Dopo l’iniziale entusiasmo dovuto alla novità, al Nazareno cominciano a chiedersi se la nomina di Schlein non sia stata un gigantesco favore a Giorgia Meloni
Ci sono slogan politici passati alla storia, per lo meno per l’ilarità involontaria che hanno suscitato. Una frase di Palmiro Togliatti, ripresa sui manifesti del Pci durante una campagna elettorale degli anni Settanta, «Veniamo da molto lontano e andiamo molto lontano», dopo la sconfitta elettorale fu corretta da una mano anonima con un’aggiunta: «Siamo solo di passaggio». Così, dopo la batosta alle amministrative, sono ritornate alla mente le parole con cui Elly Schlein, per giustificare l’improvviso successo, commentò la vittoria alle primarie da segretario del Pd: «Non ci hanno visto arrivare». Ma dopo la sconfitta che ha regalato al centrodestra la guida di gran parte della città chiamate al voto, qualcuno ha aggiunto un lapidario commento: «Non l’hanno vista arrivare perché non c’era nulla da vedere». Sì, la politica si fa anche con le battute, che a volte però si rivelano più azzeccate di tante analisi.
Il giudizio graffiante e irridente sulla segretaria del Pd, ad esempio, è la sintesi un po’ brutale di un sentimento che sta conquistando la maggioranza dei dirigenti del partito. Dopo l’iniziale entusiasmo dovuto alla novità, al Nazareno cominciano a chiedersi se la nomina di Schlein non sia stata un gigantesco favore a Giorgia Meloni. Altro che confronto fra due donne di segno opposto, come per settimane hanno scritto molti commentatori: il duello alimentato dalla stampa in realtà non è mai neppure cominciato, per il semplice motivo che il presidente del Consiglio e la segretaria del Pd vivono in due mondi paralleli, destinati a non incrociarsi mai.
L’una, infatti, parla di temi di governo, vicini ai problemi della maggioranza degli italiani, l’altra viaggia nell’iperuranio, discutendo di ius soli, cambiamenti climatici, diritti Lgbt, utero in affitto eccetera, tutte questioni che interessano una minoranza. Un esempio di quale sia la distanza fra Schlein e la realtà che riguarda gran parte degli elettori lo ha fornito da subito l’intervista a Vogue, mensile patinato del gruppo Condé Nast e rivolto a un pubblico d’élite composto da operatori della moda. Una rivista in cui la modella Cara Delevingne parla di sobrietà e Margot Robbie della vita da Barbie che impersona nell’ultimo film, non sembra il luogo adatto per rivolgersi agli ultimi. Né appare di grande interesse sapere che per la scelta degli abiti la segretaria del Pd si affida a un’armocromista, cioè a una professionista esperta nell’abbinamento di colori. Chissà quanto avranno gioito i militanti che da anni aspettano di trovare qualcuno in grado di dare un senso alla sinistra.
Ma dopo il colloquio con la testata chic, Schlein ha offerto ai suoi nemici interni un’altra occasione per criticarla. Da ex vicepresidente della Regione Emilia-Romagna con delega alla transizione ecologica, invece di precipitarsi subito nelle zone alluvionate ha lasciato trascorrere i giorni, quasi che temesse contestazioni. Paura comprensibile, infatti chi più di lei avrebbe dovuto essere attenta alle mutazioni climatiche dovute al surriscaldamento globale? Regione e Comune hanno dato spesso il patrocinio a convegni dedicati a temi ambientali, quando addirittura non ne sono stati i promotori, ma questo non ha impedito a decine di paesi della Romagna di finire sott’acqua. Il sindaco di Ravenna, esponente del Pd, si è scagliato contro i verdi che troppe volte hanno intralciato le opere di manutenzione lungo i fiumi. «Suggeriscono di rinaturalizzare il territorio» ha detto «ma qui c’è bisogno di interventi immediati e non di una natura lasciata a sé stessa». Parole di buon senso, ma come si conciliano con quelle di Elly Schlein, la quale invece che sulle casse di contenimento, per evitare altre inondazioni punta sulla riduzione delle emissioni?
La realtà è che i primi mesi della nuova segretaria non hanno segnato alcuna inversione di tendenza verso argomenti di massa, ma sono stati limitati a questioni che non toccano l’opinione pubblica, prova ne sia che nelle amministrazioni locali chiamate al voto ha vinto a mani basse il centrodestra. Elly dà la sensazione di essere distaccata, lontana, al punto che il giorno dopo la sconfitta sembrava pronta a partire per Bruxelles e solo le pressioni dei suoi l’hanno indotta ad annullare il viaggio.
Per questo, al Nazareno, sede ufficiale del Pd, qualcuno ha cominciato a chiedersi se la scelta di Schlein sia stata quella giusta o se nominandola non si sia segnato il destino, condannando il gruppo dem a diventare davvero una specie di partito radicale di massa. Dopo la sconfitta di Stefano Bonaccini, un ex ministro della corrente moderata commentò agro: «Ci siamo giocati il partito». La spericolata operazione tentata da un gruppo dirigente che voleva cambiare tutto per non cambiare niente, come nello stile dei veri Gattopardi, forse ha prodotto un risultato che nessuno aveva immaginato: al posto del nuovo che avanza, si è fatto avanti il vuoto. È forse per questo che il giorno delle primarie nessuno ha visto arrivare la nuova segretaria: non c’era nulla da vedere.