Un breve saluto e una benedizione. Così il Papa ha scelto di accogliere i poveri e i malati nell’Aula Paolo VI, prima dell’Udienza Generale in Piazza San Pietro del 17 dicembre. Si è rivolto a loro con un saluto personale, augurando loro di «difendersi un po’ dagli elementi, dal freddo soprattutto» e permettendo loro inoltre di seguire l’Udienza sullo schermo o addirittura in piazza.
L’Udienza ha avuto come tema principale il Natale. In particolare, Leone XIV ha esortato a non lasciarsi soffocare dalla frenesia dei preparativi, che offuscano il reale significato della festività. Ovvero quello della venuta di Gesù. Concentrarsi sui preparativi in modo eccessivo rischia invece di fornire un’interpretazione «superficiale» del Natale. Fondamentale in questo senso è il presepe, simbolo di fede, arte e cultura.
Papa Leone XIV e i valori essenziali
Il Pontefice ha accennato all’esperienza comune della vita come movimento continuo, alla pressione di «conseguire risultati ottimali» e alla fatica di restare interiormente unificati. Il «riposo di Dio» non è inattivo, ma un ristoro di pace e gioia. La frenesia quotidiana, fatta di attività e responsabilità che «non sempre ci rendono soddisfatti», può arrivare a trasformarsi in un «vortice» che crea preoccupazioni e fa perdere di vista l’essenziale. Leone XIV ricorda che «noi non siamo macchine, abbiamo un cuore, anzi, possiamo dire, siamo un cuore».
Questo cuore è «sintesi di pensieri, sentimenti e desideri», ciò che lui chiama «centro invisibile» della persona. C’è un passo del Vangelo di Matteo particolarmente illuminante a riguardo, che spiega il collegamento fra desiderio e orientamento della vita: «Là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore». Qui il Papa trova una correlazione con le dinamiche economiche attuali: il vero tesoro non è nelle «casseforti» o nei «grandi investimenti finanziari», che vengono perfino «idolatrati» a fronte di costi umani veramente drammatici. Le dimensioni toccate sono dunque quelle sociali, antropologiche e spirituali, perché la dispersione esterna della vita, senza concentrarsi sui valori essenziali, scivola facilmente nella mancanza di significato, «persino in persone apparentemente di successo».
La vita come relazione, non come prestazione
Nonostante il periodo natalizio, Leone XIV ha suggerito una lettura pasquale della vita: guardarla «con Gesù Risorto» per accedere all’«essenza» della persona. In quanto primo papa agostiniano, non manca di citare Sant’Agostino quando parla di «cuore umano inquieto non per destino di irrequietezza sterile, ma perché orientato a un compimento». Ecco il passo delle Confessioni che indica questo compimento: «ci hai fatti per te e il nostro cuore è inquieto, finché non riposa in te». Un’inquietudine che il Pontefice vede proprio come segno di una meta: un «ritorno a casa», un ritorno al Signore. Non i soldi, non il possesso di beni, ma l’amore di Dio.
Il vero significato della vita non si trova tuttavia evitando il mondo, ma amando il prossimo che si incontra lungo il cammino, «in carne e ossa». E quando il prossimo «ti chiede di rallentare, di guardarlo negli occhi», o persino «di cambiare programma e direzione», bisogna ascoltarlo. Questo è anche un modo per portare la fede nel concreto, nel quotidiano: la fede sta anche nelle scelte personali che facciamo tutti i giorni. La vita non deve essere vissuta come prestazione, quindi, ma come relazione.
La difesa del presepe come vero simbolo del Natale
Nella parte finale della catechesi dell’Udienza Generale, Leone XIV si è rivolto ai malati, agli sposi novelli e ai giovani. In particolare, ha ricordato l’imminenza del Natale e l’allestimento del presepe nelle case. Per il Pontefice, si tratta di una «suggestiva rappresentazione del Mistero della Natività di Cristo». Non solo un elemento di fede, ma anche di arte e cultura cristiana, perché con la sua presenza ricorda che Gesù si è fatto uomo venuto ed è venuto «ad abitare in mezzo a noi». Un Dio vicino all’umanità, che entra nella nostra storia «con la piccolezza di un bambino», facendoci rivivere un mistero di umiltà e amore.
