A Bassano del Grappa si riscopre un protagonista del barocco, che ha disseminato il Veneto delle sue straordinarie statue, tra chiese, palazzi e splendidi giardini. In un connubio dove l’arte dialoga con la natura.
Grande fervore tra Bassano e Castelfranco, in Veneto, per uno scultore dimenticato: Orazio Marinali. Una famiglia di scultori, e una produzione vasta e destinata a trasformarsi in altro dall’arte e in qualcosa che la supera, ovvero la natura. Marinali lavorava come un artista classico, e stupisce per la sua attenzione ai particolari, per la sua accuratezza, ma non poteva non sapere che le sue sculture, destinate a stare all’aperto, sarebbero state esposte a piogge e a cattivo tempo, e destinate a vedere alterata la loro superficie, erosa dai danni delle intemperie e ricoperta dal muschio, altre da quello che erano state nella sua mente, e nella loro iniziale elaborazione.
Orazio Marinali nasce ad Angarano nel 1643 e muore a Vicenza nel 1720. Per questo, con i ritardi imposti dai tempi del Covid, la città di Bassano, a 300 anni dalla morte, gli dedica una mostra impegnativa, giacché le opere di Marinali sono difficilmente trasferibili per le dimensioni e per la collocazioni in chiese e giardini. E di molte di loro, nel Museo civico di Bassano, in un suggestivo percorso, si vedono le belle fotografie di Fabio Zonta, in gran parte a grandezza naturale e da diversi punti di vista, per compensare l’assenza delle sculture originali presenti nelle loro idee prime, disegni e bozzetti in terracotta.
Assai notevole un taccuino o album di invenzioni trasferite poi nelle sculture, alcune delle quali sono visibili nel centro storico di Bassano, cui la mostra indirizza, a partire dall’altare del Rosario nella Chiesa di Santa Maria in Colle, proseguendo verso lo scalone del Municipio con il ritratto del Podestà di Bassano; e ancora, in Piazza Libertà, con la scultura di San Bassiano patrono della città, mentre nella vicina Chiesa di San Giovanni Battista sono la cappella del Santissimo Sacramento e due sovrapporte decorate; infine, nel giardino di Palazzo Roberti, la Giustizia e la Religione.
La mostra è curata con puntualità da Monica De Vincenzi, che ci mette davanti al potente e quasi brutale autoritratto dello scultore, così diverso nella verità dell’immagine dalle sue eleganti sculture prevalentemente di soggetto mitologico. Lo sottolinea la De Vincenti: «Lo spirito fiero e il pessimo carattere del Marinali, testimoniato dal fratello Angelo che tuttavia lo ammirava, è visivamente tradotto dalla cruda ed energica registrazione fisionomica dell’Autoritratto in pietra tenera del Museo civico di Bassano».
La stessa curatrice, escludendo una formazione romana e limitandosi a riconoscere le origini di Marinali nella bottega di Giusto Le Court, riconduce iconografia e mondo formale di Marinali a fonti più vicine: «Le opere del Marinali rivelano uno stile intimamente legato invece, per tipologie fisionomiche, repertorio iconografico e linguaggio formale, all’opera degli Albanese e di Girolamo in particolare. Presso la bottega di questo celebrato scultore, architetto e pittore vicentino, morto nel 1660, e poi al fianco del figlio Francesco Albanese Scamozzi, il Marinali avrebbe potuto svolgere l’apprendistato, con l’opportunità di assimilare anche quelle nozioni d’architettura che si sa aver fatto parte del suo bagaglio professionale».
Lo troviamo, a partire dal 1673, con i fratelli, a Vicenza, per le statue del palazzo Caldoni e per quelle dei Santi Gaetano e Carlo Borromeo nella chiesa parrocchiale di Bolzano Vicentina nel 1678. Il Marinali è a Padova tra il 1679 e il 1681, nella Basilica di Santa Giustina. Lo ritroviamo a Vicenza, nella chiesa di San Faustino e Giovita, tra il 1681 e il 1686. A quel tempo appartengono anche i due grandi angeli in volo per l’altare maggiore della chiesa di Santa Maria degli Angeli a Murano. Nel giugno del 1684 Marinali è pagato per i due Angeli e la Beata Vergine Assunta dell’oratorio dei Gesuiti a Venezia: opere ora conservate nel duomo di Mestre.
Nel 1685 torna a Vicenza, a Palazzo a Leoni Montanari e a Palazzo Thiene, con quattro statue con il Giudizio di Paride. Ancora a Vicenza, tra il 1687 e il 1688, Marinali esegue con i fratelli il tabernacolo della chiesa delle Grazie e, nel 1689, uno dei suoi capolavori: la Pietà per la chiesa di San Vincenzo.
Del 1696 è il fastoso, scenografico altar maggiore della chiesa vicentina dell’Aracoeli. Almeno al 1692 risale la decorazione scultorea della basilica di Monte Berico, l’impresa più notevole del barocco vicentino. In questo tempo Marinali compie anche le sculture dell’altar maggiore della chiesa di Sant’Antonio Abate di Schio, di cui si conservano due progetti grafici nell’Album del Museo civico di Bassano. Tra il 1702 e il 1704 l’artista scolpisce per la chiesa vicentina di San Giuliano cinque statue con il Salvatore e i santi Giuliano, Francesco di Paola, Vincenzo e Gaetano e otto puttini, tra le sue più pregevoli opere sacre.
Dopo la morte di Angelo nel 1702, Orazio rileva la bottega del fratello con i collaboratori Angelo De Putti, Lorenzo Mattielli e Giacomo Cassetti. Nel 1704 porta a termine i 14 angeli per il presbiterio della chiesa veneziana degli Scalzi. Tra il 1715 e il 1717 realizza l’apparato scultoreo dell’altare e della cappella del Ss. Sacramento nella chiesa di San Giovanni Battista a Bassano del Grappa, composto dalle statue dell’Angelo custode e dell’Arcangelo Michele. Del secondo decennio del secolo è anche la decorazione dell’arcipretale di Sandrigo con i santi Filippo e Giacomo in facciata.
Per quello che riguarda l’impegnativa produzione di sculture per parchi e giardini, prodotte da Marinali e dalla sua bottega, soccorre un’importante documentazione di Giancarlo Saran, nella sua monografia su Orazio Marinali, che definisce un sorprendente percorso, dall’eccezionale compendio di Villa e Parco Bolasco che comprende il complesso scultoreo di Villa Cornaro al Paradiso, con 49 statue tutte di soggetto mitologico, oltre a quelle poste davanti al duomo di Castefranco Veneto con Allegorie e Condottieri romani.
Altri imponenti cicli sono a Villa Trento da Schio a Costozza, con un giardino a spalliera su cinque terrazze di livelli e variabili. Sapientemente restaurate, si vedono, nella loro piena plastica barocca, Flora e Zefiro, Anfitrite e Nettuno, e alcuni grotteschi nani realizzati, su invenzione del Marinali, dall’allievo Giacomo Cassetti. Nella stessa località, poco sopra Villa Trento, a Villa Garzadori, tra gli affreschi di Dorigny, si vedono le statue di Venere, Apollo e Diana.
Imponente è anche la serie di sculture per Villa Marzotto a Trissino, in particolare la terrazza con la vasca ottagonale, in un’elaborata concezione con allegorie ispirate all’Iconologia di Cesare Ripa, di cui si conoscono i disegni nell’album di Bassano. Il percorso continua con le statue nel cortile settecentesco e nei terrazzamenti del castello Grimani di Montegalda. E ancora, con le maschere della commedia dell’arte distribuite nel Parco della Villa Deliziosa di Montegaldella, dominata dal complesso monumentale della «Machina». Si chiude con le sculture di Villa Corner della Regina a Cavasagra di Vedelago, poco lontano dai luoghi di Antonio Canova, la cui opera è raccolta nella Gypsotheca di Possagno, stabilendo un’ideale continuità tra il terzo centenario della morte del Marinali e il secondo del grande scultore neoclassico.
