Tanti i ritorni di personaggi più o meno eccellenti al voto del 12 giugno. Nel frattempo, alcuni hanno cambiato di casacca. E i Cinque stelle? In molti casi risultano «non pervenuti».
Sarà anche una tornata elettorale minore, perché non mette in gioco le metropoli italiane, come è avvenuto nello scorso autunno. Ma di sicuro ogni voto porta delle variabili imprevedibili, che ci sia da conquistare il Comune di Roma o quello di Ladispoli. Ebbene, ci sono piccole elezioni che fanno storia. E indicano tendenze.
È il caso del Comune di Ladispoli che potrebbe segnare un fatto starordinario: un sindaco capace di strappare il terzo mandato consecutivo, vietato notoriamente per legge. Invece Alessio Pascucci, già coordinatore di Italia in Comune (il partito di Federico Pizzarotti), è pronto ad abbattere il muro, senza violare alcuna norma. Oggi è infatti sindaco, al termine del secondo mandato, di Cerveteri, città di 37 mila abitanti della provincia romana. Per raccogliere la sua eredità c’è in campo Elena Gubetti, una sua fedelissima. Eppure il pensiero di mollare quell’incarico non è andato giù a Pascucci. Così, il prossimo 12 giugno non resterà con le mani in mano nelle vesti di spettatore interessato: punta a restare primo cittadino, ovviamente altrove, nel Comune di Ladispoli, città di 41mila abitanti, confinante proprio con Cerveteri. È in campo sfidando altri tre pretendenti alla poltrona: in caso di vittoria dovrebbe traslocare giusto di qualche chilometro. Chissà se il suo modello non sia Leoluca Orlando, sempiterno sindaco di Palermo, che ha completato nella sua carriera politica ben cinque mandati.
Un altro eterno ritorno è quello di Flavio Tosi, ex golden boy della Lega e ora nemico giurato di Matteo Salvini, candidato a Verona. Per la prima volta ha messo piede nel consiglio comunale veronese nel 1994, quando aveva appena 25 anni. Eravamo nel secolo scorso. Nel 2000 è diventato poi consigliere regionale, ma soprattutto, nel 2007, è diventato sindaco scaligero, imponendosi come homo novus del leghismo. Nel frattempo, però, c’è stata la rottura con l’attuale segretario e il tentativo di un progetto nazionale, la lista Fare. Dopo aver chiuso i due mandati all’ombra dell’Arena, ha lanciato la candidatura di Patrizia Bisinella, sua compagna di vita. Un passaggio del testimone in famiglia che tuttavia non è riuscito: al ballottaggio del 2017 ha vinto Federico Sboarina, «civico» di centrodestra (poi passato con Giorgia Meloni in Fratelli d’Italia). Adesso Tosi torna direttamente nell’Arena.
Altra personalità di lungo corso è Pietro Vignali, candidato sindaco a Parma, ruolo già ricoperto dal 2007 al 2011. In precedenza era stato per 9 anni assessore all’Ambiente nella giunta del suo mentore politico, Elvio Ubaldi, che lo lanciò appunto al vertice della coalizione cittadina. Vignali, però, fu costretto a dimettersi per una serie di scandali che colpirono il Comune, avviando un lungo braccio di ferro con la giustizia, vinto con l’assoluzione e un risarcimento ottenuto dallo Stato per la lunghezza del processo e gli inciampi provocati al suo percorso politico. A distanza di 22 anni dal primo incarico amministrativo, dunque, punta di nuovo alla guida della città emiliana, in una sorta di rivincita che chiude il ciclo di Pizzarotti.
Sempre parlando di veterani una menzione va a Giulio Tantillo, immarcescibile consigliere comunale a Palermo. La sua prima elezione risale al 2001, anche a questo giro ci riprova puntando a completare un ciclo di 25 anni. Tra mille campanili italiani, una curiosità arriva da Atripalda, centro in provincia di Avellino con poco meno di 15 mila abitanti, in cui i candidati sindaci sono esattamente gli stessi del 2017: Annunziata Battista e i due sfidanti omonimi, sebbene non parenti, Paolo Spagnuolo (sindaco dal 2012 al 2017) e il sindaco uscente Giuseppe Spagnuolo.
Le elezioni di questo giugno entreranno negli annali politici anche per altre gustose caratteristiche. La più «pop» sono i vip in corsa, a cominciare da Damiano Tommasi, ex calciatore della Roma e ora candidato sindaco a Verona sotto le insegne del Pd, dei 5 Stelle e del centrosinistra. A dare la carica per candidare personaggi del mondo dello spettacolo allo scranno di sindaci e consiglieri comunali è stato soprattutto Vittorio Sgarbi. Con la sua lista Rinascimento aveva cominciato a battere i tasti del pianoforte di Morgan. Marco Castoldi avrebbe dovuto correre con lui, a supporto del candidato di FdI, il già citato Federico Sboarina. Alla fine non se n’è fatto nulla, esattamente come pare rimandata la candidatura di un’altra «voce» illustre, Fausto Leali, a Foggia. A candidarsi, invece, è un altro che con la musica ha molto a che fare: Claudio Cecchetto, storico dj e candidato sindaco nella sua Riccione. Dovrà vedersela con altri tre candidati: Daniela Angelini (centrosinistra), Stefano Caldari (centrodestra) e Stefania Sinicropi, per il Movimento 3V, che è cresciuto anche nei consensi durante la pandemia. Questo partito politico è riuscito a entrare nel consiglio comunale di Rimini alle ultime amministrative d’autunno. A Riccione l’obiettivo è il medesimo.
D’altronde non sono pochi i no vax e/o no green pass candidati. È il caso di Alberto Zelger, candidato con Verona per la libertà. Ex consigliere comunale nella maggioranza di Sboarina, Zelger è stato espulso dalla Lega per le posizioni contro i vaccini e i green pass. Per le prossime amministrative, però, ha già ricevuto l’appoggio pure di Mario Adinolfi e del suo Popolo della famiglia. In un’intervista, Zelger ha dichiarato: «Andrò io al ballottaggio. Sono l’unico a battersi contro la dittatura sanitaria e questo sistema perverso». Da Nord a Sud la musica non cambia e così a Palermo un’altra ex leghista oggi vicina ai no-vax, Francesca Donato, correrà alla carica di sindaca con Rinascita Palermo. Ad appoggiarla un altro ritorno inaspettato: l’ex magistrato Antonio Ingroia.
A fronte dell’avanzata no vax, c’è una decisa ritirata dei Cinque stelle. In 18 comuni capoluogo i pentastellati affiancheranno il Pd ma mai con un loro candidato sindaco. In alcuni casi, invece, come Verona, Belluno e la storica piazza di Parma, non sono neanche candidati con una lista. Il flop più clamoroso, però, arriva dalla Sicilia, in passato granaio di voti per eccellenza per i grillini: su 120 comuni alle urne il Movimento sarà presente con una propria lista solo a Palermo, Messina e Scordia, in provincia di Catania. Ma il bello ancora deve venire: perché se da una parte non ci si candida affatto, dall’altra lì dove ci si candida si finisce con il fare campagna elettorale per altre liste. È il caso di Palermo e di Giorgio Ciaccio, candidato con Progetto Palermo, la civica diretta espressione del candidato sindaco Franco Miceli. Ciaccio è in realtà nato politicamente nei Cinque stelle, poi, suo malgrado, è finito invischiato nel caos firme false a Palermo, da cui come noto è nata un’inchiesta che gli è costata una condanna in primo grado a un anno. Da qui la sua candidatura con la lista civica e non con la formazione guidata da Giuseppe Conte. Eppure i deputati regionali come Nuccio Di Paola (capogruppo M5S all’Assemblea regionale) e Salvatore Siragusa (altro deputato regionale e che ha lavorato alla stesura della lista pentastellata per le Comunali palermitane) partecipano a eventi e aperitivi elettorali con lui. Tutto questo nonostante l’articolo 18 dello Statuto grillino reciti che «costituiscono gravi violazioni suscettibili di determinare l’espulsione dal Gruppo Parlamentare e/o Consiliare […] comportamenti suscettibili di pregiudicare l’immagine o l’azione politica del Movimento 5 Stelle o di avvantaggiare altri movimenti o partiti politici». Proclami di un’epoca lontana. Ma si sa, in politica tutto cambia.