Il ministro Roberto Speranza che «spera che avremo un’estate migliore». Le continue correzioni su vaccini, ristori, scostamenti di bilancio… È troppo chiedere almeno una comunicazione certa e verificata?
Ricordo che da ragazzo, quando affrontavamo qualche salita in bicicletta, quelli più grandi e capaci di me, per farmi coraggio, mi dicevano in continuazione «Dài Paolo, la vedi quella curva, è l’ultima, poi siamo davvero vicini. Uno sforzetto e siamo arrivati». In realtà quelle maledette curve non erano mai l’ultima e la cima della montagna sarebbe arrivata un bel po’ dopo.
Mi è tornato alla mente in questi giorni a sentire rappresentanti del governo o delle istituzioni, compreso qualche papaverone dell’economia, fare annunci a catena sui vaccini, sul ritorno alla scuola in presenza, sulla ripresa economica, sugli aiuti alle imprese. Su tutto. Solo che quando illudevano me in bicicletta era fatto per il mio bene, per stimolarmi a non mollare ed era un gioco. Qui non è un gioco, piuttosto sono in gioco le nostre vite e quelle di tutti insieme, a partire dagli anziani. E la cosa è decisamente più grave.
È un continuo gioco al rimando. In tutti i settori. Sembra che nessuno, a partire dal ministro della Salute Roberto Speranza, abbia un briciolo di idea chiara sul dove andare, sul cosa fare, sul come farlo. Recentemente questo ministro ha detto che «spera che avremo un’estate migliore». Ma vi pare, in questa situazione, una frase ammissibile nella bocca del ministro cui è legata la sorte della nostra vita, soprattutto di molti anziani, sempre troppi? Cosa vuol dire, che spera? Capite bene che da qui alla presa per i fondelli il passo è breve, molto breve.
Ma come si permette di rivolgersi agli italiani in questo modo? A gente che vive nell’incertezza, nel disagio, nel disorientamento buona parte del quale dovuto proprio a lui e a quell’altro genio di Walter Ricciardi, il suo consulente principe che ogni volta che parla tutti i maschi italiani portano automaticamente la mano destra in zona inguinale, dove permangono per un tempo più o meno lungo a seconda di quanto grossa l’ha sparata.
Non ci può dire, Speranza, che spera, ci deve dire numeri, date, scadenze. Se non è in grado di farlo deve tacere e lo deve fare per una questione di rispetto degli italiani, già stremati da quest’anno terribile. Non hanno bisogno, come avrebbe detto il conte Mascetti, del «rinforzino» di Speranza. Prima ci fu detto della primavera, poi l’estate, poi l’autunno.
Poi, più realisticamente il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, a occhio e croce l’unico che da quelle parti ci capisce qualcosa, ha detto che di questo passo finiremo nel 2023, ha detto che nei posti chiave ci sono persone che sarebbero buone per alimentare i caminetti, oltre a sostenere che è uno sconcio quel che sta accadendo in Lombardia.
Se si passa all’economia le cose non cambiano, anzi peggiorano. Nessuno sarà lasciato indietro, aveva profetizzato quell’altro cervellone di Conte I e II che ricorda tanto il duo beat Franco IV e Franco I: «Ho scritto t’amo sulla sabbia e il vento a poco a poco se l’è portato via con sé».
Ve lo ricordate il bazooka dei 400 miliardi di prestiti? Chi li ha visti batta un colpo. Il vento se l’è portato via con sé. Ve li ricordati i decreti Ristori che si erano lasciati alle spalle intere categorie produttive? Ora si chiamano Sostegni. Hanno fatto l’ultimo e si sono accorti subito che non basta. Anzi non se ne sono accorti loro, se ne sono accorti i cittadini che hanno fatto due conti e che se tutto va bene quel nulla gli arriverà fra qualche mese. Allora hanno già detto che ce ne sarà un altro. Si farà uno scostamento. Qui vengono in mente le Sorelle bandiera, «Fatti più in là…a…a», di arboriana memoria.
Che vi devo dire… più che nomi di economisti e scuole di pensiero economiche, Milton Friedman o John Maynard Keynes, per spiegare quello che succede mi tocca scomodare la storia della canzonetta italiana. Pensate a che punto. Ma come fai a prendere sul serio chi ha fatto del rimando, dell’improvvisazione, dell’avanti e indietro il suo modo di agire? Capite bene che questo è intollerabile, ma lo diviene ancora di più di fronte a un’emergenza come questa che ha messo a terra lo stato psicologico degli italiani. Non si può sperare che coordinino almeno questa stramaledetta comunicazione, dicano una cosa per volta solo quando sono sicuri di quel che dicono? È così difficile?