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La storia del Rock raccontata attraverso le cover dei dischi

La storia del Rock raccontata 
attraverso 
le cover 
dei dischi

L’estro di artisti come Jean-Michel Basquiat, Banksy, Andy Warhol e Keith Haring. L’obiettivo di maestri dello scatto come Robert Mapplethorpe. Aneddoti, fotografi, designer: ecco come sono nate le immagini dei vinili più ascoltati al mondo.


Capolavori che non hanno nulla da invidiare a quelli esposti nei musei: sono anche questo le copertine dei dischi che hanno raccontato per immagini la storia del rock.

Un concentrato fenomenale di intuizioni visive, musica e design, in altre parole, forma che diventa sostanza e, a volte, vive nell’immaginario collettivo per sempre grazie alla potenza di una cover. Come il prisma dei Pink Floyd immortalato su The Dark Side of the Moon, una visione universalmente nota anche a chi il disco non lo ha mai ascoltato.

Rock Covers, edito da Taschen, raccoglie in oltre 500 pagine le immagini di 750 copertine che hanno definito la storia del rock, guardando soprattutto all’era del vinile che, per evidenti ragioni di formato, era e resta il luogo privilegiato dove fotografi, designer e artisti hanno dato libero sfogo alla loro creatività. Da Jean-Michel Basquiat a Banksy, da Andy Warhol a Keith Haring.

Insieme a loro, un mondo di professionisti dell’arte e della comunicazione visual (coinvolti e intervistati nel libro) che hanno avuto e hanno un ruolo fondamentale sull’esito finale di quella scatola magica di suoni, emozioni e parole che sono i dischi.

Tutto quello che avreste voluto sapere su  10 copertine cult

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Bitches Brew, album del 1970 di Miles Davis (www.taschen.com)

Miles Davis – Bitches Brew – 1970

Un’opera d’arte come cover dell’album simbolo della contaminazione tra jazz e rock. L’autore è il pittore surrealista di origini tedesche Malti Klarwein che per realizzarla utilizzò la «mischtechnik», un metodo basato sulla stratificazione di tempere e colori ad olio.

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Sergeant Pepper’s Lonely Hearts Club Band. The Beatles, 1967 (www.taschen.com)

Beatles – Sgt Pepper’s Lonely Hearts Club Band – 1967

Il capolavoro, vincitore di un Grammy, realizzato dai due pop artist John Haworth e Peter Blake: i Fab Four circondati da attori, scrittori, poeti e musicisti scelti da Lennon, McCartney e Harrison. Da Oliver Hardy (Ollio) a James Joyce e Marilyn Monroe…

Sono un mondo le copertine dei 33 giri, un mondo in cui convivono lampi geniali e bruttezze inenarrabili. Alla prima categoria appartiene la celeberrima e sessualmente esplicita banana di Warhol (sbucciabile attraverso una pellicola adesiva) che compare sul primo disco dei Velvet Underground; alla seconda, l’immagine che accompagna The Beatles Yesterday And Today, con i Fab Four costretti in camici da macellai, ricoperti di bambole fatte a pezzi e tranci di carne bovina. Un orrore ritirato dai negozi dopo 24 ore e che adesso è uno dei pezzi più pregiati nel fiorente mercato dei collezionisti seriali.

Rischiò di non arrivare nei negozi proprio a causa della cover Nevermind dei Nirvana uno dei dischi rock più ispirati e venduti di sempre. Come rivela Rock Covers, l’inquadratura subacquea del piccolo Spencer di tre mesi, nudo, che nuota verso un dollaro agganciato a un amo da pesca in una piscina, preoccupò non poco la casa discografica.

Ma Kurt Cobain, rispetto all’ipotesi di aggiungere alla cover un mini adesivo per coprire i genitali del bimbo, disse poche ma chiare parole: «Se ti senti offeso da questo, devi proprio essere un pedofilo nascosto».

Non solo voli pindarici e intuizioni d’artista: a volte le cover sono anche cronaca, come dimostra il volto allucinato e spiritato di Charles Manson che compare sul suo primo e, per fortuna, unico disco. Un’immagine che riflette la personalità malata e disturbata di questo pseudo guru che nel 1969 orchestrò una serie di omicidi efferati, eseguiti da un gruppo di seguaci del suo culto, noto come La Famiglia (la vicenda è uno dei temi portanti dell’ultimo film di Quentin Tarantino, C’era una volta Hollywood). Tra le vittime, l’attrice Sharon Tate, moglie del regista Roman Polanski.

Prima di commissionare bagni di sangue, Manson aspirava a diventare un cantautore folk. Peccato non possedesse alcun talento musicale oltre ad avere una voce terribile. Così, del suo inutile quanto inascoltabile 33 giri resta solo la copertina. Che non è un’opera d’arte, ma dice tutto di lui.

Come afferma Rock Covers, spesso le immagini delle copertine dei dischi sono opere d’arte a se stanti, visivamente stupefacenti indipendentemente «dalla musica che avvolgono». Ma gli autori spiegano anche: «Un sentimento universale provato dagli individui legati per sempre a determinate copertine è l’importanza che anche l’immagine più banale può avere quando è accoppiata con una fenomenale registrazione».

A un certo punto sembrava che la musica digitale avrebbe ucciso i dischi. Ma non è stato così. Lo streaming dei brani non fa partire la scintilla mentale, quella connessione con l’artista che solo l’immagine della custodia del vinile riesce a trasferire.

La conclusione del volume può sembrare lapalissiana, ma racconta ciò che ognuno di noi pensa quando sceglie un vinile da appoggiare sul piatto: «È veramente difficile pensare al proprio disco preferito senza evocare mentalmente la sua copertina».

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