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Miele Manuka: perché spendere 240 euro per averlo non ha senso

Miele Manuka: perché spendere 
240 euro per averlo non ha senso

È un miele talmente pregiato che viene venduto in farmacia o anche online, a prezzi proibitivi. Perché, a quanto pare, possiede fantastiche proprietà antibatteriche. Ma è vero solo in parte, e in casi molto particolari. Per il resto, vanta un curriculum «gonfiato». Al netto dei (tanti) prodotti contraffatti.


Quello da 500 grammi, con una concentrazione di principio attivo a 400+, ve lo portate a casa – acquistato online, in farmacia o erboristeria – per 84 euro. Se, presi dall’entusiamo, scegliete la confezione da 900 grammi (500+) ne spenderete 240. Certo, optando per il modello da supermercato (non in tutti si trova, però) c’è pure quello a «soli» 16 euro, anche se il vasetto è piccolo e la gradazione si ferma a 250+.

Ma si sa, è il miele di Manuka, color oro e quasi altrettanto prezioso. Costa come il fuoco perché sarebbe un elisir di salute e prevenzione, formidabile antibatterico, capace di tener lontana una serie assortita di infezioni, da quelle respiratorie a quelle urinarie, passando per stomatiti, gengiviti, psoriasi; e persino, così si legge, il rischio di tumori.

Rispetto agli altri mieli, tutti blandamente antimicrobici, questo insomma appare come una sorta di super eroe. E il prezzo elevato dipende, oltre che dalle sue decantate virtù, anche dal fatto che è raro: cresce solo in Nuova Zelanda e Australia occidentale, prodotto unicamente da una pianta, l’albero Manuka appunto. In quei due Paesi, dove le esportazioni sono cresciute del 35 per cento negli ultimi anni (innescando centinaia di furti di alveari, come denunciano gli apicoltori neozelandesi) è persino partita una guerra «economica» su chi ha il diritto di sfruttarne il nome.

Abituati alla nutriceutica (la scienza che utilizza gli alimenti in chiave preventiva o terapeutica) non ci viene in mente di dubitare dei suoi benefici. Eppure dovremmo. La domanda, come scrive sul sito di Medium Sam Westreich, genetista e bioinformatico alla Silicon Valley, è se questo miele monofloreale «è una cura per qualsiasi malattia o una mezza bufala». E, soprattutto, se vale la pena svuotare il portafoglio per procurarselo. Ecco, non che il nuovo nettare degli dèi sia una completa leggenda metropolitana, ma il suo curriculum appare come minimo «truccato». Dentro contiene tre ingredienti principali: la molecola Dha, un composto zuccherino; la leptosperina, una sostanza chimica naturale; e discrete concentrazioni di Mgo (Metilglossale), l’antibatterico di cui è particolarmente dotato.

L’unica sua proprietà scientificamente accertata però è nella terapia antimicrobica delle ferite e infezioni cutanee, soprattutto in caso di batteri resistenti agli antibiotici. Chiarisce Elena Dogliotti, biologa nutrizionista e supervisore scientifica della Fondazione Veronesi: «Il miele di Manuka funziona, a livello topico, come disinfettante e stimolante del sistema immunitario intorno a ferite o in ustioni che possono dare facilmente infezioni. Esistono preparati già pronti, come garze imbevute o bendaggi, approvati a livello europeo ma utilizzati più che altro negli ospedali inglesi».

Sì, ma tutto il resto? Lo scudo contro bronchiti, polmoniti, cancro? Qui entriamo nel campo fantasioso del marketing di un prodotto di moda. Se il valore aggiunto del Manuka è reale nei confronti di determinati ceppi batterici contro cui i farmaci non hanno più potere, l’azione generica dei suoi flavonoidi e antiossidanti (anche se contenuti in misura maggiore rispetto agli altri tipi di miele) è stata finora stabilita soltanto in vitro, su colture cellulari. «Certo, in un’epoca dove sempre più agenti patogeni sono resistenti agli antibiotici, avere un’arma in più, oltretutto naturale, può essere senz’altro utile» continua Dogliotti. «Prima però occorre capire se siamo effettivamente in presenza di un’infezione sostenuta da quei batteri contro cui agisce il miele di Manuka. Il resto sono speculazioni».

A partire dalle sue presunte virtù antitumorali: puro nonsense. Con un’incognita in più, oltretutto. Se il Manuka è così raro, com’è che lo si trova ovunque, dalle farmacie ai negozietti bio, e online ce n’è un assortimento a dir poco sontuoso? Non sarà un po’ come il tartufo, che è sempre «di Alba» anche sulle bancarelle dei più improbabili mercatini? Quanti tartufi potrà mai avere una cittadina come Alba? E quanti alberi di Manuka ci saranno in Nuova Zelanda e Australia per sostenere così tante richieste in mezzo mondo? Il rischio di contraffazione, o di sedicenti mieli di Manuka annacquati con altri cugini meno «nobili», è del tutto reale. Soprattutto in rete. «Se proprio lo si vuole comprare, si vada almeno su canali qualificati che offrono certificazioni sicure e garantiscono prodotti che contengono la concentrazione indicata» conclude Dogliotti.

Piace l’idea di prendersi cura di sé con il miele? Senza cercare l’impossibile, quello di acacia resta uno dei migliori, così come eucalipto o timo (almeno per mal di gola e raucedine); e poi ci sono i più sfiziosi al rododendro, al corbezzolo, alla lavanda… Tenendo comunque presente che, alla fine, come tutti i prodotti ricchi di zucchero, anche il consumo di miele va contenuto, diciamo un cucchiaino al giorno. Ma quel cucchiaino, sia pure con tutti i suoi amabili polifenoli, che differenza potrà davvero mai fare per la nostra salute?

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