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Migranti: così la crisi può cambiare il volto dell’Europa

Migranti: così la crisi può cambiare il volto dell’Europa

Juncker apre alla flessibilità del patto di stabilità, ma la paura dell’immigrazione può stravolgere gli assetti politici dell’Unione

Migranti: così la crisi può cambiare il volto dell’Europa
EPA/ANTONIO BAT

Rifugiati al confine fra Serbia e Croazia, a Berkasovo, Serbia, 25 settembre 2015

Migranti: così la crisi può cambiare il volto dell’Europa
EPA/ANTONIO BAT
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Rifugiati al confine fra Serbia e Croazia, a Berkasovo, Serbia, 25 settembre 2015

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Migranti in Croazia in transito vero Ungheria e Slovenia, nei pressi di Tovarnik, 20 settembre 2015

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EPA/KOCA SULEJMANOVIC

Migranti in arrivo dalla Macedonia alla stazione di Begrado, Serbia, 20 settembre 2015

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EPA/GYORGY VARGA

Rifugiati nei pressi di Zakany, Ungheria, sul confine con la Serbia, 20 settembre 2015

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Migranti in Croazia in transito vero Ungheria e Slovenia, nei pressi di Tovarnik, 20 settembre 2015

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Migranti in Croazia in transito vero Ungheria e Slovenia, nei pressi di Tovarnik, 20 settembre 2015

Migranti: così la crisi può cambiare il volto dell’Europa

Un’immagine diffusa da Oxfam Italia che documenta la gravità dell’emergenza migranti, sempre più prossima al collasso, Roma, 18 Settembre 2015. ANSA/ US/ OXFAM +++ ANSA PROVIDES ACCESS TO THIS HANDOUT PHOTO TO BE USED SOLELY TO ILLUSTRATE NEWS REPORTING OR COMMENTARY ON THE FACTS OR EVENTS DEPICTED IN THIS IMAGE; NO ARCHIVING; NO LICENSING +++

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Ansa/Quotidiano del Sud

Un gruppo mi migranti africani accolti nei centri della Calabria.

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Jeff J Mitchell/Getty Images

Bambini rifugiati a Belj Manastir, vicino al confine ungherese, Croazia, 18 settembre 2015

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Bambini rifugiati a Belj Manastir, vicino al confine ungherese, Croazia, 18 settembre 2015

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Migranti al confine fra la Turchia e la Grecia a Edirne, 18 settembre 2015

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Migranti al confine fra la Turchia e la Grecia a Edirne, 18 settembre 2015

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Migranti al confine fra la Turchia e la Grecia a Edirne, 18 settembre 201

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Bambini rifugiati a Belj Manastir, vicino al confine ungherese, Croazia, 18 settembre 2015

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ANSA/ WEB/ WIKILAO

Un frame tratto da un video fatto circolare nei canali legati all’Isis – e rintracciato sulla rete dal sito Wikilao – in cui si invitano i profughi a tornare nei loro Paesi, Roma, 18 Settembre 2015.

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RIfugiati in Croazia, a Beli Manastir, 18 settembre 2015

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Migranti a un passaggio di frontiera fra Serbia e Croazia, vicino a Tovarnik, Croazia, 17 settembre 2015

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Ahmet Sik/Getty Images

Horgos, confine tra Serbia e Ungheria: la polizia ungherese colpisce con getti d’acqua i migranti che tentano di varcare il confine, 16 settembre 2015.

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Ahmet Sik/Getty Images

Horgos, confine tra Serbia e Ungheria: la polizia ungherese colpisce con getti d’acqua i migranti che tentano di varcare il confine, 16 settembre 2015.

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EPA/TAMAS SOKI HUNGARY OUT

Horgos, confine tra Serbia e Ungheria: la polizia ungherese colpisce con getti d’acqua i migranti che tentano di varcare il confine, 16 settembre 2015.

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Rifugiati a Nickelsdorf, Austria, 15 settembre 2015

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Franco Origlia per Panorama

Venezia accoglie le proteste pro-migranti. Venezia, 11 settembre 2015

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Militari ungheresi al confine con la Serbia vicino Roszke, 180 chilometri a sudest di Budapest, 13 September 2015.

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Militari ungheresi al confine con la Serbia vicino Roszke, 180 chilometri a sudest di Budapest, 13 September 2015.

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Militari ungheresi al confine con la Serbia vicino Roszke, 180 chilometri a sudest di Budapest, 13 September 2015.

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Militari ungheresi al confine con la Serbia vicino Roszke, 180 chilometri a sudest di Budapest, 13 September 2015.

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Militari ungheresi al confine con la Serbia vicino Roszke, 180 chilometri a sudest di Budapest, 13 September 2015.

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Militari ungheresi al confine con la Serbia vicino Roszke, 180 chilometri a sudest di Budapest, 13 September 2015.

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ANGELOS TZORTZINIS/AFP/Getty Images

Una bimba rifugiata siriana sulla spiaggia dell’isola di Lesbo dove è arrivata dopo aver attraversato su un baracone il mare Egeo

Le paure per l’immigrazione, la paralisi dei governi, la sottintesa preoccupazione per la svolta populista in Polonia: è allarme rosso nei palazzi di Bruxelles.

Proclami e promesse

E, due giorni dopo l’irrituale minivertice di domenica scorsa convocato da Jean-Claude Juncker a Bruxelles, ieri davanti al Parlamento europeo a Strasburgo sono finite sotto accusa le cancellerie, che “fanno proclami e non mantengono le promesse”, come sottolinea il presidente dell’Eurocamera Martin Schulz mentre il presidente della Commissione rivendica che “non meritiamo critiche”.

La sfida

La crisi dei migranti è “la sfida più grande da decenni” per l’Unione europea. Ha “il potenziale per cambiarla” nel profondo e persino “per distruggere conquiste come la libera circolazione del trattato di Schengen”. Ma, “pericoloso assoluto, può creare cambiamenti tettonici nel panorama politico europeo”, cambiamenti “che non saranno per il meglio”.

È stato con toni apocalittici che il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, ha aperto ieri il dibattito davanti alla plenaria sull’emergenza dei rifugiati e dell’immigrazione. L’ex premier polacco ha aggiunto anche l’allarme per “la nuova ondata” da altri almeno centomila rifugiati provocata dai bombardamenti russi in Siria e dall’offensiva di Bashar al Assad su Aleppo.

Flessibilità del Patto di stabilità

Toni cupi usati anche da Schulz, che ha affermato di essere uscito “uscito molto preoccupato” dal vertice di domenica, svoltosi “in un clima spettrale” e dal quale “è emerso in modo brutale il carattere allarmante della situazione di decine di migliaia di migranti sulla rotta balcanica”: con l’arrivo dell’inverno “rischiamo la catastrofe umanitaria”.

E Juncker ha calcato la mano. Se da una parte ha aperto alla flessibilità del Patto di stabilità per le spese aggiuntive dei governi, purché dimostrate, dall’altra li ha martellati. Dopo aver approvato nei summit il piano per ridistribuire 160.000 richiedenti asilo, solo nove paesi hanno dato finora disponibilità per accogliere appena 700 rifugiati da ricollocare da Italia e Grecia.

Impegni concreti

Ed anche per gli impegni economico-finanziari ad essere indietro non è la Ue. “Il divario tra le promesse e la realtà deve essere colmato, altrimenti perdiamo la nostra credibilità”, ha avvertito sottolineando che rispetto all’impegno sottoscritto il 22 settembre “mancano ancora 2,3 miliardi” da parte dei governi che “tutti insieme hanno messo finora 483 milioni”. Invece al vertice della Valletta con l’Africa l’11 novembre “dobbiamo arrivare con le tasche piene di promesse ma anche di impegni solidi”. Così come, ha insistito, le capitali più riottose faranno bene a rassegnarsi: “Piaccia o meno, con la Turchia dobbiamo cooperare”. La condizione è tirare fuori “tre miliardi”. (ANSA).

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