Troppi italiani hanno un bassissimo livello di conoscenza dei diritti sul lavoro, dei meccanismi aziendali… E non sapere è non avere potere né difese.
È noto da tempo che la cultura economica degli italiani, cioè la loro conoscenza dei meccanismi che sottintendono all’economia, è inferiore a quella degli altri Stati europei e segnatamente degli Usa. Questo fenomeno è stato riscontrato anche alcuni anni fa attraverso una ricerca che faceva notare la distanza tra la cultura economica degli italiani e quella dei cittadini di Paesi diversi.
Che cosa significa avere una cultura economica? Significa avere quella consapevolezza di base che ti permette, soprattutto nel dibattito politico, di disporre di alcune nozioni per sbugiardare o per stabilire la veridicità o la falsità di ciò che viene detto. Significa, per esempio, sapere come funzionano le entrate e le uscite dello Stato, come funziona il mercato del lavoro e quando le imprese crescono assumendo manodopera o declinano causando disoccupazione; significa conoscere quali sono o dovrebbero essere i diritti economici e sociali di un pensionato, di un invalido, di una coppia di giovani sposi, di un anziano non autosufficiente, di un uomo o di una donna che in giovane età perdono il lavoro e non hanno di che campare. Quanti in Italia capiscono veramente come funzionano queste cose? Quanti sanno quali sono i diritti delle persone in campo economico e quelli delle imprese?
Non è una questione nozionistica, non c’è da superare un test per diventare cittadini italiani, è una questione che attiene alla democrazia stessa perché, come ricordava Francesco Bacone, «Sapere è potere». Il filosofo inglese si riferiva al potere della scienza sul dominio della natura attraverso l’esercizio delle arti e della scienza, e la scienza è quella pratica che ci aiuta, appunto, ad avere un potere sulla natura. Anche la conoscenza dell’economia per il cittadino è un sapere che si trasforma in potere: potere di capire, potere di non farsi abbindolare, potere di non cedere alle dichiarazioni bolse e retoriche di molti rappresentanti del popolo, insomma – come avrebbe detto il grande presidente della Repubblica ed economista Luigi Einaudi – «Conoscere per deliberare». Infatti, nel momento decisivo della partecipazione dei cittadini alla vita democratica, cioè alle elezioni, come può un cittadino normale dotato di una cultura media, o anche medio bassa, raccapezzarsi in quel magma di proposte economiche spesso strampalate, prive di qualsiasi dose di realizzabilità, fondate sulla retorica elettoralistica e non su progetti seri di progetti e di riforme?
Vedete, se la conoscenza del funzionamento dell’economia è sempre stata importante, oggi lo è ancora di più perché accade un fenomeno parzialmente nuovo: ossia il dominio e la supremazia dell’economia sulla politica, soprattutto a livello globale. Predominio di cui i cittadini dovebbero essere consapevoli, perché influenza la politica provocandone talora delle degenerazioni di cui spesso pagano le conseguenze sia le economie nazionali sia i cittadini meno abbienti. Il discorso sul perché questo avvenga in Italia sarebbe lungo, ma in breve possiamo dire che nell’ambito della cultura in generale l’economia, che alcuni chiamavano «la scienza triste», è stata sempre ritenuta se non di serie B certamente meno nobile rispetto a materie di altro tipo.
Se oggi la scuola deve svolgere la sua funzione di formazione di una coscienza critica dei futuri cittadini, una coscienza che conosca i fatti per poter deliberare su di loro, ebbene, se questo è vero allora la scuola, tutte le scuole, devono rafforzare la conoscenza della materia economica e anche finanziaria che ne è legata. Si tratta di un processo di alfabetizzazione ormai non rimandabile. Per fortuna in Senato sono stati depositati dei decreti legge che vanno in questa direzione e che dovrebbero essere inseriti nelle 33 ore annuali di Educazione civica previsti dalla legge 20 agosto 2019, n. 92. Siamo in ritardo, ma meglio il ritardo che l’assenza completa delle intenzioni in questo senso.
Un cittadino che sa di più ha maggiore potere di scelta, un potere maggiormente democratico sia per quanto lo coinvolge sia per quanto riguarda la società in cui vive. La non conoscenza dei cittadini, la loro ignoranza, è al contrario, da sempre, uno strumento di dominio egemonico da parte delle classi dirigenti. Non si infinocchia, non si turlupina e non si imbroglia e soprattutto non la si dà a bere a un popolo che sa.