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Biden riconosce il genocidio armeno in chiave antiturca

Biden riconosce il genocidio armeno in chiave antiturca

Secondo il Wall Street Journal, il 24 aprile il presidente degli Stati Uniti riconoscerà ufficialmente lo sterminio degli armeni, perpetrato dall’Impero Ottomano fra il 1915 e il 1916.


Joe Biden si avvia a riconoscere formalmente il genocidio armeno. È quanto ha riportato ieri il Wall Street Journal. L’inquilino della Casa Bianca prenderà posizione in modo ufficiale probabilmente sabato 24 aprile, in concomitanza con la giornata commemorativa del genocidio armeno. Si tratterebbe, in caso, del primo presidente americano in carica a esprimersi ufficialmente in questo modo. Il quotidiano ha tuttavia sottolineato che «i funzionari hanno aggiunto che non sono state prese decisioni definitive e che Biden potrebbe scegliere di rilasciare la dichiarazione simbolica senza descrivere le uccisioni come genocidio». È chiaro che, se Biden sabato deciderà di riconoscere il genocidio, le conseguenze geopolitiche e diplomatiche non tarderanno ad arrivare. Il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, ha già avvertito che, se la Casa Bianca agirà in quella direzione, le relazioni tra Washington e Ankara ne risentiranno. «Le dichiarazioni che non hanno alcun vincolo legale non avranno alcun beneficio, ma danneggeranno i legami» ha dichiarato in un’intervista. «Se gli Stati Uniti vogliono peggiorare i legami, la decisione è loro».
Del resto, non sarebbe il primo attrito di questo tipo tra Washington e Ankara. Nel 2019, il Congresso degli Stati Uniti aveva approvato a larga maggioranza delle risoluzioni che riconoscevano il genocidio armeno: una mossa che suscitò, già allora, le ire turche. Tendenzialmente invece gli inquilini della Casa Bianca hanno mantenuto una posizione più cauta, per quanto non siano mancate eccezioni. Nel 1981, Ronald Reagan parlò per esempio esplicitamente di «genocidio degli armeni», mentre – nel 2019 – Donald Trump definì i tragici eventi del 1915 come «una delle peggiori atrocità di massa del XX secolo». Ricordiamo, tra l’altro, che – appena pochi giorni fa – un gruppo bipartisan di quaranta deputati americani ha inviato una lettera a Biden, per esortarlo a compiere un passo verso il riconoscimento. Il direttore esecutivo dell’Armenian Assembly of America ha dichiarato che «un riconoscimento statunitense del genocidio armeno non solo accresce la credibilità dell’America sulle questioni relative ai diritti umani, ma aiuta anche a prevenire futuri genocidi». Tutto questo, mentre – lunedì scorso – la Conferenza episcopale statunitense ha emesso un comunicato stampa, in ricordo del genocidio. Di avviso opposto si è invece mostrata l’ambasciata dell’Azerbaigian negli Stati Uniti.
In tutto questo, la decisione di Biden offre alcune considerazioni di natura geopolitica. In primo luogo, riconoscere il genocidio armeno contribuirebbe a rafforzare l’impegno nella salvaguardia dei diritti umani: un fattore, quest’ultimo, che l’attuale amministrazione americana ha sempre dichiarato di voler porre come base della propria politica estera. In secondo luogo, il riconoscimento del genocidio costituirebbe una rara occasione di convergenza tra Biden e uno stretto alleato dell’Armenia, come la Russia: un elemento che potrebbe forse agire da fattore (almeno parzialmente) stabilizzante nelle tumultuose relazioni che attualmente intercorrono tra Washington e Mosca. Infine, la linea della Casa Bianca assesterebbe un duro colpo ad Ankara: un colpo simbolico, ma politicamente comunque assai rilevante e che farebbe seguito a tre mesi di sostanziale ambiguità nel rapporto tra Biden e Recep Tayyip Erdogan. Un colpo che potrebbe preludere a un approccio più duro da parte degli americani nei confronti della Turchia su vari dossier.
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