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Se Riad tende la mano a Teheran

Se Riad tende la mano a Teheran

Svolta in Medio Oriente? La settimana scorsa, il principe ereditario saudita, Mohammad bin Salman, si è mostrato aperturista nei confronti dell’Iran. «Stiamo cercando di avere buoni rapporti con l’Iran», ha dichiarato. Cosa nasconde questa svolta (che spiazza gli Usa).


“Stiamo lavorando con i nostri partner nella regione per superare le nostre divergenze con l’Iran, soprattutto per il suo sostegno alle milizie e lo sviluppo del suo programma nucleare”, ha aggiunto. Questa sorta di appello alla distensione è stato ben accolto dal portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Saeed Khatibzadeh. “Con visioni costruttive e un approccio orientato al dialogo, Iran e Arabia Saudita … possono entrare in un nuovo capitolo di interazione e cooperazione per raggiungere la pace, la stabilità e lo sviluppo regionale superando le differenze”, ha dichiarato. Lo stesso Khatibzadeh, lunedì scorso, ha detto che Teheran è “pronta per il dialogo a qualsiasi livello con i Paesi vicini, compresa l’Arabia Saudita”. “Cambiare il linguaggio del discorso”, ha tuttavia precisato il portavoce, “contribuisce ad allentare la tensione [tra Teheran e Riad] ma non porterà a un risultato pratico a meno che non contribuisca a cambiare il comportamento”

Questo clima di apertura si è registrato non molti giorni dopo che il Financial Times aveva rivelato l’esistenza di colloqui segreti tra sauditi e iraniani in Iraq: colloqui che si sarebbero principalmente concentrati sulla guerra nello Yemen, estendendosi tuttavia anche alla situazione in Siria e Libano. Sempre il Financial Times aveva riportato che Riad non abbia fondamentalmente intenzione di ostacolare le trattative in corso a Vienna, per rilanciare l’accordo sul nucleare. Tutto questo, mentre – a gennaio scorso – l’Arabia Saudita aveva anche posto fine alla crisi nelle relazioni con il Qatar: crisi esplosa nel 2017, anche a causa della vicinanza politica di Doha a Teheran. Insomma, è chiaro che sia in corso un avvicinamento politico tra i sauditi e gli iraniani: un processo che, fino a pochi mesi fa, sembrava impensabile.

Che cosa sta accadendo? Il fattore che ha principalmente influito su queste dinamiche è senza dubbio il cambio della guardia alla Casa Bianca. Joe Biden ha sin da subito messo in chiaro di voler mutare drasticamente buona parte della politica mediorientale del suo predecessore, Donald Trump. Il neo presidente americano ha infatti avviato un processo di distensione con l’Iran e assestato una serie di duri colpi a Riad: dal congelamento della vendita di armi alla sconfessione del conflitto nello Yemen, sino alla pubblicazione – lo scorso febbraio – del rapporto sulla morte del giornalista Jamal Khashoggi, rapporto che ha direttamente puntato il dito contro Mohammad bin Salman. Quest’ultimo è quindi attanagliato da una duplice preoccupazione: non teme soltanto infatti che gli americani vogliano indebolire (se non addirittura spazzare via) la propria leadership interna ma, in secondo luogo, teme anche che Riad resti isolata. In questi anni, il principe ereditario saudita aveva del resto orientato la sua strategia internazionale sulla scia della linea di Trump: una linea particolarmente severa verso l’Iran e i Fratelli Musulmani, una linea che – in Medio Oriente – si poggiava soprattutto su un’alleanza ferrea con Arabia Saudita ed Egitto. Non sarà del resto un caso che, sempre nella medesima intervista, bin Salman, pur riconoscendo delle divergenze con Biden, abbia comunque teso una mano alla Casa Bianca.

Va da sé che questo tendenziale allineamento di Riad alla nuova amministrazione statunitense non possa non preoccupare Israele. Il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha più volte tuonato contro il rilancio dell’accordo sul nucleare con l’Iran. Washington, il mese scorso, ha quindi inviato il segretario alla Difesa, Lloyd Austin, in visita ufficiale a Gerusalemme, per cercare di gettare acqua sul fuoco. Tutto questo, mentre il consigliere per la sicurezza nazionale americano, Jake Sullivan, ha recentemente tenuto dei colloqui strategici con la propria controparte israeliana, Meir Ben Shabbat, sul nucleare iraniano. Non è tuttavia detto che ciò basti a tranquillizzare Israele.

Un ulteriore elemento da tenere presente è poi lo Yemen. Dopo la sconfessione del conflitto arrivata da Biden, Riad sta cercando di uscire dal pantano ed è anche in questo senso – come abbiamo già in parte visto – che si sono tenuti i colloqui in Iraq. Ricordiamo del resto che Teheran sia coinvolta in quella guerra attraverso l’appoggio fornito ai ribelli Huthi. Il disimpegno americano da teatri come lo stesso Yemen e l’Afghanistan sta producendo delle conseguenze.

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