Dichiararsi antifascisti ormai è quasi una moda che non comporta alcuno sforzo, neppure quello di essere democratico e di rispettare il voto degli italiani.
Quando ero studente, cioè all’incirca mezzo secolo fa, si scioperava a prescindere, nel senso che ogni scusa era buona per saltare le lezioni, fosse anche una giornata solidale con il Fronte Polisario, organizzazione che combatteva per l’indipendenza del Sahara Occidentale. Ma che io ricordi, a nessuno è mai venuto in mente di scioperare per protestare contro un risultato elettorale. La Costituzione dice che la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti consentiti. Articolo uno. Dunque, che cosa c’è di più democratico di un voto? Ma ai ragazzini del liceo Manzoni di Milano, che gli italiani abbiano deciso di votare a favore di Fratelli d’Italia non va giù e dunque denunciano il pericolo di un ritorno del fascismo con la stessa malcelata noncuranza con cui lo fanno alcuni giornalisti stranieri, ai quali basta parlare di destra per far scattare alcuni meccanismi pavloviani che l’accoppiano immediatamente alla dittatura, ai manganelli e alle camicie nere di Benito Mussolini. È vero, non tutti i Paesi d’Europa hanno avuto il fascismo, ma in tutti esistono dei movimenti di destra che qualche volta vincono le elezioni e quando succede non si pensa automaticamente a un regime antidemocratico. Il loro successo può piacere oppure no, ma nessuno occupa le scuole per protesta. Dalla Marcia su Roma sono passati cento anni e oggi sarebbe impensabile qualche cosa di simile, perché la storia sarà anche maestra di vita, come recitavano un tempo i sussidiari, ma non si ripete mai due volte allo stesso modo.
Gli studenti del Manzoni, di cui ho ascoltato le banali motivazioni, tuttavia sono in buona compagnia e dimostrano di avere la stessa allergia alla democrazia parlamentare di fior di artisti e perfino di qualche scrittore. Come Roberto Saviano, il quale in vista della possibile vittoria di Giorgia Meloni si era affrettato a parlare da esule, pronto con la valigia in mano, salvo poi fare ciò che hanno fatto altri nel passato, quando si dichiararono pronti all’espatrio in caso di successo di Silvio Berlusconi, ma rimasero perché in nessun altro posto come da noi avrebbero avuto garantito un diritto di tribuna. Più dell’autore di Gomorra però, mi ha colpito un tweet di Francesca Michielin. Costei è una cantante che un paio di volte ha sfiorato la vittoria al Festival di Sanremo. Scoperta 11 anni fa in una trasmissione condotta da Simona Ventura, ora ne conduce una in veste di esperta. Ma più che dai suoi gorgheggi, sono stato attratto dal suo pensiero sulle elezioni. Nel messaggio di commento, la Michielin ha infatti parlato di resistenza, scomodando con la stessa noncuranza dei ragazzi del Manzoni la lotta di Liberazione. Davvero la conduttrice di XFactor pensa che sia giunta l’ora di nascondersi sui monti e di organizzarsi in bande clandestine per combattere i nazifascisti? Sa di quel che parla oppure è alla ricerca di un facile consenso fra chi di fascismo non sa nulla eppure ne denuncia il pericolo? Purtroppo, come spesso accade, temo che la risposta sia la seconda. Dichiararsi antifascisti ormai è quasi una moda che non comporta alcuno sforzo, neppure quello di essere democratico e di rispettare il voto degli italiani. Che cosa c’è di più antidemocratico e fascista di minacciare una rivolta perché non si accetta un risultato elettorale?
Degli studenti del Manzoni, della Michielin e dei vari Saviano, mi ha colpito la sproporzione tra le loro parole e la realtà. In particolare, mentre un regime – questo sì fascista anche se non fa uso di labari e camicie nere – sta massacrando il suo popolo. Già, mentre si indignano e promettono una resistenza nei confronti di una giovane donna che ha vinto le elezioni, a nessuno di questi presunti resistenti viene voglia di scioperare o di partire per sposare la causa delle ragazze di Teheran, uccise perché rifiutano di indossare il velo, di nascondere la loro bellezza e la loro gioventù con un lenzuolo. Certo, combattere un regime oscurantista come quello degli ayatollah costa fatica e, se lo si fa in Iran, anche il rischio di finire in galera o al camposanto. Dunque, meglio twittare o occupare in Italia. Meglio dire, come ha fatto un’influencer milanese, che è ora di farla finita con gli anziani che votano a destra (e con i giovani che hanno scelto Meloni, che facciamo?), impedendo loro di votare, anzi magari togliendo loro ogni diritto, compreso quello alla pensione. Sì, molto meglio prendersela con il fascismo immaginario nelle proprie case borghesi e nei locali alla moda, che poi a tranquillizzarci e proteggerci pensa la nostra democrazia, quella per cui i veri partigiani hanno combattuto e rischiato la vita.