Home » Attualità » Opinioni » Ambulanti senza sostegni

Ambulanti senza sostegni

Ambulanti senza sostegni

Chi lavora nei mercati all’aperto, in quest’anno di pandemia non ha ricevuto alcun vero aiuto economico. Con questa denuncia Paolo Del Debbio inizia la sua rubrica su Panorama.


Il presidente Mario Draghi aveva parlato all’inizio di due urgenze. Accelerare la vaccinazione e contribuire alla ripresa economica. Non ci occupiamo qui del primo obiettivo perché è sotto gli occhi di tutti la lentezza con cui procede. E meno male che era il primo obiettivo. Ma occupiamoci del secondo, la ripresa economica. Le scene pietose che abbiamo visto in Parlamento in questi giorni, nella maggioranza, a proposito dei cosiddetti sostegni, oltre a essere grave in generale, è inconcepibile in questo momento nel quale, più che in ogni altro, dal dopoguerra a oggi, sarebbe richiesta velocità di intervento, consistenza dell’intervento e semplicità di accesso da parte di imprese e famiglie ai prestiti o ai fondi perduti messi a disposizione.

Così non è avvenuto e così non sta avvenendo. Per carità, Draghi è lì da poco più di un mese ma, a oggi, non sembra avere impresso quella accelerazione che tutti ci aspettavamo e continuiamo ad aspettarci. Vogliamo concentrarci però su una categoria specifica, perché a volte concentrarsi sul particolare ci fa capire meglio anche la questione generale. Si tratta dei venditori ambulanti, una categoria che si sente completamente abbandonata e ha motivi fondati di sentirsi tale. A causa del lavoro televisivo abbiamo avuto modo – l’ho avuto anch’io personalmente – di frequentare ogni settimana i mercati, di farmi una conoscenza adeguata dei problemi ascoltando i diretti interessati, cosa che non molti dei rappresentanti istituzionali hanno fatto.

Centoventitremila venditori ambulanti significano almeno 600.000 famiglie, il che vuol dire almeno due milioni di persone, dunque non stiamo parlando di poca cosa. Ma a parte il numero degli ambulanti, e di coloro che vivono grazie al lavoro degli ambulanti, questi signori che si alzano in media alle quattro del mattino e vanno a dormire non prima delle 10 di sera svolgono un ruolo importante per la parte meno ricca del Paese, e in particolare per le persone più anziane. Per tutte quelle che non possono permettersi né il negozio al dettaglio né, tanto meno, il centro commerciale. Che nella maggior parte dei casi non sanno neppure come raggiungere. Vanno al mercato degli ambulanti perché risparmiano, si fidano, passano un po’ di tempo in un luogo piacevole. Qualche cervellone potrebbe dire: «Ma che motivi sono questi per occuparsi di una categoria?». La domanda è talmente cretina che rispondere significherebbe abbassarsi al loro livello e diventare automaticamente come loro. Evitiamo.

Gli ambulanti avevano proposto al governo, da tempo, vari protocolli di sicurezza: soprattutto controlli all’ingresso e contingentamento dei consumatori nei luoghi di vendita; avevano anche suggerito una sorta di autotassazione per circoscrivere la zona e porre all’ingresso personale che ne regolasse il flusso. Risposta: nessuna. La sorte peggiore è toccata a coloro che non vendono generi alimentari, ritenuti non di stretta necessità. Per esempio quelli che vendono l’abbigliamento, le scarpe o tutto ciò che serve per l’igiene domestica e personale. Ma perché, pur avendo indicato misure per il distanziamento sociale, non è stato concesso a chi frequenta i mercati di continuare ad accedere a ciò che per loro risulta essenziale, e offerto a un prezzo conveniente alle loro tasche? Solo chi vive lontano dalla realtà non conosce l’importanza del mercato all’aperto dagli ambulanti.

Ebbene nell’arco di un anno, al massimo, sono stati dati due volte 600 euro, e un’altra volta 2.000, il che fa 3.200 euro in 12 mesi. Qualcuno è arrivato un po’ più su e qualcun altro per fortuna, come in Piemonte e in Toscana, ha usufruito di un contributo a fondo perduto: nel primo caso, 1.500 euro per i non alimentari e 500 euro per gli alimentari; nel secondo caso, 1.500 euro. Certo meglio che nulla, è lodevole l’impegno delle Regioni.

La domanda è: cosa prevedono i nuovi sostegni a proposito di questa categoria? Altra domanda: non la si ritiene degna di attenzione in quanto formata da imprese piccole o piccolissime? Si pensa, forse, che queste imprese sull’orlo del fallimento, quando non già fallite, non siano di interesse e sia dunque inutile investire soldi a loro favore? Vedremo. Nel frattempo, per esperienza personale, abbiamo conosciuto la sofferenza, la durezza e l’angoscia dei rappresentanti di questa categoria. Per il ruolo economico, ma anche sociale che svolgono, meriterebbero un grande rispetto.

© Riproduzione Riservata