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Nell’ergastolo a Impagnatiello mancano la premeditazione e l’omicidio del feto

Nell’ergastolo a Impagnatiello mancano la premeditazione e l’omicidio del feto

La sorella di Giulia Tramontano fa bene a indignarsi. Il killer in futuro potrebbe avere sconti di pena

È piuttosto difficile, quando si apprende la notizia della condanna all’ergastolo di Alessandro Impagnatiello (32 anni) per l’omicidio di Giulia Tramontano (29 anni), non condividere le parole furenti e sdegnate di Chiara, la sorella della vittima. «Vergogna, vergogna. La chiamano legge ma si legge disgusto», ha scritto sui social. «L’ha avvelenata per sei mesi. Ha cercato su Internet: “Quanto veleno serve per uccidere una donna”. Poi l’ha uccisa. Per lo Stato, supremo legislatore, non è premeditazione. Vergogna a una legge che chiude gli occhi davanti alla verità e uccide due volte. E smettetela di portare gli assassini ai banchi. Sono assassini. Vanno in cella. Nessuno li vuole liberi, inquinano».

Impossibile darle torto. Impagnatiello era accusato di omicidio volontario pluriaggravato, procurato aborto e occultamento di cadavere, e si è preso un meritatissimo ergastolo. Il fatto è che non basta. La sentenza esclude l’aggravante della premeditazione, conservando quelle della crudeltà e del legame affettivo. L’omicidio di Giulia è stato, per i giudici, preordinato e non premeditato: differenza sottile ma determinante. In sostanza l’assassino avrebbe semplicemente approntato i mezzi per compiere il delitto, non lo avrebbe programmato in anticipo nei particolari. Una ricostruzione per lo meno discutibile. Come ha giustamente notato la procuratrice generale di Milano, Maria Pia Gualtieri, l’ex barman di Armani «aveva premeditato da almeno le ore 15» del 27 maggio 2023 di uccidere la sua compagna. In realtà, come abbiamo appreso in questi anni, egli si baloccava con l’idea dell’omicidio da parecchio tempo, aveva già tentato di mettere in pratica un piano criminale. Impagnatiello intratteneva due relazioni parallele e aveva costruito una rete soffocante di bugie. Un castello di menzogne crollato miseramente quando la sua amante italo-inglese, accortasi che qualcosa non andava, ha contattato Giulia per incontrarla. Saputosi scoperto, il barman ha atteso la sua compagna a casa per circa due ore, al rientro l’ha colpita alle spalle e massacrata con 37 coltellate. E non ha ucciso solo lei, ma pure il bambino che portava in grembo da sette mesi. Ecco perché l’ergastolo non è sufficiente.

Le parole «procurato aborto» dovrebbero essere sostituite da «duplice omicidio». Un doppio assassinio perpetrato con inaudita vigliaccheria e malvagità, pianificato e attuato con brutale spietatezza. Motivo per cui non si capisce perché non sia stata riconosciuta la premeditazione. Il fatto che i giudici l’abbiano esclusa, per altro, potrebbe aprire al killer la via della giustizia riparativa, che infatti la Corte d’Assise d’appello non ha escluso a priori. Sul tema i giudici si sono riservati e ciò significa che Impagnatiello potrebbe un giorno godere di benefici e sconti.

Ha ucciso la sua compagna e il figlio, ha ragionato per parecchio tempo su come liberarsi di loro, ha tentato di occultare le prove con gelida efficienza, ha continuato a mistificare e mentire senza mostrare un briciolo di pentimento. Per quale ragione si dovrebbe mostrare anche il minimo accenno di pietà per costui?

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