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Campagna elettorale: le pagelle

Campagna elettorale: le pagelle

Promossi e bocciati di questi due mesi di comizi, talk show, manifesti e dibattiti

Pier Luigi Bersani, voto 4

Il segretario del Pd le ha sbagliate tutte. È sceso in campagna elettorale on un manifesto grigissimo in cui appariva di tre quarti in posa irreale sotto lo slogan “L’Italia giusta” (pochi giorni prima che esplodesse lo scandalo del Monte dei Paschi). Fin dall’inizio ha scelto una campagna defilata, chiusa, rivolta ai militanti e simpatizzanti del Pd. Si è presentato come il vincitore già deciso, senza umiltà, annunciando che avrebbe festeggiato la vittoria in Germania. Non ha lanciato una sola proposta che l’elettore possa ricordare. È stato ambiguo verso Monti, un po’ attaccandolo un po’ dicendo che ci sarebbe stata collaborazione. È andato a genuflettersi a Berlino. È apparso vago e inconsistente nelle apparizioni televisive che si sono intensificate via via con l’afflusso di sondaggi sul calo di consensi al Pd e sulla rimonta di Berlusconi. Non è stato rassicurante, ha fatto vedere che ora ha paura di non vincere (o almeno di non vincere nella misura che gli consentirebbe di governare). Non ha fatto sognare nessuno. La battuta più efficace gliel’ha suggerita Crozza, quello “smacchiare il giaguaro-Berlusconi” che Bersani va adesso pateticamente ripetendo a ogni comizio, per quanto sia stato lui l’unico a promettere di “sbranare” chi avesse usato lo scandalo Mps contro il Pd. E ha dato prova di debolezza in extremis, “aprendo” a Grillo. In una parola: un disastro.

Silvio Berlusconi, voto 8

È stato il leader che ha messo a segno i maggiori “colpi” d’immagine. La sedia di Travaglio spolverata in diretta da Santoro è il momento topico di questa campagna elettorale. Berlusconi si è speso completamente andando molto in tv, ma soprattutto “bucando” ogni volta che è andato (a differenza di Bersani). Ha sempre accettato il confronto coi più agguerriti avversari (a differenza di Bersani), lo si è visto da Santoro, da Floris, dalla Gruber, ma soprattutto da Lucia Annunziata, dove si è battuto come un leone contro tutti (ma proprio tutti). Ha lanciato una proposta dopo l’altra, tutte efficaci: l’abolizione e restituzione dell’Imu sulla prima casa, la crociata contro i metodi di Equitalia, lo sgravio delle tasse sul lavoro per i giovani assunti, il condono tombale, la convenzione fiscale con la Svizzera. A suo favore ha giocato la campagna pro-Monti e Bersani della Germania, perché lui invece è apparso come il difensore della sovranità nazionale. Unico neo, il video rubato con le battute alla dipendente di Green Power sul palco di Mirano.

Mario Monti, voto 2

È stato bravissimo, il professor Monti, a fare tutto il possibile per perdere la credibilità che aveva (a torto o a ragione) e il consenso che avrebbe pur raccolto in qualche ambiente. Ha ribaltato la propria immagine di tecnico gettandosi nella mischia con uscite sopra le righe e con promesse opposte alla sua politica di governo. Ambiguo e altalenante sul tema delle alleanze, tra attacchi e attestati di collaborazione con il Pd di Bersani, ma soprattutto con una crescente ostilità nei confronti di Berlusconi che pure è stato il suo mentore politico (fu Berlusconi nel ’95 a designarlo Commissario europeo, e nel 2011 a fare un passo indietro consentendogli di diventare premier senza legittimità popolare). È apparso succube della Germania, al punto di smentire il patto segreto con Bersani dicendo che la Merkel non vuole il Pd alla guida del governo (e si è fatto smentire anche da Berlino), e nella testa degli elettori sicuramente resterà l’immagine di un professore freddo e un po’ cinico con in braccio un cagnolino per il quale chiaramente prova fastidio, mentre Daria Bignardi inutilmente gli chiede di digitare un tweet sul cellulare che lui non sa usare. Un orrore.

Beppe Grillo, voto 8

Geniale nell’uso della televisione attraverso una strategia dell’assenza, Beppe Grillo è riuscito a unire tre piazze (virtuale, stradale, televisiva) lanciando segnali di attenzione verso qualsiasi forma d’insofferenza e di protesta, a destra come a sinistra e al centro. È riuscito a battere le strade d’Italia realizzando un contatto diretto con la gente che nessun politico di lungo corso ha più, e ha tenuto fermo il messaggio di fondo (“Arrendetevi, siete circondati!”). La sua missione era obiettivamente più semplice di quella di Berlusconi che doveva giustificare 8 anni di governo dal ’94 a oggi. Ma ciò non toglie che la corsa di Grillo è costellata (letteralmente) di successi. Nessun passo falso.

Antonio Ingroia, voto 5

È apparso per quel che è. Un Pubblico ministero. Anzi, un Pm orientato tutto a sinistra, impegnato, ma anche “ignorante” di temi che non abbiano a che fare con le (sue) inchieste. A domande sull’economia rispondeva che non ci capiva. Guida una compagine di comunisti, rifondaroli e verdi-rossi con sfumature antisemite, ma nelle apparizioni televisive somiglia di più a un alto burocrate faziosissimo. Affetto, nella riuscitissima parodia comica di Crozza, da un’estenuante pigrizia da “ricco”.

Poco da dire sugli altri. Bobo Maroni ha dovuto “incassare” l’inchiesta su Orsi presidente di Finmeccanica vicino alla Lega. Ma gode di una buona immagine essendo stato il miglior ministro “politico” dell’Interno italiano negli ultimi decenni. Univoco il messaggio: la macroregione del Nord.

Quanto a Oscar Giannino, a chi cerca di contattarlo risponde “i morti non parlano”, ed è bene che dei “morti” non si parli.

Per carità di patria evitiamo pure di dare un punteggio a Nichi Vendola, fotografato alla stessa tavolata con il giudice che l’avrebbe poi assolto, ma soprattutto Vendola che ha dovuto mordersi la lingua ed evitare uscite estreme per non sabotare la coalizione con il Pd (unica auto-concessione quella sui ricchi che vadano all’inferno).

Fini e Casini: non pervenuti.    

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