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Patty Pravo: «Vi racconto la vita che non ce l’ha fatta a cambiare me»

Patty Pravo: «Vi racconto la vita che 
non ce l’ha fatta a cambiare me»

La cantante veneziana anticipa a Panorama alcuni ricordi tratti dalla sua autobiografia Minaccia bionda: dal viaggio in Cina nel ’94 all’amicizia con David Bowie e di quella notte con Jimi Hendrix…


Una sera in un ristorante romano il grande regista Mauro Bolognini disse di lei: «È la donna più bella del mondo, ma preferirei non avvicinarla. La bellezza va tenuta a distanza». Scandalosa e magnifica, Patty Pravo è stata celebrata dal volume Minaccia bionda, a cura di Pino Strabioli e Simone Folco (Rizzoli). «Sono un’autominaccia», dice ridendo dalla sua casa di Roma. L’idea di un’autobiografia con foto inedite è nata durante il primo lockdown. «Abbiamo dovuto fare un lungo lavoro, perché non posseggo archivi, non conservo quasi nulla della mia carriera».

Non ha tenuto neanche i suoi abiti iconici?

Sono esposti al Museo del Costume a Palazzo Pitti tra quelli delle più importanti donne del Novecento. Quando me lo dissero mi meravigliai.

Il regista teatrale Strabioli nell’introduzione l’ha definita: «Un’opera d’arte».

Sono solo una bella interprete. Diciamo che ho vissuto la vita come mi pareva e piaceva. Non mi posso lagnare.

Ha avuto paura in questo terribile periodo?

Non ho mai avuto paura del Covid, come non ho mai avuto paura di niente. Sono sempre positiva, è la mia natura. L’ottimismo viene dalla serenità interiore. Ho accettato la quarantena tranquillamente, mi sono dedicata alla lettura, al pianoforte, ho fatte lunghe passeggiate, anche due ore al giorno.

Cosa le è mancato?

La vicinanza degli essere umani, i sorrisi della gente. Quando sono per strada saluto tutti per vedere gli occhi che si illuminano dietro la mascherina.

Che ricordi ha della sua infanzia a Venezia?

Quando nasci e cresci nel bello, ti lascia il segno. Venezia è la bellezza. Da piccola andavo ad ammirare Tiziano e Tintoretto, correvo in Piazza San Marco dietro ai piccioni e poi lì c’è il «mio leone». Torno ancora ad abbracciarlo.

Il rapporto con la città è legato a quello con la persona più importante della sua vita, sua nonna Maria.

Era una donna estremamente libera, un Acquario. Ricordo che di notte usciva a camminare da sola. A tre anni mi portò da un’amica, una contessa decaduta in un palazzo pieno di gatti, a imparare a suonare il pianoforte e poi dalla Turittu che insegnava danza classica alla Fenice. Andare al Conservatorio è stata una conseguenza. Mi ha insegnato a essere libera.

È vero che, stufa dei vestitini bon ton, li fece a pezzi?

Non ne potevo più, mi vestivano sempre di velluto blu, con il collettino bianco, le scarpine di vernice, i guantini. Un giorno che ero da sola a casa mi sono tagliata i capelli e ho fatto a pezzi tutti gli abiti che avevo. Volevo solo tutine. Quello fu il mio primo atto di ribellione.

Che rapporto aveva con i suoi genitori ?

Con mia madre non ci siamo quasi mai parlate. L’ho ritrovata poco tempo fa, durante un anno sabbatico a Venezia. Era una donna forte, sola. Mi ha avuto a 19 anni, ma aveva una vita sua. Mio padre invece era il mio giocattolo preferito, è stato un amico. Ho avuto con lui un rapporto strepitoso. Mi manca tanto.

Uno degli aggettivi usati più spesso per definirla è «aliena». Si è mai sentita come David Bowie provenire da un’altra galassia?

Perché no. Con Bowie ero amica e in qualche modo ci assomigliavamo. Ci eravamo conosciuti quando venne un periodo a Roma, aveva una villa strepitosa sull’Appia. Era una persona meravigliosa, una grande mente. Forse siamo di un altro pianeta, che ne sappiamo. Sto approfondendo l’argomento.

Cosa legge?

Fisica dell’impossibile di Michio Kaku, mi interessa l’altrove. E poi Benvenuti nel 2050 di Cristina Pozzi. Sono molto curiosa di vedere dove andrà il mondo.

Come si immagina il futuro?

Ci sarà un cambiamento totale, spero in meglio. Non c’è solo il virus, ma anche i problemi della Terra. Potremo avere altre pandemie. Ci sono solo due possibilità: o una distruzione o una nuova creazione.

Com’era l’Italia della ragazza del Piper?

Splendida, sorridente, avevamo voglia di divertirci, ma lavoravano tutti. Era totalmente un altro mondo, c’era una luce diversa.

Cosa le è mancato nella vita?

Mi piace pitturare, forse metterò su un grande studio.

I figli, invece?

Non mi sono mancati, non ho mai avuto l’istinto materno. Certe cose o le senti o è inutile fare i figli e poi con il mio mestiere, per carità. Non credo alle tate.

Disse davvero: «Gli uomini me li fumo come sigarette»?

È una battuta che feci a 15 anni. Avevo intorno giornalisti che chiedevano cose assurde. Lo facevo apposta.

Alla fine però gli uomini li ha prosciugati.

Ma no, per carità. Poveracci, sono stati una cosa piacevole della mia vita.

E adesso?

Con calma. Non si sa mai quando arriva un incontro. Ci si può ancora innamorare. Non mi pongo il problema della pace dei sensi. E nel caso succeda qualcosa voglio essere sorpresa.

Mai piaciute le donne?

Mi sono sempre trovata meglio con i maschi, non so perché, ma così è. Da bambina giocavo solo con loro: in classe ne avevo 33.

Perché ha sentito il bisogno di sposare tutti i suoi grandi amori?

Non sono stata io a volerlo, erano loro che ne sentivano il bisogno. E io per amore li assecondavo. Insistevano, che cosa importava a me di sposarmi. Non sono mai stata mantenuta, anzi piuttosto il contrario. Ho avuto cinque mariti. Un casino, ma è stato bello.

Ha nostalgia del passato?

Non è nella mia natura. Non penso mai a quello che è stato. Ho vissuto, ho amato. Se guardassi indietro sai che noia, che tristezza. Io guardo avanti, a un’altra galassia. Sono in movimento.

Come la Fenice è caduta e risorta, si è mai fatta male?

No, sono abbastanza coriacea. Ogni tanto stacco e vado via. Cerco il silenzio assoluto. Cambio genere musicale, faccio sperimentazioni. Tutte cose che poi si pagano. Vivendo secondo la propria libertà, si può cadere. È anche bello.

Tra le sperimentazione c’è il viaggio in Cina nel 1994 per registrare Ideogrammi. Come andò?

Partii da Venezia rifacendo la strada di Marco Polo: nove mesi tra aereo, fuoristrada, passando dove c’erano le guerre. Sono stata la prima cantante a incidere in Cina. Ho presentato in cinese una trasmissione via satellite con un ascolto di un miliardo e 780 milioni di telespettatori.

Come Ornella Vanoni fuma le canne alla sera?

Non ne ho bisogno. Con la droga abbiamo già dato. E poi le cose o sono di qualità o le lasci perdere. I ragazzi devono stare attenti: si sfrantumano di alcol e pillole, non so cosa ci trovano.

Dove è finito il boa viola della famosa notte con Jimi Hendrix?

Lo avevamo entrambi. Chissà, sarà stato perso la sera stessa. Ci fermarono in una nuvola di fumino, ma ci lasciarono andare. Riconobbero me e non lui, che allora non era così famoso. Poverino, tutto stretto dietro nella Cinquecento.

Piange a volte?

Piango quando interpreto, piuttosto che nella vita.

È riuscita a cambiare la vita, «Che non ce la fa a cambiare me»?

Quel verso di Vasco lo amo molto. Lui è la mia parte femminile e io sono la sua maschile. È vero la vita non mi ha cambiata. E poi non è ancora finita.

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