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Se per diventare donna basta una dichiarazione in municipio

Se per diventare donna basta una dichiarazione in municipio

Settimane fa mi aveva colpito la storia di un uomo diventato donna senza alcun bisogno di cambiare sesso. I giudici di Trapani avevano dato via libera a un cinquantenne siciliano il quale, pur non essendosi sottoposto ad alcun intervento di transizione, né avendo intenzione di farlo, voleva a tutti i costi essere registrato all’anagrafe con un’identità femminile.


I magistrati si sono convinti che l’uomo in realtà si sentisse donna e dunque il fatto che avesse l’organo sessuale maschile e non intendesse rinunciarvi non lo hanno ritenuto di impedimento nel sentenziare che il Comune di Erice lo registrasse con il nome di «Emanuela» e gli attribuisse un’identità di sesso femminile. La notizia mi aveva fatto strabuzzare gli occhi, anche perché mesi prima avevo letto di un travestito che, sentendosi donna a tutti gli effetti, negli Stati Uniti aveva preteso di essere trasferito nella sezione femminile del carcere in cui stava scontando una pena e, una volta collocato in una cella con delle donne, le aveva violentate. Emanuela ovviamente è una persona libera e dunque a Trapani non ci si è posto il problema di dove sistemarla; tuttavia, il fatto che ormai il sesso sia trasformato in una percezione e non abbia più alcuna attinenza con l’organo sessuale della persona, pone una serie di problemi.

Non si tratta solo del caso limite del detenuto che vestendo i panni e avendo le fattezze di una donna rivendica il diritto di finire nel braccio femminile. In tutto il mondo si fanno i conti con le conseguenze generate dalla possibilità di identificarsi come si vuole, cambiando sesso con un intervento chirurgico oppure con un semplice tratto di penna registrato all’anagrafe. In Germania, per esempio, la maggioranza rossoverde si prepara ad approvare una legge che consentirà a chiunque, maschio e femmina, di decidere liberamente, anche una volta all’anno, con quale sesso essere registrato, modificando a piacimento il proprio nome di battesimo senza che siano necessari controlli o autorizzazioni di alcun tipo. In pratica, Angela potrebbe decidere una bella mattina di chiamarsi Olaf, e Christian potrebbe essere cambiato in Christine, Klara in Karl e così via.

Tralascio ovviamente i problemi pratici, come dover rifare spesso la carta d’identità e soprattutto l’uso che delinquenti e terroristi potrebbero fare di una simile libertà. Però mi domando che cosa accadrebbe se domani una Emanuela che in realtà è un Emanuele venisse ricoverata e pretendesse di essere collocato nel reparto femminile. Essendo registrata all’anagrafe come donna pur avendo un organo sessuale maschile, Emanuela in effetti ne avrebbe tutti i diritti e chi potrebbe eccepire sostenendo che dovrebbe essere dirottata fra gli uomini? Non sto a segnalare il caso dei bagni pubblici separati per genere, perché la questione è stata a lungo dibattuta quando Rifondazione comunista fece eleggere in Parlamento Vladimir Luxuria, che essendo maschio ma sentendosi donna pretendeva di usare la toilette delle onorevoli.

Tuttavia, l’idea che l’identità sessuale sia una variabile indipendente dall’organo riproduttivo maschile o femminile non è, come ha detto la ministra tedesca della famiglia Lisa Paus, una grande conquista che «d’ora in poi eviterà che sia lo Stato a decidere il nostro sesso», ma è un gigantesco problema. E non soltanto perché non sappiamo in quale cella o in quale stanza d’ospedale mettere uomini che si sentono donna e donne che si sentono uomini. Ma perché domani un maschio che all’anagrafe è registrato come femmina vorrà partecipare alle competizioni sportive del proprio genere sessuale, come già oggi pretendono i transessuali. O, come è accaduto in Svizzera, un ragazzo che improvvisamente si scopra ragazza esigerà di essere esentato dal servizio militare obbligatorio per i giovani. E, ancora, un uomo diventato almeno sulla carta donna richiederà, come è successo in Gran Bretagna, di godere dei trattamenti previdenziali agevolati concessi alle signore.

In altre parole, quella che sta avvenendo sotto la spinta della lobby Lgbtq+ è una svolta che rischia di cancellare per sempre ogni identificazione delle persone con il sesso biologico, con conseguenze inevitabili che allarmano prime fra tutte le femministe. Già, perché se oggi è possibile diventare donna con una dichiarazione in municipio, che ne sarà delle quote rosa e della battaglia per la parità retributiva fra maschi e femmine che sono state per anni bandiera del movimento?

Sì, paradossalmente, annullare l’identità sessuale per favorire una fluidità che non ha più alcun riferimento con l’organo maschile o femminile è il primo passo per cancellare non soltanto l’uomo, ma soprattutto la donna. Così, per soddisfare una minoranza, si annulla una maggioranza.

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