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I Sì vax allergici ai vax

I Sì vax allergici ai vax

Non sono contrari a immunizzarsi contro il virus. Anzi, si proteggerebbero volentieri. Ma sono ipersensibili a qualche farmaco. E, nei giorni scorsi, la notizia di alcune reazioni anafilattiche al vaccino anti-Covid li ha messi in allarme. Allungare il braccio per l’iniezione o astenersi?


Una manciata di casi su oltre 10 milioni di somministrazioni al mondo. Una decina di persone che, offrendo il braccio per l’iniezione anti Covid-19, hanno avuto reazioni allergiche gravi (tutte risolte). Chi è allergico a qualche sostanza però, che siano farmaci, pollini o alimenti, non vede i milioni di «immunizzati e contenti», ma solo quei pochi casi di pericolo. Se non sopporto l’antibiotico, se non tollero il sedano rapa, se il mio nemico è l’acaro, chi mi assicura che quell’ago che mi inocula un vaccino, oltretutto nuovo, non faccia andare in tilt il mio sistema immunitario?

Dubbi che, anche in chi non condivide nessuna delle furibonde avversioni no-vax, e il vaccino vorrebbe farlo, sono comprensibili. E non facili da superare. Intanto, chiariscono gli esperti, non tutte le allergie valgono uguale. Ossia, non tutte rappresentano un fattore di potenziale aumento del rischio. Escano dalla lista dei timorosi gli ipersensibili ai pollini, alla polvere, agli alimenti. Comprese le uova: i vaccini moderni, come quelli contro il Sars-Cov-2, non si fanno più iniettando un virus vivo attenuato nelle uova di gallina, tecnologia «vecchio stile».

Sono allergie, queste, non problematiche se parliamo di vaccini. «Sono anche molto comuni nel mondo occidentale, con livelli altissimi nei bambini. Per vari motivi: ambienti troppo igienizzati, e al tempo stesso troppo inquinati. Ma se tutte queste categorie dovessero essere escluse dalla vaccinazione, resteremmo in pochi» riflette Andrea Cossarizza, docente di patologia e immunologia all’Università di Modena e Reggio Emilia. Concentriamoci su chi ha qualche allergia ai farmaci, aspirina, statine, antibiotici, per esempio. Devono stare alla larga dai centri dove, nei prossimi mesi, andremo a farci immunizzare? Non è affatto detto. Intanto perché, come spiega Enrico Heffler, allergologo e immunologo clinico di Humanitas e docente di Humanitas University, «nel 99 per cento dei casi chi ha una diagnosi accertata di allergia a un farmaco lo è al suo principio attivo, e non a quello di altri. E mentre le allergie ai medicinali sono abbastanza comuni, quelle ai vaccini sono estremamente più rare».

Nel caso di Pfizer, «imputato» di aver innescato una reazione immunitaria eccessiva, fino allo shock anafilattico (in tre pazienti, due inglesi e una donna in Alaska) è un particolare eccipiente, il Peg. Non c’entra nulla, per chiarire, l’Rna messaggero alla base del vaccino (utilizzato anche in quello di Moderna): l’mRna è l’acido ribonucleico che, a mo’ di taxi, veicola le istruzioni affinché il sistema immunitario riconosca e combatta il virus; ma, essendo inerte, non può scatenare alcuna reazione allergica.

Il Peg, invece, simpatica sigla che sta per «glicole polietilenico», in pratica un polimero, potrebbe averci messo lo zampino. Contenuto in diversi farmaci e nei vaccini, compreso quello di Moderna (il prodotto di AstraZeneca contiene una molecola molto simile, il Polisorbato 80), è l’unico eccipiente noto a poter dare potenziali problemi di questo tipo. «Secondo gli ultimi report, sarebbe stato il Peg ad attivare l’iperproduzione di anticorpi, le immunoglobuline E, che danno il via alla sensibilizzazione allergenica» precisa Heffler. «Essere allergici al Peg però è alquanto raro, sia nei farmaci che nei vaccini. Può succedere, certo, ma si tratta di casi aneddotici».

Sfortuna ha voluto che i primi due-tre casi di ipersensibilità al Peg (in due pazienti che giravano con l’adrenalina in tasca perché avevano storie pregresse di shock anafilattico) siano avvenuti dopo un giorno solo di vaccinazione, e sotto gli occhi di tutto il mondo, dando il via a una sarabanda di commenti ostili.

Detto tutto ciò, chi è allergico a un qualsiavoglia farmaco, alla fine, che deve fare? Essersi edotto sul Peg ne ha certo arricchito la cultura generale, ma i suoi dubbi non sono evaporati. Pronto a tollerare eventuali effetti collaterali (il ponfo sul braccio, un po’ di mal di testa, qualche linea di febbre) lo è molto meno a sentirsi gonfiare la gola e rischiare la pelle.

In Europa l’Ema e, in Italia, l’Aifa (le due autorità per la sicurezza e l’approvazione dei medicinali) non sconsigliano affatto l’immunizzazione a chi ha precedenti storie di allergie farmacologiche, piuttosto consigliano, fortemente, di fare un percorso medico per minimizzare le incognite. «Direi che ci sono due tipologie di pazienti: chi sa di essere allergico a uno specifico farmaco ha già fatto una serie di test, il suo problema quindi è rappresentato dal principio attivo di un antibiotico, per fare un esempio, o dell’aspirina, e non dal Peg» chiarisce Heffler. «Poi ci sono quelle persone che hanno avuto in precedenza qualche reazione di questo genere, ma senza ricevere una diagnosi, e il discorso vero secondo me sta qui».

Chi vive nel limbo di un’allergia sospetta ma non ancora identificata dovrebbe, prima del vaccino (e se il ritmo è questo, ha tutto il tempo del mondo), rivolgersi a un centro di allergologia per completare un percorso diagnostico. E capire, dopo una serie di test accurati, che cosa, esattamente, non tollera. In Italia, le due principali società allergologiche, la SIAAIC e l’AAIITO, hanno dato la loro disponibilità per offrire consulenza, accoglienza, o per vaccinare, quando sarà il momento, le persone «con pregressi episodi di grave reazione allergica ai farmaci o affette da mastocistosi, una malattia rara a rischio di anafilassi» fa sapere Riccardo Asero, Presidente dell’AAIITO. Si tratta di numerosi centri su tutto il territorio. E anche parecchi ospedali (tra cui l’Humanitas) si stanno attrezzando proprio in questo senso.

In ogni caso, quando arriverà il proprio turno, il «medico iniettore», entità ancora non definita (potrebbe essere quello di famiglia, della Asl, dei centri Primula, di un ospedale, di un ufficio d’igiene) raccoglierà l’anamnesi del paziente: in pratica, la sua storia clinica, a partire da eventuali allergie. Ogni ambulatorio comunque, non solo i centri allergologici o gli ospedali, ha cortisone e adrenalina a portata di mano: il kit di emergenza di base, insieme ad altri farmaci salvavita. «Ce l’ha qualsiasi medico di base nel proprio studio, ce l’avranno sicuramente anche i punti di raccolta del vaccino. Ogni vaccinazione, del resto, è sempre fatta in ambiente protetto» afferma Cossarizza.

Se non vi fidate, chiedelo alla prossima visita dal medico di base. In genere li tengono in frigo, ma non è detto, dipende dal tipo di formulazione. E, dopo l’iniezione, si aspettano 15-20 minuti proprio per verificare che non ci siano reazioni di tipo avverso. Nel caso di persone con allergie accertate ai farmaci, questo tempo diventa almeno il doppio. Chi poi dovesse avere una reazione, anche non grave, al vaccino, si fermerà alla prima somministrazione. «Certo non farà il richiamo. Qualche anticorpo l’avrà sviluppato, ma a proteggerlo sarà l’immunità di gregge» conclude Cossarizza. Ammesso che quest’ultima, tra dubbi e incertezze di vario tipo, arrivi ad almeno il 70 per cento della popolazione italiana.

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