Home » Attualità » Opinioni » «Ma il mito delle rinnovabili mette a rischio il paesaggio»

«Ma il mito delle rinnovabili mette a rischio il paesaggio»

«Ma il mito delle rinnovabili 
mette a rischio il paesaggio»

Una corsa sregolata a fotovoltaico ed eolico è un errore per l’Italia, che rischia di compromettere un ambiente senza eguali al mondo. Il critico di Panorama e sottosegretario alla Cultura accende il dibattito su questi aspetti della transizione verde.


Io difendo un bene tutelato dall’articolo 9 della Costituzione, il paesaggio, non certo per pregiudizio ideologico o politico. In nome di un finto ambientalismo, che ignora i dati di molti esperti, si continua a promuovere l’eolico ignorando, come dice, inascoltato, Carlo Rubbia, che anche quando coprissimo tutto il territorio nazionale di pale eoliche, riusciremmo a soddisfare solo in minima parte il nostro fabbisogno energetico; nessun beneficio per la nostra autosufficienza, ma solo profitti per aziende che producono pale eoliche, in gran parte straniere.

Diverso il discorso per il fotovoltaico, che può essere autorizzato in edifici e aree periferiche, ma il suo sviluppo non può avvenire a danno del patrimonio paesaggistico o architettonico. Non si distruggono i campi agricoli, con il miraggio di un facile guadagno, rendendoli improduttivi. Il nostro paesaggio, dalla Toscana alla Sicilia, da Palermo a Napoli, dalla Tuscia al Salento, esaltato da letteratura e cinema, ha ispirato i viaggiatori del Grand Tour. Non capisco perché di questo abbiano facile consapevolezza i tanti stranieri andati a vivere nelle campagne della Maremma o di Ragusa, e non i vari Angelo Bonelli, Chiara Braga e Silvia Fregolent, deputati «ambientalisti» o pseudo-verdi, che, contro la Costituzione, si fanno inconsapevoli megafoni di interessi nel settore.

Fregolent, travolta da un innamoramento da neofita per l’innovazione tecnologica, mi accusa, chiama in causa il ministro (che condivide ogni mia parola) perché ama le gerarchie più della libertà d’opinione, e mostra di non avere letto le ben più severe considerazioni di Italia nostra, fidandosi delle proposte interessate di Legambiente. Vada in Sicilia e in Puglia per vedere come la mafia ha pianificato la distruzione del paesaggio! Vada a Troia o a Mazara del Vallo, ad Accidia, a Mineo, a Sant’Agata di Puglia, a Candela, a Palazzolo Acreide, nel parco di Elimi, fra i comuni di Salemi e di Marsala, per vedere cosa è avvenuto, invece di evocare una «pianificazione» che è solo compiacenza e complicità. Vada nei luoghi più devastati che da una guerra, prima di parlare! A Candela, a Bovino, a Deliceto, a Orsara, a Troia. A Celle San Vito, il più piccolo paese della provincia di Foggia, dove i 223 residenti parlano l’antico franco-provenzale, i funghi sono stati sostituiti dalle turbine (156) che rischiano di superare anche il numero degli abitanti. A Sant’Agata di Puglia si contano 111 torri, una ogni 19 abitanti. La mutazione genetica del territorio ha fatto sì che crescessero parchi eolici, a dismisura, senza soluzione di continuità.

La Fregolent pontifica, riparata in Piemonte. Si chieda perché, in tutto il Piemonte, i «pali» sono 9 per 19 megawatt, e in Puglia 1.618 per 2.680 megawatt. A generare le maggiori quantità di energia eolica in Italia sono, infatti, sei regioni meridionali e insulari: Puglia, Campania, Calabria, Basilicata, Sicilia e Sardegna. Ospitano, e soffrono, il 91 per cento delle centrali eoliche nazionali, e la sola Puglia, per potenza, è attualmente in grado di generare un quarto dell’energia eolica totale. Guarda caso. No, non è la mafia, è la pianificazione. È la sua Italia viva. Dell’Italia uccisa non si preoccupa. Un’altra promozione colpevole viene dal sindaco di Roma, che motiva la grottesca scelta di pannelli fotovoltaici per l’albero di Natale in piazza Venezia: «Penso che abbiamo fatto la scelta giusta: è una scelta di sostenibilità, pratica ma anche simbolica perché siamo in un momento in cui l’Europa vede l’orrore della guerra sul suo territorio, tante città e case in Ucraina sono senza elettricità, abbiamo un prezzo dell’energia molto alto: abbiamo il dovere di promuovere le energie rinnovabili. Noi così diamo un contributo alla transizione scegliendo di avere le luci e non un Natale al buio, ma alimentandole in modo sostenibile. Diamo un segnale concreto ma anche simbolico, importante per un drastico salto di qualità. Siamo in tempi straordinari, e questo albero dà questo messaggio, che ritengo importante».

Il saggista Andrea Signini si interroga, e afferma lucidamente: «Esiste un calcolo ufficialmente sottoscritto da tecnici e ingegneri comunali in funzione dell’effettiva resa elettrica fornibile dalle pannellature fotovoltaiche in relazione al consumo delle luminarie? Esiste una dichiarazione ufficiale del Comune di Roma attestante quale destino attenda i pannelli fotovoltaici e relative impalcature di sostegno all’indomani del 6 gennaio? Verranno distrutti? Abbandonati all’interno di qualche magazzino? Regalati a un qualche fortunato estratto a sorte? Piazzati al posto della Lupa? Regalati agli africani bisognosi? Rimarranno in loco? Ci dicano».

Proviamo a rispondere noi: l’«operazione Albero» è costata 200 mila euro, tra acquisto, trasporto, montaggio e allestimento dell’abete, alto 22 metri, proveniente, per comodità, da un vivaio comasco. Acea si è occupata dell’illuminazione, andando in soccorso dell’amministrazione, dopo che un bando per la ricerca di sponsor è andato deserto. Secondo il Comune, i pannelli solari consentirebbero un risparmio fino a 27 kilowatt al giorno. Significa 13,5 euro al giorno! Per un mese di permanenza dell’albero vogliono dire circa 400 euro. A fronte del costo di 200 mila euro. Ma si può fare meglio: anche in Piazza del Campidoglio, a Roma, tornerà l’albero di Natale, ma con una particolarità: chiunque potrà contribuire a illuminare la stella pedalando su una bicicletta/generatore ai piedi dell’abete. Questa la motivazione della presidente Celli: «Come Assemblea capitolina vogliamo lanciare un messaggio simbolico in tema di sostenibilità, risparmio energetico e benessere fisico. Dimostriamo che pedalare non solo fa bene alla nostra salute, ma che esistono forme alternative per produrre energia». Lasciamoli pedalare. Per quanto tempo?

Io ritengo forme di pornografia rispetto al paesaggio italiano tutto il fotovoltaico e tutto l’eolico. Nel caso dell’albero della val di Fiemme, voluto dal comune di Roma, si tratta di un’installazione certamente temporanea, ma non si capisce che bisogno ci fosse di enormi pannelli ben in vista per illuminare quattro palle di Natale. È una esibizione di ambientalismo fasullo, calcolato per rappresentare il Bene delle rinnovabili, che è profondamente immorale. Quindi una ragione di moralità mi ha indotto a verificare la mancata autorizzazione della Soprintendenza, come vuole la legge. È una questione di legalità, sempre invocata. Ma, in questo caso, per il bene dell’umanità, sospesa.

Il fotovoltaico è sbagliato rispetto al paesaggio, indifeso, perché lo violenta; e a Roma è sbagliato rispetto al centro storico, perché lo contamina. È sbagliato rispetto al messaggio simbolico cercato, perché dà l’idea di ciò che dovrebbe essere Bene (e non lo è); ed è sbagliato sul piano estetico. È una finta battaglia ambientalista, diseducativa. Un’idea modaiola, come se bastasse mettere in piazza Venezia due pannelli per quattro palle, mentre al Gianicolo, davanti alla Fontana dell’Acqua Paola, sostano i compattatori dell’Ama, i camion per il trattamento dei rifiuti.

In una piazza monumentale, nella prima città italiana, mentre si celebra il centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini, è intollerabile. Se Pasolini si fosse trovato a passare di lì, le avrebbe staccate, quelle luci. Mettessero i pannelli fotovoltaici sulla «Nuvola» di Massimiliano Fuksas, sui capannoni infiniti lungo le autostrade. Alla fine sembra che i soli consapevoli dell’unicità dei centri storici, dei borghi e del Paesaggio italiano, insieme ai cittadini sconcertati, siano gli stranieri. Mi riferisco a tutte le personalità di letteratura, cinema, musica e arte che da anni hanno scelto l’Italia per viverci, grazie alla bellezza e all’integrità dei luoghi in cui risiedono. Per questo credo che la migliore guida di una prossima stagione Authority per la tutela del paesaggio, a sostegno dei Soprintendenti, sarebbe uno straniero. n

© riproduzione riservata

© Riproduzione Riservata