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AstraZeneca: la storia che dobbiamo raccontare

AstraZeneca: la storia che dobbiamo raccontare

L’editoriale del direttore

Discutere degli effetti collaterali del vaccino contro il Covid, non significa disconoscere l’utilità di un farmaco, ma semplicemente approfondire gli effetti indesiderati. Ecco perché, sull’argomento, Panorama pubblica l’inchiesta del New York Times.


Perché in Italia è difficile parlare di effetti avversi dei vaccini anti-Covid? La scorsa settimana la multinazionale anglo-svedese AstraZeneca ha annunciato il ritiro del suo farmaco in tutto il mondo. Ufficialmente il siero contro il Coronavirus è stato tolto dal commercio perché non più richiesto: conclusa la pandemia sarebbe finita anche la necessità di sottoporsi all’iniezione. Dunque, il gruppo farmaceutico avrebbe detto stop non solo alla produzione ma anche alla vendita. In realtà, le ragioni della scelta sarebbero dovute a ben altro, ovvero a una serie di inchieste giudiziarie in atto a seguito di gravi reazioni avverse, la più nota delle quali in Italia è quella di Camilla Canepa, la ragazza di Chiavari morta qualche giorno dopo la vaccinazione. Casi simili, con strascichi processuali, si sarebbero verificati anche in Gran Bretagna e nel resto del mondo. Dunque, meglio evitare grane e soprassedere alle vendite, facendo sparire il prodotto «incriminato».

Il caso AstraZeneca, con la messa al bando del siero, dovrebbe fornire il motivo per approfondire gli effetti avversi, gravi o lievi che siano. E sebbene, a detta della società farmaceutica, le reazioni indesiderate riguardino una minoranza, pari secondo l’Aifa allo 0,099 per cento del totale, perché non parlarne? Anche lo zero virgola rappresenta pur sempre delle persone che hanno subìto un danno, a volte reversibile altre irreversibile. E su milioni di vaccinati pure una super minoranza è costituita da centinaia se non migliaia di persone. Perché dunque ignorarne le denunce e le richieste di aiuto e di risarcimento? Altrove si parla liberamente di quanto accaduto durante la pandemia e anche della fretta con cui, per evitare altre vittime oltre alle molte già registrate a seguito del contagio, si sono saltate alcune procedure precauzionali prima di mettere in commercio il vaccino. Discutere di ciò che si è verificato, degli effetti collaterali, non significa disconoscere l’utilità di un farmaco, ma semplicemente approfondire gli effetti indesiderati, anche per poter curare chi ha riportato conseguenze avverse. Invece da noi si registra un crescente imbarazzo, soprattutto dopo la pubblicazione dei verbali con cui le autorità sanitarie adottarono alcuni provvedimenti autorizzativi dei vaccini, ma scelsero di minimizzare le possibili reazioni alle iniezioni.

Certo, le raccomandazioni erano dettate dalla necessità di tranquillizzare gli italiani, già terrorizzati per l’alto numero di decessi da Covid, ma è stato giusto tacere, ignorando le possibili conseguenze per quanto percentualmente marginali sul numero di vaccinati? E, soprattutto, è accettabile la decisione di non parlarne ora, continuando a ignorare il problema? Ecco, queste sono le domande che mi sono posto leggendo l’inchiesta realizzata dal New York Times sulle persone colpite dalle reazioni avverse. Stiamo parlando del quotidiano forse più diffuso e letto nel mondo. Un giornale che sotto la testata recita il motto «Tutte le notizie che vale la pena di stampare» e nella sua edizione online da quasi nove milioni di abbonati replica con «Tutte le notizie che vale la pena di cliccare». Leggendo l’articolo sulle reazioni indesiderate mi sono chiesto: perché la Signora in grigio (è il nomignolo del colosso editoriale newyorchese) dedica un grande servizio a questo argomento e in Italia si fa fatica a leggere una riga? Perché chi ha subìto un danno a seguito dell’iniezione in America e in altri Paesi non viene nascosto, ma trova ascolto sugli organi di informazione, e in Italia è difficile parlarne?

Tranne da noi e dal programma di Mario Giordano, coloro che hanno subìto effetti avversi sono trattati come no vax, quasi fossero negazionisti dell’utilità dei vaccini. Nessuno di loro ha rifiutato la vaccinazione, dato che si sono sottoposti all’iniezione, dunque, perché considerarli invasati contestatori della scienza come si è fatto in tutti questi mesi? Le vittime degli effetti collaterali hanno creduto nell’utilità del siero e le reazioni che lamentano non sono frutto di suggestione. Non sono fantasmi, sono persone in carne ed ossa che hanno un problema, spesso grave. Come si fa ad allontanare un uomo ridotto in carrozzella che vuole parlare con l’ex ministro della Salute, Roberto Speranza, trattandolo come un provocatore? Come si può sostenere che la richiesta di cure e risarcimenti sia un’aggressione e faccia schifo? È per questo che ho scelto di pubblicare l’inchiesta del New York Times. Anche per vedere se anche dei giornalisti del quotidiano più venduto al mondo diranno che sono mestatori. E pure per scuotere le coscienze sulle «notizie che vale la pena di stampare». E di leggere.

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