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Una liberalizzazione mortale

Una liberalizzazione mortale

L’editoriale del direttore

La tesi «il proibizionismo ha fallito, liberalizziamo le droghe» è una deriva pericolosa, perché non riconosce solo la sconfitta dello Stato, ma cambia le regole del gioco, accettando che ciò che è illegale diventi legale in quanto le istituzioni non sono in grado di fermare la criminalità.


Nella sala in cui si celebrava la Giornata mondiale contro le droghe (presenti testimonial del livello del ct della nazionale di calcio Roberto Mancini, attori e presentatori come Max Giusti e Gianni Ippoliti), il segretario di +Europa Riccardo Magi ha innalzato un cartello con su scritto «Se non ci pensa lo Stato, ci pensa la mafia». La protesta ha mandato su tutte le furie il presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che in quel momento stava intervenendo al convegno, la quale ha replicato piccata: «Siamo stati per lunghi anni al tre per cento e sappiamo che cosa si fa per visibilità». Ma al di là del siparietto polemico, il botta e risposta fra la premier e il rappresentante del gruppo fondato da Emma Bonino ripropone l’eterno problema se sia meglio la lotta alle droghe o la sua liberalizzazione. Secondo chi propone quest’ultima soluzione, legalizzare la vendita delle sostanze stupefacenti, almeno di quelle cosiddette leggere, consentirebbe di togliere un’importante fonte di guadagno alla malavita. Il senso è chiaro: siccome punire chi spaccia droga non è stato sufficiente a estirpare il fenomeno della diffusione degli allucinogeni, meglio togliere i divieti e consentire che hashish, marijuana e altre sostanze siano vendute senza problemi, come le sigarette dal tabaccaio.

«Il proibizionismo ha fallito. Ha riempito le carceri di detenuti per violazione della legge sulle droghe, ma i consumi continuano ad aumentare» dice Riccardo Magi, l’onorevole che ha interrotto Meloni con il cartello. Il ragionamento sembrerebbe logico. In realtà non solo non lo è, ma se portato alle estreme conseguenze sarebbe anche pericoloso. Infatti, che cosa vuol dire che il proibizionismo ha fallito e dunque occorre passare alla liberalizzazione? Allora che facciamo con i furti? Siccome è sempre difficile prendere i ladri e quando li si acchiappano poi stanno dietro le sbarre pochi giorni, che cosa dovremmo fare? Liberalizzare i furti? Lo stesso dicansi degli scippi o degli stupri. Siccome sono in aumento, li depenalizziamo perché tanto non si riesce a risolvere problema? Oppure, constatato che le carceri traboccano di detenuti, facciamo una sanatoria per i reati più diffusi? Anche un bambino capirebbe che dire «il proibizionismo ha fallito, liberalizziamo le droghe» è una deriva pericolosa, perché non riconosce solo la sconfitta dello Stato, ma cambia le regole del gioco, accettando che ciò che è illegale diventi legale in quanto le istituzioni non sono in grado di fermare la criminalità.

Ma nella tesi di Magi c’è anche altro di sbagliato. Infatti, il segretario di +Europa sostiene che se non ci pensa lo Stato, ci pensa la mafia. Traduco: se non sono i Monopoli a spacciare droga, lo spaccio è opera di organizzazioni specializzate nel narcotraffico. Rovesciando il concetto, se le istituzioni si mettono a spacciare, a vendere droga legale, si risolve magicamente il problema in quanto sul mercato non ci sarebbe più spazio per i trafficanti. Beh, l’assunto è sbagliato, nel senso che se pure esistesse una droga di Stato, continuerebbe a esistere quella della mafia. Anzi, avendo aperto lo spaccio anche legale aumenterebbe il consumo, ottenendo l’effetto paradossale di dare un aiuto alla mafia. Non lo dico io, ovviamente, che questo sarebbe il risultato. Lo dice l’esperienza di chi ha fatto la scelta suggerita da Magi, ovvero alcuni Stati americani. Ricordo un meraviglioso articolo di Don Winslow, autore di straordinari libri come Il potere del cane e L’inverno di Frankie Machine. Winslow spiegò che aver legalizzato la marijuana non servì a liberare la California dal dominio dei cartelli messicani, ma spinse i signori della droga a inventare nuovi e sempre più pericolosi stupefacenti, da immettere sul mercato a prezzi bassissimi, per far concorrenza ai negozi autorizzati. Il risultato lo abbiamo oggi sotto gli occhi di tutti: più morti e più drogati. Altro che controllare l’uso delle droghe e sottrarre il dominio alla criminalità: le bande di spacciatori e trafficanti sono sempre più forti.

Qualche settimana fa abbiamo dedicato la copertina a ciò che accade negli Stati Uniti, descrivendo le nuove droghe chimiche. Il Ghb, il captagon, lo yaba, il fentanyl, sostanze sintetiche dagli effetti devastanti che sono diffusissime fra i giovani. In America, i numeri dei nuovi consumatori sono impressionanti e preoccupanti. Così come i morti. Un effetto a cui non è certamente estranea una politica che rende le droghe accettabili e dunque consumabili e vendibili senza che vi sia punizione o esecrazione sociale. Altro che «se non ci pensa lo Stato ci pensa la mafia». Se non ci pensa lo Stato, la criminalità si prende tutto. Anche la vita delle giovani generazioni.

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