Il dramma di una transizione sessuale incosciente: da ragazzo a ragazza (o viceversa), ma anche tra persone adulte. Così la perdita di riferimenti genera disastri.
L’onorevole Alessandra Mussolini rifiuta il passaporto europeo perché la obbligherebbe a dire se è uomo o donna e lei non vuole farlo. Il Comune di Milano vara il registro «alias»: per cambiare sesso basterà una firma. In Scozia e Spagna vengono approvate leggi che permettono a 16enni di trasformarsi da ragazzini in ragazzine (e viceversa) senza bisogno di un parere medico e giuridico, e senza nemmeno l’approvazione dei genitori. Ormai è un’accelerazione quotidiana: la corsa verso l’abolizione dell’identità di genere è inarrestabile. Ricordate la Bibbia? Maschio e femmina Iddio li creò? Ecco: dimenticatevela. Tra un po’ pronunciare quel versetto diventerà reato. Se non lo è già.
Voglio uccidere il sesso. Vogliono abolire la natura. Oggi, per stare al passo con i tempi (e purtroppo: con le leggi), bisogna essere fluidi. Adesso ti senti donna? Sei donna. Tra un’ora ti senti uomo? Sei uomo. Poi ritorni donna? Fai come vuoi. Non importa la realtà anatomica. Non conta come sei fatto. Non conta se sei venuto al mondo con o senza il pisellino, se hai le ovaie o i testicoli. Ormai abbiamo raggiunto una tale hybris (traduzione dal greco: tracotanza umana che vuole prevaricare anche la volontà divina) che pensiamo di poter trasformare la natura a nostro piacimento. E in attesa di cambiarla con farmaci e operazioni, la modifichiamo con un colpo di bacchetta magica. Sei Mario? Da oggi firmi e diventi Maria. Sei Paola? Da oggi firmi e diventi Paolo. Oplà. È tutto semplice. Mobile. Fluido, appunto.
Così se io oggi, andando in palestra, mi sentissi improvvisamente donna potrei firmare e andare nello spogliatoio femminile. Pensate che goduria per i molestatori. In California, dove una legge simile è in vigore da tempo, ci sono stati anche stupratori che al momento dell’arresto si sono dichiarati donne per poter entrare nel carcere femminile. Che si fa in quei casi? Si può togliere a un detenuto il diritto di sentirsi uomo o donna a sua discrezione? Di cambiare sesso con una firma? E perché a lui sì e ad altri no? Il sistema rischia di andare in tilt, come sempre avviene quando l’uomo vuol sostituirsi a Dio.
Eppure niente. Ormai Dio è abolito, come la natura. E il buon senso, di conseguenza, pure. Le osservazioni più banali come «la donna è donna» sono messe al bando. La mamma di Harry Potter, la scrittrice J.K. Rowling, è stata minacciata di morte per aver osato dire, pensate un po’, che le donne hanno le mestruazioni e gli uomini no. Una terapista inglese, Milli Hill, è stata licenziata per aver detto che le donne partoriscono. Bisogna dire: «Le persone partoriscono», perché possono farlo anche gli uomini. In attesa di capire come, potete informarvi in una clinica di Belgrado dove un medico promette: «Farò partorire gli uomini». Potrebbe sembrare ridicolo, se non fosse tragico. Quanto influisce infatti tutto ciò sui ragazzi? L’adolescenza è un momento difficile, di confusione. Se vengono a mancare i riferimenti di identità sessuale, la confusione cresce. E, con essa, l’infelicità. Non a caso aumentano i ragazzi che già a 13-14 anni si rivolgono ai centri per cambiare sesso e spesso vengono spinti a prendere farmaci già in quella tenera età. Qualche tempo fa, facendo un’inchiesta sulla clinica inglese di Tavistock, specializzata in questi interventi, il Times parlò di «esperimento di massa sui bambini». È la stessa clinica che viene presa a modello da alcuni centri italiani, celebrati dal nostro mainstream.
Mi ha colpito un bellissimo articolo di Gianluca Nicoletti sul quotidiano La Stampa. È andato a incontrare i genitori dell’associazione GenerAzioneD, madri e padri di ragazzini che stanno facendo il cambio di sesso, e ne ha raccolto dubbi e paure. Una mamma racconta che suo figlio a 11 anni ha cominciato a dire che si sentiva attratto dai maschi. A 15 anni l’ha accompagnato a uno di questi centri sanitari dove «l’hanno subito consigliato di iniziare la transizione sociale e darsi un nome di donna». «Siamo andati insieme a comprare abiti femminili, reggiseni imbottiti, trucchi» racconta. «Il giorno dopo si è presentato a scuola come una ragazza. È cominciato un periodo di grande euforia e si è cominciato a parlare di farmaci ormonali». Poi, all’improvviso, i primi dubbi. Il ragazzo tentenna. La psicologa che lo cura dice che non è disforia, solo ossessione. Lui fa retromarcia e torna a vestirsi da maschio. «Che cosa sarebbe successo se avesse iniziato con i farmaci?» si chiede la mamma. Già che cosa sarebbe successo? Ma ancora di più: se un ragazzino manifesta dubbi è giusto incoraggiarlo subito a vestirsi da donna? Non sarebbe meglio dargli qualche modello sessuale certo? Non sarebbe ora di capire che la fluidità genera incertezza e infelicità? Quanto strazio dovremo ancora creare al mondo prima di capire che la natura esiste, e che maschio e femmina Iddio davvero li creò?