Tra le molte accuse rivolte al partito di Giorgia Meloni c’è quella che, al di là della leader, non possa contare su una squadra all’altezza. In realtà, guardando senza pregiudizi le personalità «forti» ci sono, impegnate in parlamento e sul territorio.
Ogni volta che un partito di destra ha la seria possibilità di vincere le elezioni, scattano alcuni automatismi mediatici che risultano grotteschi. Le buone percentuali di cui Fratelli d’Italia gode nei sondaggi hanno scatenato una reazione persino più imponente di quelle viste in passato rispetto a Giorgia Meloni e ai suoi. Ecco che il partito che ha chiuso con la cosiddetta destra radicale – talvolta persino in maniera traumatica – viene accusato di essere fascistissimo.
È l’unico schieramento italiano guidato da una donna, e con tante donne in ruoli apicali (tra cui la giovane Augusta Montaruli, anche lei affezionata dei talk show), ma Repubblica l’ha bollato di maschilismo, roba che ci sarebbe da sghignazzare per non piangere. Il parossismo lo ha raggiunto la rivista Tpi, deprecando il fatto che Fratelli d’Italia abbia alcune case editrici di riferimento (come le toscane Passaggio al bosco e Eclettica) e si premuri addirittura di sostenerne le pubblicazioni, invitando gli iscritti a leggerle. Per anni il mondo progressista italiano ha accusato la destra di «non avere una cultura», adesso la accusa di averla.
Se a questi attacchi viene replicato abbastanza facilmente, altri sono più subdoli e rischiano di influire di più su parte dell’elettorato. Non è difficile, anche nelle analisi apparentemente più dotte, sentire ripetere come un mantra il medesimo ragionamento: «La Meloni è brava, ma dietro di sé non ha una classe dirigente all’altezza». Volendo, si potrebbe rispondere con una domanda: esiste a sinistra un partito con dirigenti degni di nota? Una replica onesta prevederebbe un imbarazzato silenzio. Tuttavia, dentro FdI la questione non è presa alla leggera. Gli elettori hanno conosciuto alcuni esponenti del partito grazie alle apparizioni tv, ma sapere di che cosa costoro sia siano esattamente occupati in parlamento è altra storia. E il dubbio resta: certo, Guido Crosetto dialoga con gli ambienti che contano, ma ufficialmente non è più nel partito, per quanto sia parecchio ascoltato all’interno. Gli altri, chi sono? E che fanno?
Uno degli uomini di punta della Meloni è senz’altro Francesco Lollobrigida. Ariete da scontri catodici, non è certo alieno alle battaglie in aula, anzi. Non di rado, nei mesi passati, è riuscito a far approvare alcune risoluzioni di Fratelli d’Italia nonostante alla Camera la maggioranza fosse ostile, segno che l’esperienza non gli manca. Soprattutto, però, gli va ascritto il merito di aver fatto approvare, alla fine del 2019, una mozione che impegnava il governo a non votare il «Global compact for migration», provvedimento internazionale che avrebbe obbligato l’Italia a sobbarcarsi un’accoglienza ancor più massiccia.
A impegnarsi sulla lotta all’immigrazione di massa c’è, da anni, anche Andrea Delmastro, un altro politico che in tv accetta lo scontro duro. E si accende anche quando gli domandiamo se è vero che la classe dirigente di FdI sia deboluccia come si dice. «La conferenza programmatica di Milano di Fratelli d’Italia avrebbe dovuto tacitare per sempre la clamorosa fake news della mancanza di un gruppo dirigente nel partito» risponde. «Il fitto dialogo con le categorie produttive di questo Paese è stato intessuto proprio da quelli che si sono alternati sul palco. La litania della mancanza di classe dirigente è la versione elaborata e erudita dei miasmi sul presunto pericolo antidemocratico. Dalla giustizia alla difesa dei confini, dalle proposte economiche al sostegno al mondo agricolo Fdi ha depositato decine di proposte di legge che costituiranno altrettanti punti programmatici e spunti di governo. Questa classe dirigente era così tanto poco attenta a quello che accadeva che non sottoscriveva l’improvvida “Via della seta” con Pechino, né votava il reddito di cittadinanza…».
Delmastro, al di là del carattere robusto, è uno con la passione per le minuzie contenute nelle leggi e nei trattati. E sull’accoglienza si è particolarmente speso. «Abbiamo scoperto perché la Spagna può fare respingimenti di massa giudicati legittimi dalla Corte europea dei diritti dell’uomo e non li può fare l’Italia» prosegue. «Madrid consente ai pochi veri profughi di avanzare domanda nei consolati e nelle ambasciate nel continente africano. Roma no. La Corte conclude che il rifugiato che si imbarca per la Spagna avrebbe avuto una alternativa legale, quello che si imbarca per l’Italia no. Abbiamo elaborato una proposta di legge, respinta al mittente da una sinistra che utilizza i pochi rifugiati come scudi umani per i migranti economici». Se FdI dovesse effettivamente andare al governo, la proposta potrebbe tornare sul tavolo.
Un altro esponente che studia le carte è Galeazzo Bignami, che negli ultimi due anni ha condotto una critica senza quartiere al ministero della Salute, indagando sui provvedimenti usciti dagli uffici di Roberto Speranza. È così che se sono emerse tante (e non piacevoli) verità sulla gestione dell’emergenza sanitaria. Bignami ha martellato il ministero con lettere e richieste, si è rivolto ai tribunali, e alla fine ha contribuito a far esplodere il bubbone del piano pandemico mancante e ha ottenuto la divulgazione di documenti che Speranza non rendeva pubblici. All’interno di Fratelli d’Italia, al di là dei nomi storici della destra (Daniele Santanchè, Ignazio Larussa, Adolfo Urso, Alessio Butti) e di quelli più mediaticamente visibili come Giovanni Donzelli, elettrico gestore dell’organizzazione di partito, ci sono figure meno note ma altrettanto impegnate. Giovan Battista Fazzolari, per esempio, un macinatore di proposte politiche. O, sul territorio, amministratori come il piemontese Maurizio Marrone, che in merito ai temi etici ha battagliato duramente con la sinistra. La classe dirigente, dunque, nel partito ci sarebbe. Il più, adesso, è capire se gli italiani le consentiranno davvero di dirigere.
