Ci sono voluti sei mesi perché la Procura della Repubblica di Rimini chiedesse l’archiviazione dell’indagine a carico del maresciallo dei carabinieri Luciano Masini, che a Capodanno non ebbe scelta e sparò e uccise un ventitreenne armato di coltello che, dopo aver accoltellato quattro persone, gli andava contro urlando frasi in arabo.
Sei mesi. Un tempo inaccettabile, inconcepibile per un caso nel quale, forse, non si doveva neanche andare a processo. Tutto era documentato dai video. È evidente che, dopo aver accoltellato quattro persone, il giovane avrebbe fatto lo stesso anche nei confronti del maresciallo, se lo stesso non avesse usato la pistola. Cosa avrebbe dovuto fare il carabiniere Luciano Masini? Lottare a mani nude contro un pazzo delinquente che brandiva un coltello insanguinato? Avrebbe dovuto parlarci a lungo mentre quello lo accoltellava? Avrebbe dovuto colpirlo con il calcio della pistola? Chiaramente sono domande fasulle e retoriche perché, in questo caso, come in molti altri, l’evidenza dei fatti è più che sufficiente per due possibili esiti: non andare a processo oppure, nel caso in cui si inizi un’indagine, archiviare il tutto in massimo dieci giorni, considerati gli impegni della Procura, un tempo necessario per prendere visione dei filmati, sentire il carabiniere e archiviare il tutto, magari formulando un encomio per il maresciallo che, così facendo, oltre alla sua, ha salvato sicuramente la vita di altre potenziali vittime del folle accoltellatore.
A cosa servono sei mesi in un caso così evidente? Sono sei mesi in cui questo carabiniere deve spendere soldi per gli avvocati, non può essere in servizio, viene magari anche sbeffeggiato da coloro che, in circostanze del genere, sono sempre dalla parte del reo e mai delle forze dell’ordine. Sono comunque mesi di una vita ingiustamente tormentata da un processo che deve risolvere una cosa molto semplice: verificare che quei video non siano un’animazione tipo cartoni animati ma siano video reali e concludere, come finalmente ha detto la Procura, che il maresciallo non ebbe scelta. Per arrivare a questo punto ci vogliono sei mesi? Ci risulta difficile trovare motivazioni convincenti per un tempo così lungo. E meno male che il governo ha predisposto, con il decreto Sicurezza, che lo Stato partecipa alle spese legali di componenti delle forze dell’ordine fino a un massimo di 10.000 euro. Cifra che, nella maggior parte dei casi, è molto inferiore a quella che costoro devono sostenere ma che, comunque, è un riconoscimento importante.
Un altro esempio è quello dei due agenti di polizia che sono indagati per omicidio colposo legato a eccesso colposo nell’uso legittimo delle armi: sono coloro che hanno rintracciato e ucciso, in un conflitto a fuoco, Michele Mastropietro, pregiudicato di 57 anni che, qualche ora prima, in un’altra sparatoria, aveva ucciso Carlo Legrottaglie, il brigadiere dei carabinieri di 59 anni che il giorno dopo sarebbe andato in pensione. Mastropietro e il suo complice, Camillo Giannattasio, erano scappati ma erano stati trovati. E Mastropietro, colpito, è deceduto. Il complice è stato ammanettato e portato in Questura. Ci sono stati sconcerto e proteste da parte delle forze dell’ordine, in particolare dei carabinieri, perché si trattava di un delinquente che ammazza un carabiniere e fugge, e che poi viene rincorso e individuato da colleghi del Legrottaglie (secondo le ricostruzioni, nonostante fosse ferito, Mastropietro ha continuato a sparare). Ebbene, anche stavolta, i due agenti che hanno sparato al killer del brigadiere Legrottaglie cosa avrebbero dovuto fare? Di fronte a uno che continuava a sparare, quale strumento alternativo avrebbero potuto avere per bloccarlo insieme al suo complice?
L’avvocato degli agenti ha detto che si tratta di un «atto dovuto» della magistratura. E quello dell’agente che ha ucciso Mastropietro non era un «atto dovuto»? Quanto ci sarà da aspettare per capire ciò che è evidente, e cioè che due poliziotti hanno rincorso l’assassino di un collega dell’Arma, che non ha dimostrato alcuna intenzione di desistere ma ha continuato a sparare? Pur non essendo magistrati si può calcolare un tempo piuttosto breve e soprattutto si dovrebbe, a nostro avviso, dare la precedenza a questi casi nei confronti di altri, perché ne va dell’onorabilità della Benemerita, in questa occasione, e delle forze dell’ordine in generale. Non è un grande incentivo per i tutori della legge – lo abbiamo ribadito già molte altre volte – sapere che, nella stragrande maggioranza dei casi, avendo operato per garantire il rispetto dell’ordine pubblico, essi si debbano trovare poi ad affrontare indagini o processi, anche quando lo svolgersi dei fatti appare chiaro già a una prima sommaria ricognizione.
È chiaro, comunque, che questi uomini e donne delle forze dell’ordine hanno un alto senso del dovere e non badano a questi incidenti gravi di percorso, non dovuti alla loro azione legittima. E li superano pensando che stanno compiendo un servizio nei confronti dei cittadini e dello Stato.