Lo ammetto: non ho ancora capito perché l’Italia abbia puntato le sue carte sul vaccino di Astrazeneca. Ho letto e riletto il capitolo del libro in cui Roberto Speranza ricostruisce la corsa verso il farmaco anti Covid. Ma, a parte l’affermazione che ho riportato anche in un precedente articolo, non ho trovato altro. Il ministro scrive che la grande multinazionale anglo-svedese nel maggio dello scorso anno «era quella nella fase più avanzata della ricerca contro il coronavirus». Perché Astrazeneca «ha un asset importante, in contratto con l’istituto Jenner dell’università di Oxford, che al momento sta ottenendo i risultati migliori». Ecco, l’ex assessore all’Urbanistica di Potenza, momentaneamente incaricato di occuparsi della nostra salute, ha puntato sul farmaco della casa farmaceutica di Cambridge convinto che Astrazeneca fosse più avanti degli altri. È lui stesso ad attribuirsi un ruolo attivo «per convincere l’Europa a giocare la partita» per la soluzione al problema del virus. «Mi metto al lavoro molto presto». «La nostra posizione non può essere l’attesa. Deve essere la proposta, possibilmente la soluzione». Sono tutte frasi sue, del ministro. È lui, Roberto Speranza, che parla al telefono con Jens Spahn, cioè con il suo omologo tedesco. «Con lui ho ormai un rapporto di amicizia e un filo diretto». Pare di vederli, lui e il collega, mentre scelgono le strategie anti Covid. Insieme decidono di chiamare gli altri, cioè il ministro francese e quello olandese, con l’obiettivo di velocizzare la procedura. «In una settimana ci sentiamo tutti i giorni in videocall e costruiamo un’intesa da cui scaturisce un atto formale, l’alleanza per il vaccino firmata da quattro ministri per la Salute europei. È un gesto politico forte, con cui impegniamo i nostri governi a lavorare insieme per dare un vaccino all’intera Ue».
A rileggere ora queste frasi scritte fra settembre e ottobre, prima che la seconda ondata di contagi travolgesse le nostre città e i nostri ospedali, costringendoci di nuovo chiusi in casa e privati della libertà, si capisce una cosa e cioè che la soluzione del problema del virus era in mano di costoro, cioè di Speranza e compagni. I quali, di fronte a una pandemia, cominciarono a preoccuparsi del vaccino e a contattare le case farmaceutiche mesi dopo la diffusione del Covid e molte decine di vittime dopo. «A maggio, siamo ancora fermi». Donald Trump, l’odiato presidente americano, il sovranista Trump come scrive il nostro ministro della Salute, già a metà marzo aveva cercato di comprare il brevetto di un vaccino, mettendo sul tavolo 1 miliardo di dollari. Noi, anzi: Speranza, invece, si trastullava con la «costituzione di un tavolo di ministri europei». Sì, la spiegazione della scelta di Astrazeneca sta nella lentezza delle istituzioni europee, ma anche nella impreparazione e, perfino, nell’ingenuità di quelle italiane. Il ministro del governo Draghi, ma che per oltre un anno lo è stato del governo Conte, dice di aver telefonato all’amico Jens Spahn, con cui ha un filo diretto. Ma l’uomo con cui si è coordinato nel maggio dello scorso anno forse si è dimenticato di dirgli che – mentre trattava con lui per scegliere un vaccino europeo – stava comprando 30 milioni di dosi dalla Pfizer. Ebbene sì, mentre Speranza lavorava insieme al collega «per dare un vaccino all’intera Ue», la Germania comprava le dosi dal concorrente di Astrazeneca.
Tuttavia non c’è solo questo fatto a spiegare l’insostenibilità della posizione dell’uomo che dovrebbe curarsi degli italiani. Sono sempre i tedeschi, quindi Spahn, che, a seguito del decesso di alcune persone, decidono di sospendere l’utilizzo del vaccino del gruppo anglo-svedese. Nessuno ha appurato un nesso tra le morti e il farmaco dell’azienda, ma i tedeschi non ci pensano due volte e, anzi, convincono anche gli altri Paesi a fare altrettanto. In particolare l’Italia. È lo stesso Speranza a rivelarlo. Blocchiamo tutto dopo Berlino. Se prima si diceva ce lo chiede l’Europa, ora – grazie ai rapporti amichevoli fra i ministri – ce lo chiede la Germania.
C’è un piccolo problema: mentre noi grazie all’ex assessore all’urbanistica di Potenza inseguivamo il sogno del vaccino europeo e sceglievamo il più promettente, cioè Astrazeneca, fidandoci di Ursula von der Leyen, i tedeschi oltre a comprare 30 milioni di dosi Pfizer, puntavano sul vaccino Curevac, facendo, alla faccia nostra, i loro affari. La bavarese Wacker a partire da luglio, infatti, produrrà più di 100 milioni di dosi nel suo stabilimento di Amsterdam, ma già sta attrezzandosi per raddoppiare le fiale utilizzando la fabbrica di Nuenchritz, in Sassonia. Capito i tedeschi? L’amico Spahn, che perfino un epidemiologo come Karl Lauterbach ha criticato per la sospensione del vaccino Astrazeneca, con una mano ha stoppato l’azienda anglo-svedese e con l’altra si prepara a dare via libera all’azienda germanica. E noi? Beh, noi confidiamo nell’amicizia di Speranza e nei suoi fili diretti, ai quali speriamo di appenderci. E poi dovremmo credere al ministro della Salute quando ci spiega Perché guariremo.