A Milano e altre metropoli esistono aree in cui si concentra il pericolo. E da lì le paure si diffondono nell’intero «organismo» cittadino. Ma è così difficile intervenire per stroncare «l’infezione»?
Nonostante i dati ci dicano di una diminuzione dei reati nella città di Milano, il locale Politecnico ha organizzato un servizio di scorta per gli studenti che fanno tardi la sera. Un vigilante accompagna ragazzi e ragazze fino alla più vicina stazione ferroviaria. L’iniziativa riguarda il campus Bovisa e prevede un accompagnamento da via Lambruschini al passante di Villa Pizzone, dal tramonto a mezzanotte ogni mezz’ora, tutti i giorni di giugno. La Bocconi lo fa da tempo per far attraversare ai suoi studenti e alle sue studentesse, nonché ai professori, i giardini pubblici liberi dalla paura di essere aggrediti dai delinquentelli e anche dai delinquentoni che si aggirano in quelle zone indisturbati.
Vedete, sulla sicurezza si sono dette tante cose, ma forse bisogna ricorrere a una parola del linguaggio medico per capire perché la percezione di insicurezza non diminuisce nei cittadini: si chiama «focolaio». È, in termini scientifici, la zona dove nasce un’infezione che poi si diffonde. Il focolaio è localizzato ma ne risente tutto il corpo. Lo stesso vale per la sicurezza, in particolare a Milano. Ci sono focolai di insicurezza in varie parti: vedi le iniziative di Politecnico e Bocconi. Sono dispersi, specialmente in periferia, ma, come in un organismo, provocano danni a tutto il corpo.
Nel capoluogo lombardo, come in altre città, succede proprio questo. I focolai sono conosciuti anche da coloro che non abitano nelle aree dove nascono e si sviluppano – per esempio, nei dintorni della stazione Centrale – e questi spargono il senso di insicurezza come una nebbia leggera e persistente in tutti gli abitanti e in tutte le parti del tessuto urbano. Del resto, solo un idiota può non capire il seguente ragionamento: «Se succede nei pressi della Bocconi e del Politecnico, perché non può succedere vicino a casa mia?». A questa domanda segue un vago timore che poi si trasforma, appunto, nel famoso «senso di insicurezza». Non è che a Milano, e in altre grandi città, stia prendendo forma una nuova patologia psichiatrica che riguarda la percezione dei pericoli Sembra semmai che, talora, qualche problema psichiatrico colpisca alcuni rappresentanti dei pubblici poteri che ne parlano, spesso non sapendone alcunché. Non hanno mai messo piede in una periferia. Conoscono da tempo i problemi della Bocconi e del Politecnico, ma per risolverli queste due università hanno speso soldi ingiustamente, perché non è loro compito caricarsi di una spesa per pagare un servizio di esclusiva competenza del pubblico.
Quei soldi, li hanno tolti da altri capitoli di spesa che certamente ne avevano bisogno. Penso al diritto allo studio, al laboratorio di ricerca, all’assunzione di nuovi professori, e tante altre cose. Quindi la questione, in prima istanza, è lavorare su questi focolai. In altre parole, è un problema circoscritto e, per mantenerci nella metafora medica, chirurgico: non è necessaria una strategia al napalm, serve piuttosto il bisturi. Ma è così difficile disegnare una mappa del rischio a Milano, individuare tutte le zone che esigono qualche intervento e poi, certo in modo graduale, intervenire via via nelle singole situazioni?
Nessun homo sapiens esige tutto e subito perché chi vuole tutto e subito non è homo sapiens ma è stupidus o, se si vuole, hebes, anche intuitivamente si capisce: ebete, ottuso di mente. Ma, per par condicio, dobbiamo dire che l’ottusità riguarda sia chi vuole tutto e subito sia chi non fa nulla e mai. Basterebbero segnali importanti che guarissero alcuni di questi focolai per dimostrare, in tempi molto rapidi, alla popolazione, che si sta operando in modo efficace e si ha l’intenzione di estendere la cura anche agli altri focolai.
Non sono cose impossibili, sono solo difficili, ma non credo ci sia in Italia un medico che ha prescritto a un cittadino come cura quella di fare politica. In altri termini, non glielo ha detto il dottore. Se sapevano che sarebbe stato difficile, affrontino dunque le cose in modo serio. Se non lo sapevano erano e rimangono dei cretini dei quali non abbiamo tempo di occuparci perché la vita è breve e il tempo scorre inesorabile. Amen. n
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