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Il Covid non teme gli sbarchi

Il Covid non teme gli sbarchi

Con l’avvicinarsi dell’estate e la Guardia costiera libica ormai incapace di intervenire per bloccare le partenze, stanno riprendendo numerosi gli arrivi di migranti sulle coste italiane. E nonostante i porti della Penisola siano chiusi per l’emergenza coronavirus, le Ong sono tornate in mare.


Sarà sempre peggio. Con la bella stagione, il mare calmo e il ritorno delle navi delle Ong aumenteranno le partenze dei migranti» dice una fonte di Panorama, in prima linea a Tripoli per il nostro Paese. «La Guardia costiera libica non li ferma quasi più. Fra guerra e virus ci sono altre priorità. Non hanno neanche le protezioni adatte e non sanno dove metterli se li riportano indietro» ammette sconsolato chi ha vissuto fin dall’inizio la crisi dei migranti. I dati ufficiali del Viminale parlano chiaro: fino a metà aprile sono già sbarcati in Italia in 3.228 rispetto ai 625 dello stesso periodo del 2019. A gennaio e febbraio oltre mille al mese, per poi fermarsi in marzo, con l’emergenza virus, a soli 241. La ripresa degli arrivi dalla Libia, ma anche dalla Tunisia con sbarchi autonomi, è iniziata nella settimana di Pasqua. Solo dal 6 al 13 aprile sono arrivati 626 migranti, compresi i 192 a bordo di due navi degli irriducibili dell’accoglienza.

I tedeschi della Ong Sea-eye hanno recuperato 149 migranti al largo della Libia presentandosi al limite delle nostre acque territoriali, nonostante il decreto governativo dell’8 aprile stabilisca che i porti italiani «non sono sicuri» a causa dell’emergenza sanitaria. Una settimana dopo è la nave Aita Mari della Ong basca Salvamento maritimo umanitario, salpata da Siracusa, a recuperare 43 migranti. «Proprio in un momento come questo la sofferenza di cittadini colpiti da un’emergenza sanitaria non può diventare motivo per negare un sostegno – che è anche un obbligo legale – a chi non perde il respiro su un letto di terapia intensiva, ma annegando» hanno scritto Sea-Watch, Medici senza frontiere, Open arms e Mediterranea al governo italiano. Non solo. Si sono organizzate per presentare ricorsi contro l’Italia presso la Corte europea dei diritti dell’uomo, su mandato dei migranti dato a voce via telefono satellitare, direttamente dal gommone in arrivo.

Alarm phone, centralino dei migranti, coordina le operazioni lanciando tragici messaggi su naufragi di gommoni, che poi si rivelano infondati. «Abbiamo tre casi aperti, che Malta si rifiuta di soccorrere. Vi chiediamo gentilmente di intervenire» e seguono le coordinate dei gommoni. Il testo è della mail in possesso di Panorama inviato da Alarm phone alla nave Aita Mari, come se il numero d’emergenza dei migranti si fosse sostituito al centro di soccorso della Guardia costiera.

«I gommoni dalla Libia sono ripartiti con l’arrivo della prima imbarcazione delle Ong» sottolinea l’ex ammiraglio Nicola De Felice. «E ancora una volta il governo, con navi per la quarantena o alberghi requisiti a terra, si piegherà al diktat delle organizzazioni non governative». A differenza di Malta, che ha annunciato la chiusura dei porti ai migranti rifiutandosi di intervenire per i gommoni nelle proprie acque di ricerca e soccorso. «Siamo tornati al modus operandi di anni fa» spiega a Panorama un alto ufficiale in prima linea sul fronte del mare. «Lo sbarco autonomo del 12 aprile a Pozzallo di 101 migranti è stato agevolato, con ragionevole certezza, dai maltesi».

Le Ong, soprattutto tedesche, non si fermano davanti al rischio contagio. Sea-Watch prepara il ritorno in forze davanti alla Libia. La Chiesa evangelica tedesca del vescovo Heinrich Bedford-Strohm ha lanciato l’alleanza «United4rescue» per raccogliere un milione di euro di donazioni con testimonial come il presidente della Conferenza episcopale tedesca, cardinale Reinhard Marx, il regista Wim Wenders e Sven Giegold, portavoce dei Verdi al Parlamento europeo. I soldi sono serviti ad acquistare la nave Poseidon, battente bandiera tedesca, che a breve finirà i lavori di ammodernamento nel cantiere spagnolo di Burriana. E prenderà il mare come Sea-Watch 4. In maggio dovrebbe tornare in mare anche la gemella, Sea-Watch 3, ora a Messina.

Altri che si adoperano per traghettare migranti, nonostante l’emergenza virus, sono gli italiani di Mediterranea saving humans con la nave Mare Jonio. E possono contare su un sostenitore d’eccezione, Papa Francesco, che ha risposto a una lettera pro migranti di uno dei fondatori, Luca Casarini, antagonista veneto no global e pluricondannato per l’attivismo politico spesso violento. Il 10 aprile, il Santo Padre ha scritto di suo pugno: «Luca, caro fratello (…) Sono vicino a te a ai tuoi compagni. Grazie per tutto ciò che fate. Vorrei dirVi che sono a disposizione per dare una mano sempre. Contate su di me». In soccorso alle Ong, per fare sbarcare i migranti in Italia, si sono schierati anche Matteo Renzi e una trentina di parlamentari dal Pd, all’estrema sinistra di Leu fino a Più Europa. Il solito sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, è pure in prima linea per accogliere tutti come padre Zanotelli dei comboniani che si chiede: «Siamo tornati alla politica di Salvini?». Anche la Cgil chiede di «agevolare le operazioni di soccorso attraverso navi militari e mezzi della Croce rossa, perché anche in tempo di crisi pandemica resta irrinunciabile conciliare il dovere di garantire la salute di tutti a terra con quello di soccorrere le vite in mare».

Ong più ragionevoli, come Emergency, hanno impegnato oltre 40 operatori nella lotta al virus in Lombardia – all’ospedale degli alpini a Bergamo – e nelle Marche. Per ora la loro nave Ocean viking gestita assieme a Sos Mediterranee è rientrata in porto a Marsiglia. Anche i pasdaran spagnoli di Open arms hanno fatto rientrare la propria unità in patria. La Farnesina ha sollecitato i governi di bandiera delle navi Ong in tal senso, con scarso effetto sulla Germania.

Però Claudia Lodesani, di Msf Italia, Alessandra Sciurba a nome di Mediterranea, Johannes Bajer di Sea-Watch e Riccardo Gatti per Open arms hanno chiesto un intervento contro il governo Conte per la chiusura dei porti al Commissario dei diritti umani del Consiglio d’Europa. «Non si comprende, invero, come si possa, da un assunto meramente ipotetico» si legge nella lettera comune «inferire, per via generale e astratta, la potenziale presenza di casi di infezioni a bordo e la sussistenza di un rischio attuale e concreto per la pubblica incolumità nazionale». In realtà, non c’è niente di astratto. A parte la scoperta tre giorni dopo a Pozzallo di un egiziano minorenne positivo sbarcato a Porto Empedocle il 6 aprile, in Libia, è la Croce rossa internazionale a lanciare l’allarme. «Centinaia di migliaia di libici sono intrappolati in un conflitto che incrudelisce, mentre il Covid-19 minaccia di diffondersi e travolgere il fragile sistema sanitario del Paese» sostiene Willem de Jonge, responsabile della missione a Tripoli. Nel comunicato del 12 aprile la Croce rossa sottolinea che «i migranti in Libia sono altamente vulnerabili alla malattia, poiché molti hanno un accesso limitato a informazioni, assistenza sanitaria o reddito».

Il presidente della Regione Sicilia, Nello Musumeci, ha individuato la motonave Azzurra della compagnia Gnv come imbarcazione per l’isolamento in mare dei migranti. La nave può assistere casi positivi al virus e ospitare 488 persone. A bordo dovrebbe operare personale della Croce rossa o della Protezione civile. «Sono soluzioni temporanee» spiega un alto ufficiale che opera per contenere gli sbarchi. «Se gli arrivi continuano basta poco per esasperare una popolazione chiusa in casa e con problemi economici. La caccia al migrante può scattare in un attimo». Secondo la fonte di Panorama, il timore peggiore, che renderebbe la situazione insostenibile, è «l’aumento dei contagiati nei focolai in Africa, compresa la Libia, con un fuggi fuggi generale via mare verso l’Italia».

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