alta velocità della borbonica Palermo-Catania, ferrovia ancora a binario unico. Insomma, auguri. E stavolta non ci si potrà appellare alla sopravvenuta scarsità di risorse. I soldi ci sono. Li mette l’Europa.

Sembra quel film, Il giorno della marmotta, con un meteorologo che rivive sempre la stessa giornata. Il primo «Sbloccacantieri» viene varato dal governo Prodi, nell’anno di grazia 1997. Segue la nomina del conseguente contingente. E non si lesina: un commissario per opera. Centocinquantadue, in totale. Considerati i modesti risultati ottenuti dalla truppa, qualche anno dopo la Corte dei conti si spinge addirittura a ipotizzare: non è che i selezionati favoriscono lo stallo per mantenere la poltrona?

La pratica, dunque, è antica. In Italia si commissaria tutto. Dai lavori per l’ospedale di Siracusa alla comunità montana dei Monti Aurunci. L’economista Carlo Cottarelli, a sua volta ex commissario straordinario per la revisione della spesa, spiega: «È l’ammissione che la pubblica amministrazione non funziona. Ma serve anche a dare l’impressione di fare qualcosa. Il momento più alto è la designazione. Dopo la gente dimentica. Allora si indica una nuova persona, vedi la ricostruzione in Umbria». Tra i governativi ci sono quelli con il caschetto inviati nei cantieri da Giovannini. C’è l’altro, con la bacchetta da direttore d’orchestra, voluto dal ministro della Cultura, Dario Franceschini: commissario straordinario delle Fondazioni lirico-sinfoniche.

Poi i 42 della presidenza del Consiglio: manager pubblici, politici trombati, gran burocrati. E uomini di Stato, come Francesco Paolo Figliuolo, il generalissimo dell’esercito ora commissario all’emergenza Covid. Ovvero, colui che ha sostituito l’indimenticabile Domenico Arcuri: manager degli appetitosi appalti, dei banchi a rotelle e delle vaccinazioni a rilento. Nella pattuglia non mancano ex politici di grido. Il più blasonato resta Giovanni Legnini: già vicepresidente del Csm, sottosegretario e deputato del Pd. Un anno fa, dopo la sfortunata candidatura alla presidenza dell’Abruzzo, diventa commissario al sisma avvenuto nel 2016 in centro Italia. Carica in cui s’erano già cimentati Vasco Errani, senatore di Articolo Uno e Paola De Micheli, ex ministro delle Infrastrutture. Gli strepitosi esiti vengono sintetizzati dall’Ordine nazionale dei geologi: «Ci sono gravi ritardi nella ricostruzione pubblica e in quella privata». E visto che questi supereroi hanno un compenso legato ai risultati, il dubbio assale: non è che, nonostante le conclamate lentezze, è stato pagato anche quello?

Lo stipendio può arrivare, infatti, a 100 mila euro: 50 mila fissi, altrettanti variabili. In cambio, i prescelti si dedicano alle missioni più valorose. Come «gli interventi di restauro e valorizzazione dell’ex carcere borbonico dell’isola di Santo Stefano a Ventotene»: sono affidati a Silvia Costa, ex europarlamentare del Pd. O la «rigenerazione urbana» dell’arsenale della Maddalena, in Sardegna. E quella di Bagnoli. O, rimanendo in zona, la «depurazione delle acque reflue» a Napoli est. E le «Zone economiche speciali» in Calabria: compito straordinario, anche quello.

L’eccezionalità spesso non basta a sciogliere il garbuglio. Anzi. Un’investitura dopo l’altra, si rischia l’eternità. Vedi gli aiuti di Stato considerati illegittimi dall’Europa. O il debito di Roma, che continua indispettito a lievitare. Destino tribolato persino per la struttura che doveva raccogliere le ceneri di Expo 2015. La cerimonia di chiusura risale a oltre cinque anni fa. Eppure, nell’elencone della presidenza del Consiglio, c’è ancora chi si occupa della liquidazione della società che ha organizzato l’evento. Nel frattempo, s’è aggiunto un omologo che si adopera per il prossimo Expo di Dubai. Superdonne e superuomini, dediti alle cause più svariate: il casinò di Campione d’Italia, le discariche abusive, gli extra-comunitari a Castel Volturno, le fognature urbane, i mondiali di sci alpino. E c’è anche un incaricato straordinario per le persone scomparse, da rintracciare negli uffici di via Cavour a Roma.

Poi ci sono quello nominati da enti locali e regioni. I funzionari chiamati a gestire le crisi aziendali, come Ilva o Alitalia. E chi guida i comuni sciolti per infiltrazioni mafiose. Il totale è incalcolabile, sfugge sia alla Ragioneria dello Stato che a Palazzo Chigi. Leggenda vuole però che siano almeno 10 mila. Un numero, probabilmente, calcolato per difetto. Basta, d’altronde, vedere l’esercito dei designati dai governatori. La Sardegna, per esempio, ha commissariato tutte le aziende sanitarie dell’isola.

Come la Calabria. Dove però è stato chiamato anche un supremo commissario ad acta: l’ex prefetto Guido Longo. Mentre il suo omologo in Molise, il generale in pensione Angelo Giustini, s’è appena dimesso dopo esser stato indagato per abuso d’ufficio. E pure in Lazio c’è chi si dedica alla medesima missione. Vista la gravità del ruolo, è lo stesso presidente Nicola Zingaretti, nominatosi per l’occasione.

In compenso, l’ex segretario del Pd ha delegato selvaggiamente uno dei compiti più strategici mai annunciati: trasformare le comunità montane laziali in unioni di comuni montani. La complessità della missione è risultata seconda solo all’atterraggio su Marte. La legge regionale che annuncia la metamorfosi viene approvata nel lontano 2016. Seguono tre anni di studi, accompagnati da continui esborsi per la causa. A fine 2019 il presidente, da sempre «Sor Tentenna», passa finalmente all’azione. Deposti 21 presidenti e 21 vice presidenti, indica 21 commissari e 21 sub commissari.

Inevitabile. Del resto siamo di fronte al solito, delicatissimo, frangente emergenziale. La liquidazione degli enti, annuncia il governatore, sarà comunque imminente. Cosa fatta, o quasi. Invece, un anno e mezzo più tardi, si baruffa ancora per mantenere quelle poltroncine. Zingaretti continua a revocare e nominare. Il passaggio amministrativo è un’impresa ormai erculea. Intanto Gaeta, delizioso borgo sul Tirreno, rimane la perla marittima della comunità montana dei Monti Aurunci.

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