Il pittore fiammingo compone un quadro straordinario, dove il protagonista non teme di stare sullo stesso piano delle figure divine.
Cosa pensa il Cancelliere Nicolas Rolin? Cosa attraversa la sua mente? Qualcuno si chiederà di chi intendo parlare, e io stesso, fino a oggi, non mi ero mai posto questa domanda. Ma, avendo scritto qualche giorno fa un piccolo saggio sui pittori che tengono le distanze e quelli che ci vengono incontro (per esemplificare, potremmo indicarne gli estremi in Piet Mondrian e in Jackson Pollock), il primo artista che mi è venuto in mente, nella fattispecie della distanza, è stato Jan van Eyck.
Ogni suo dipinto lo dichiara, in quella luce cristallina che nessun artista prima di lui, e nessuno dopo di lui, ha colto. La Madonna solitaria, in una grande cattedrale gotica (ora al museo di Berlino), con le proporzioni irreali del nitidissimo e luminosissimo spazio rispetto alla grandezza della immagine sacra, che sta in una dimensione soltanto sua, benché vista con lo zoom, è infinitamente distante, lontana da tutti. Ma ancora più evidente è la sua distanza aurale, nella apparentemente più proporzionata Madonna del Cancelliere Rolin. Appunto. Quante volte mi sono perduto a osservarla, in un’incontenibile attenzione per i dettagli, al museo del Louvre!
Nella luminosa e lussuosa stanza, con la trifora aperta su un paesaggio che si allunga a perdita d’occhio, le colonne di porfido e di giallo di numidia con gli elaboratissimi capitelli, il pavimento di ceramiche a motivi geometrici, sta tranquillamente seduta la Vergine, coperta da una veste di seta rossa con un orlo di perle e pietre preziose su un fondo dorato. Abita, in quella meravigliosa stanza, come a casa sua, con naturalezza; e tiene il bambino nudo sulle ginocchia, in atto di benedire e di ostentare una preziosa croce. Non si potrebbe immaginarla un’apparizione, se non fosse per l’angelo che si agita sulla sua testa con una corona. Maestà, regalità, solennità.
Ma la casa, in realtà, è quella del Cancelliere Rolin, consigliere del Duca di Borgogna e di Donato Bramante dal 1422. E lei non vi appare, ci vive. Il piccolo, infinito, dipinto (66×62 centimetri) è stato commissionato al grande pittore per la cappella della famiglia Rolin nella chiesa francese di Notre-Dame-du-Châtel ad Autun, forse in occasione dell’elezione del figlio del Cancelliere, Jean Rolin, a Vescovo di Autun.
Un alto dignitario. Jan van Eyck, nato a Maastricht tra 1390 e 1400, si affermò grazie al misterioso e non definito fratello Hubert. Dopo un periodo a L’Aja, tra 1433 e 1424, Jan fu chiamato alla corte del duca di Borgogna, Filippo il buono, muovendosi con lui tra Bruxelles, Lilla e Bruges. Compiuta la monumentale impresa del Polittico dell’Agnello Mistico (1424-1432), Van Eyck raggiunge la piena maturità con I coniugi Arnolfini (1434) e La Madonna del Cancelliere Rolin (1435), un momento di straordinaria capacità creativa.
Ma torniamo al fortunato Cancelliere. La casa è la sua, e sua è anche l’ostentata eleganza della veste di broccato a fiori dorati, con gli orli del collo e delle maniche di pelliccia. Certo, davanti alla Vergine, che si è introdotta in casa sua, egli sta in ginocchio e con le mani giunte. Ma non mostra devozione. È l’espressione del volto a tradirlo: un ritratto di così intenso realismo (fisionomico e psicologico) da non avere l’eguale neanche nell’eloquentissimo Uomo con il turbante rosso, e nell’Uomo dal garofano, pure intensissimo.
Il Cancelliere ha uno strano taglio di capelli, con la sfumatura alta ai lati, che definisce una sorta di zucchetto. Questo taglio austero conferisce serietà, rigore, concretezza al personaggio (3). I suoi gusti sono molto sofisticati. La stoffa del suo abito, come il velluto che ricopre l’inginocchiatoio o il cuscino su cui siede la Vergine, sono di provenienza italiana, probabilmente fatti arrivare da Lucca grazie a Giovanni Arnolfini, anche lui fortunato committente di Jan van Eyck. Il Cancelliere, più che lusingato, sembra infastidito dalla ingombrante, divina, presenza. Non adora. Lui e la Madonna sono vicini, ma restano distanti. Rolin sembra chiedersi: resterà molto?
Nei suoi occhi ci sono concentrazione e preoccupazione, e quasi un velo di malinconia. La Madonna, a sua volta, non mostra né comprensione né benignità, pensa solo al suo bambino, con circospezione, quasi con diffidenza, nell’ambiente sontuoso. Il Cancelliere lo avverte, ne ha viste tante, ha quasi 60 anni, lo dicono le vene sulla fronte e le pieghe sul collo. Chiede al pittore di avere, nella composizione, lo stesso peso della Vergine. Alla pari, senza gerarchie. Stanno entrambi sulla terra, ma in casa sua. La Madonna resta un’estranea, un’ospite. Passeggera o a tempo indeterminato? E sono nello stesso spazio, aldilà delle apparenze, o in spazi diversi, non comunicanti? L’esattezza della visione impone di credere che la Madonna è li, a casa. Rolin ostenta indifferenza. Il suo rapporto con Jan van Eyck garantisce per lui, così come il Codice che ha davanti, nel genere dei Libri d’ore, simile a quello di Torino, miniato per il Duca di Berry, anche dallo stesso artista. Rolin è abituato alla bellezza, all’eleganza, al potere, è un uomo di mondo.
Pensa a quando potrà tornare liberamente, senza autorità, regine da ricevere, nel suo giardino, con i gigli, le rose, i pavoni, le gazze. Per puro piacere. Dopo il giardino, la larga terrazza con il parapetto merlato accoglie due ospiti in attesa, che portano il caratteristico «capperone», un elaborato copricapo tra il cappuccio e il turbante. Oltre il loggiato si apre una florida città sul fiume, forse Bruges o la stessa Autun. Nel primo caso il fiume è lo Zwin, un canale naturale che consente l’apertura sul mare del Nord; nel caso di Autun il fiume è l’Arroux: certamente una veduta realistica, difficilmente riconoscibile oggi.
Il Cancelliere chiede al pittore di dipingere il suo mondo, dentro e fuori la casa. È talmente forte che la Vergine non solo appare estranea ma, appartenendo a un’altra dimensione, si autoesclude. Quello che si vede è tutto del Cancelliere Rolin. Ed egli, in cuor suo, sta pensando di comprare anche la Madonna, assimilata alle sue cose. Il miracolo riesce a Jan van Eyck. Neanche Piero della Francesca, introducendo Federico da Montefeltro nella pala di Urbino, riuscì a tanto.
