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La sinistra ambientalista in fumo

La sinistra ambientalista in fumo

Esultano per la decisione di vietare i veicoli diesel e benzina entro il 2035. Ma loro, i parlamentari «radical green», come si spostano? Sorpresa: appena 4 su 197 hanno macchine elettriche. A centinaia continuano a inquinare in allegria, perché l’imperativo verde ha le sue deroghe.


«E’ stata sconfitta la destra giurassica!». L’esultanza degli europarlamentari dem assomiglia a quella del compianto Gian Piero Galeazzi davanti alle trionfali remate dei fratelli Abbagnale. Basta diesel e benzina: dal 2035 solo auto elettriche. Centrosinistra in tripudio: «Una vittoria per l’ambiente». Pd, Cinque stelle, Verdi e Sinistra italiana stavolta uniti come un sol uomo. Sarà una rivoluzione. A spese degli incolpevoli cittadini però, già vessati dalle Ztl istituite a Roma e Milano. Poco male: bisogna rinnovare il parco auto. Puntando sull’elettrico. Il prima possibile.

Panorama ha così testato la coerenza del fronte progressista in parlamento. Dovrebbero essere i primi a dare l’esempio, giusto? Anche perché, a differenza dei comuni mortali che faticano ad arrivare a fine mese, hanno ragguardevoli stipendi. Dunque, CO2 non ti temo? Macché. Ci siamo consumati gli occhi sulle ultime dichiarazioni patrimoniali, consegnate dai valorosi parlamentari d’area. Spoiler: esito sconfortante. A esemplificazione della solita tripla morale. Appena quattro parlamentari su 197 possiedono un’auto elettrica: tre grillini e una piddina. Ovvero, il 2 per cento del totale. Siamo costretti a escludere dalla conta le ibride, che l’eurofurore vieterà al pari dei motori termici. E comunque, pure il loro numero è avvilente: quattro, un altro misero 2 per cento.

Cominciamo dai più ideologici: gli onorevoli dell’Alleanza-Verdi Sinistra. Gli indomabili che da mezzo secolo bloccano il Paese, dalle dighe ai rigassificatori, per due nutrie o tre alberelli. Sono gli ambientalisti da salotto, i radicalchicchissimi, quelli che vogliono i naftoni al rogo. Eppure, su 11 eletti nessuno ha un’elettrica: nessuno. Da segnalare fuori classifica solo l’ibrida di Eleonora Evi, copresidente dei Verdi assieme all’appiedato Angelo Bonelli. Ovvero, l’indomabile. Colui che, già nel 2013, auspicava: «Presenteremo una proposta di legge per abolire entro dieci anni gli inquinanti motori a combustione interna».

Ecco. Ci siamo. Corre l’anno 2023. Ma nessuno dei suoi si piega all’imperativo bonelliano. A partire dal suo gemello: il leader di Sinistra italiana, Nicola Fratoianni. Fustigatore implacabile, pure lui. Arrivò persino chiedere di bandire dai cieli i jet privati. Più modestamente, potrebbe cominciare dalla sua Volvo V60 vecchia di dieci anni. Ma i veicoli più mefitici appartengono all’ex vendoliana Francesca Ghirra: una Panda del 2004 e una Golf del 2007. Veniamo al ben più nutrito gruppo del Pd, sempre alla Camera. Su 69 deputati, solo Antonella Forattini ha una 500 elettrica, immatricolata l’anno scorso: l’1 per cento del totale. Eppure la segretaria del Pd, Elly Schlein, è una paladina mica da ridere: nel suo profluvio quotidiano di supercazzole, l’emergenza climatica rivaleggia solo con i diritti arcobaleno. Appena eletta, s’è scapicollata perfino a Bruxelles per venerare il commissario europeo alla Transizione ecologica, Frans Timmermans, il messia dell’auto elettrica. La Ocasio-Cortez del Ticino ha offerto incondizionato sostegno e combattiva verve: «Questa destra fa finta di non vedere i problemi che i cambiamenti climatici producono, come dimostra la siccità». Vabbè, tralasciamo l’ultima apocalittica affermazione: siamo reduci dal maggio più piovoso degli ultimi 70 anni. Piuttosto, incontenibile Elly, come la mettiamo con il giurassico parco macchine dei suoi esimi colleghi?

Oltre all’elettrica di Forattini, appena tre deputati possiedono un’ibrida: la capogruppo Chiara Braga, Virginio Merola e Andrea Rossi. Per il resto, si ondeggia tra il maluccio e il malissimo. Simona Bonafè, la vice capogruppo, ha una Mercedes del 2014. Il parigrado Giuseppe Provenzano, che orrore, sfreccia a bordo di un’Audi A3 vecchia di 14 anni. Un’Euro 4, dunque. Non potrebbe nemmeno entrare a Roma o Milano. Roba da galera. Sempre al 2009 risale la 500 di Bruno Tabacci. Pure la Fiat Bravo di Andrea Orlando. E proprio l’allora ministro del Lavoro, poco più di un anno fa, arringa i metalmeccanici: «Penso che il 2035, guardando alle condizioni del pianeta, sia persino tardi. Non solo per l’automotive, ma in generale per gli obiettivi che si è data l’Europa» spiegava Orlando agli operai, impauriti per l’avvento dell’elettrica. «Il collasso ambientale credo sia una cosa molto più prossima di quello che pensiamo». Già, soprattutto se si continua a sfrecciare su una Bravo del 2009.

Poco meglio fa Anna Ascani: ha una 500 del 2010. O Gianni Cuperlo, sfidante di Elly alle primarie: una Citroen C3 del 2010. Un anno proficuo per le immatricolazioni dei piddini. Roberto Speranza, indimenticabile ex ministro della Salute, possiede una Mercedes Classe A: pure questa comprata nel lontano 2010. Vabbè, tutta gente del vecchio corso democratico. Ancora impermeabile ai dettami schleineiani. Ma urgono proseliti persino tra i fedelissimi della Parolaia arcobaleno. La sua ex coinquilina a Roma, Chiara Gribaudo, ha cambiato auto due anni orsono. Beh, visto che già allora condivideva usi e costumi della futura leader, avrà scelto un’elettrica o un’ibrida? No, una Volkswagen T-Roc. Per carità, sempre meglio di Alessandro Zan, vessillifero dei diritti Lgbtqia+: continua a sgasare beato sulla sua Golf bi-fuel del 2010. Anche un’altra insospettabile come Michela Di Biase, considerata la madrina di Elly, gironzola su una Toyota Yaris vecchia di 13 anni. Deprecabile pure il consorte, Dario Franceschini, riverito padrino della segretaria. Il senatore dem possiede due auto che, secondo i canoni ambientali europei, risalgono praticamente al mesozoico: una Suzuky del 2002 e una Mazda del 2003.

Ma tutto il parco macchine del Pd a Palazzo Madama è riprovevole, secondo gli standard approvati dal giubilante partito a Bruxelles: su 37 senatori nessuno ha un’elettrica. Peggio: le dichiarazioni patrimoniali traboccano di veicoli piuttosto datati. Come la Toyota Aygo del capogruppo, Francesco Boccia, altro mentore di Elly. Risale al 2012. Se lo becca in giro Roberto Gualtieri, sindaco dell’inaccessibile Roma, gli brucia patente e libretto. Anche perché Boccia, in televisione, continua invece a propagandare le auto a zero emissioni: «Perché noi difendiamo il pianeta». Filippo Sensi, ex portavoce a Palazzo Chigi di Matteo Renzi, ha una Citroën Picasso del 2010 e una Panda del 2013: anche per lui, urge richiedere pass al compagno Gualtieri. L’ex ministro Graziano Delrio segnala una Dacia Duster del 2011. Mentre Beatrice Lorenzin, già plenipotenziaria alla Salute e ora vice presidente del gruppo a Montecitorio, possiede una Fiat Doblò del 2012. Oltre al Pd e al rassemblement verderosso, pure i Cinque stelle spingono fortissimamente per le elettriche. Già nel 2020, alla Camera, presentavano un ordine del giorno per lo stop ai motori termici entro il 2035. Veri antesignani. Solo a parole, però. Anche nel loro caso, l’esito della conta è desolante. Eppure, Giuseppe Conte ha sempre puntato sull’ecologismo: «Lasciamoci alle spalle carbone e fonti fossili, le rinnovabili sono il futuro!» twitta lo scorso agosto.

Già, basta benzina puzzolente. Attacchiamoci tutti alle colonnine. Lui, intanto, si diletta con la sua rombante Jaguar del 1996: una piccola ciminiera da 320 cavalli. Il deputato Luciano Cantone, invece, ha una Fiat 128 risalente al 1971. E Susanna Cherchi una 500 del 1967. Pur senza sfiorare tali vetustà, anche i loro onorevoli colleghi prediligono mezzi datati. E comunque, su 52 deputati grillini, nessuno ha un’elettrica. Nemmeno Sergio Costa, ex ministro dell’Ambiente. Lo scorso febbraio, dopo la decisione di Bruxelles, scrive: «Dal 2035 i Paesi dell’Ue non dovranno più immatricolare macchine diesel e benzina. Una decisione necessaria». Ma nella sua dichiarazione patrimoniale segnala, laconicamente, un’inquinante autovettura del 2016. Sempre meglio del vicepresidente del Movimento, Michele Gubitosa, che ha un furgone Doblò del 2006. Lo stesso anno in cui Patty L’Abbate, membro del Comitato per la transizione ecologica del partito e vicepresidente della Commissione ambiente alla camera, decise di immatricolare la sua jeep Suzuky: 2006, appunto. Diciassette anni fa. E risalgono addirittura al 2001 la Punto di Daniela Morfino e la Micra di Federica Onori. Entrambe acquistate in fruscianti lirette, moneta in corso all’epoca.

Va un po’ meglio a Palazzo Madama: tra i 28 senatori pentastellati, spuntano tre elettriche. Tra i virtuosi si distinguono Marco Croatti, Salvatore Trevisi e Stefano Patuanelli, capogruppo nonché ex ministro. Tra le peggiori ci sono due fedelissime di Conte. Mariolina Castellone, già fustigatrice televisiva e adesso vicepresidente del senato, dichiara una Mazda Premacy del 2005, dunque risalente a quasi due decadi fa. E alla stessa era appartiene pure la Peugeot 107 di Barbara Floridia, presidente della Commissione parlamentare di Vigilanza Rai. Che nostalgia, invece, per i ruggenti tempi in cui il fondatore, Beppe Grillo, fustigava i debosciati inquinatori. Chiedeva nientemeno di «bandire la pubblicità delle vetture termiche». Per non parlare di quando, davanti a Mirafiori, prese per il bavero un incolpevole operaio della Fiat: «Tu non costruisci auto, ma stufe dell’Ottocento». Come quelle su cui i figliocci continuano a scorrazzare felici.

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