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Io sto con gli anziani

Io sto con gli anziani

L’editoriale

Che il nostro non sia un Paese per vecchi mi è chiaro da tempo. Lo fosse, i governi non userebbero le pensioni come un bancomat, ossia come il sistema più sicuro per fare cassa. Quando c’è da far quadrare i conti dello Stato, chi sta a Palazzo Chigi, dopo aver alzato le tasse sulla benzina e le sigarette, come si fa da almeno 50 anni, toglie qualche cosa agli ultra sessantenni.

(…)


(…) Una volta si tratta della rivalutazione all’inflazione dell’assegno Inps, con l’unico risultato che mentre tutto aumenta la pensione è la sola a rimanere immutata nel tempo. Un’altra è il prelievo di solidarietà, ossia un’imposta a carico di chi le tasse sui contributi le ha già pagate negli anni passati e così le versa due volte.

Tuttavia non è del trattamento di quiescenza che vi voglio parlare, ma di quello che hanno subìto le persone anziane nell’ultima decina di giorni, ossia da quando l’epidemia di coronavirus ha raggiunto l’Italia. Di fronte ai primi morti abbiamo letto e sentito in tv un esercito di esperti, i quali hanno espresso un pensiero unico che sintetizzo in poche parole: non c’è da allarmarsi, perché il contagio è letale solo per le persone di una certa età. Il fatto che a morire fossero i settantenni e gli ottantenni, a sentire le opinioni espresse nei talk show, sembrava dover consolare l’opinione pubblica.

Non c’è da preoccuparsi, con l’influenza cinese a tirare le cuoia sono solo i vecchi. Non so se sia servito a tranquillizzare le persone in preda al panico che assaltavano i supermercati convinte che la nuova peste le avrebbe costrette a chiudersi in casa per mesi, so però che mi ha molto colpito l’intervista alla figlia della prima vittima, un muratore veneto di 84 anni. La morte del pensionato, sui giornali e in tv, è stata liquidata quasi come se fosse scontato aspettarsi il decesso. Sì, era anziano, ha spiegato la figlia, ma era mio padre. Strano dover dire che se anche una persona ha 80 anni la sua fine non può essere accantonata in tutta fretta, perché un ottantenne paga le tasse come gli altri, anzi più degli altri, e ha gli stessi diritti a essere curato di un quarantenne o di un ventenne. Strano, ma purtroppo il panico da coronavirus sembra giustificare una certa indifferenza nei confronti delle persone anziane. Fra i giovani contagiati la mortalità è ai minimi, anzi quasi inesistente, spiegano convinti di essere tranquillizzanti esperti e politici.

Ma fra i vecchi, che poi rappresentano la maggioranza della popolazione italiana? O nelle statistiche chi ha superato i settant’anni non conta e la sua salute e la sua sorte sono da considerare ininfluenti? Visti i conti dell’Inps, forse i pensionati sono ritenuti un intralcio, anzi soggetti da sopprimere per migliorare i conti pubblici? E dunque, dimenticandosi il contributo che hanno dato e continuano a dare a questo Paese, non ci si deve allarmare se il virus fa il lavoro sporco? La vita ai tempi del coronavirus, per riecheggiare il titolo di un famoso libro di Gabriel García Márquez, è cinica, talmente cinica che oltre all’indifferenza mostrata nei confronti delle vittime sopra una certa età, si è portata dietro anche altre poco piacevoli considerazioni.

Prendete per esempio il ripensamento sui controlli. In principio, nei confronti di chiunque avesse la febbre e la tosse si è deciso di procedere con il tampone. Poi, quando si è avuta la certezza che l’epidemia ormai si stava diffondendo, dal governo è arrivata la marcia indietro. Anzi, per giustificare l’alto numero di malati, il presidente del Consiglio quasi si è lamentato dei controlli. Ne abbiamo fatti troppi, molti più degli altri, è per questo che abbiamo scoperto molti casi. Può essere: ma che cosa avrebbero dovuto fare i pronto soccorso? Rifiutarsi di fare i tamponi e lasciare che pazienti, sintomatici o meno, se ne andassero in giro fino a che non fossero colpiti da crisi respiratoria? È ovvio che a chiunque fosse venuto a contatto con una persona affetta da coronavirus venisse fatto il prelievo. Tutto ciò è costato in termini di tempo e di denaro? Sì, ma per questo gli italiani pagano le tasse: per avere un servizio sanitario che si occupi di loro nel momento del bisogno.

Un’ultima annotazione su questa Italia infetta. Sentire Giuseppe Conte che se la prendeva con i medici in prima linea, accusandoli di aver sbagliato e di non aver applicato i protocolli, non mi ha fatto una bella impressione. Le parole del premier mi sono sembrate, oltre che ingiuste, un tentativo di scaricare le proprie responsabilità o quelle del suo governo sugli altri. Che cosa avrebbero dovuto fare quei dottori davanti a un paziente che non era mai stato in Cina e non dichiarava alcun contatto con i cinesi? Dovevano visitarlo con lo scafandro? Dovevano capire al volo di essere di fronte a un contagiato quando lo stesso presidente del Consiglio fino al giorno prima diceva di aver adottato le misure più efficaci nel mondo per impedire il contagio? E, oggi, in corsia, i medici dovranno visitare i pazienti a metri di distanza? Si parla tanto di un Paese incattivito, avvelenato dalle polemiche e dal risentimento: beh, chi ha funzioni di governo forse prima di dire certe cose ci dovrebbe pensare due volte. Proprio come quelli che invitano a non preoccuparsi perché muoiono «solo» i vecchi.

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