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Leone XIV riesuma l’archeologia cristiana come strumento di ecumenismo e diplomazia culturale

Leone XIV riesuma l’archeologia cristiana come strumento di ecumenismo e diplomazia culturale

Leone XIV celebra il centenario del Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, definendo lo studio dei monumenti paleocristiani uno strumento per l’unità ecclesiale e le radici europee

Ieri 11 dicembre, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico vaticano, Papa Leone XIV ha ricevuto docenti e studenti del Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana in occasione del centenario della sua fondazione. Un anniversario che il Pontefice ha celebrato pubblicando una Lettera apostolica dedicata all’importanza dell’archeologia cristiana, disciplina che studia i monumenti dei primi secoli del Cristianesimo.

Esattamente cento anni fa, Pio XI istituiva l’Istituto con il Motu proprio I primitivi cemeteri, affidandogli la missione di formare «giovani volenterosi, di ogni paese e nazione» allo studio scientifico delle antichità cristiane. Accanto alle catacombe, il documento papale menzionava le basiliche romane con i loro mosaici, le iscrizioni, le sculture e la suppellettile liturgica, riconoscendo l’eredità di pionieri come Giovanni Battista de Rossi e Antonio Bosio.

La dignità scientifica di una disciplina

Nel suo discorso, Leone XIV ha rivendicato la specificità dell’archeologia cristiana, dotata di un proprio «statuto epistemologico» definito da precise coordinate cronologiche, storiche e tematiche. Una disciplina autonoma che, osserva il Papa, in alcuni contesti viene erroneamente assorbita nell’archeologia medievale, perdendo così la propria identità scientifica.

L’archeologia cristiana non è semplice studio di reperti antichi, ma esplorazione delle radici della fede attraverso testimonianze materiali che raccontano la vita delle prime comunità credenti.

Radici comuni per una Chiesa unita

Il cuore del messaggio pontificio risiede nella dimensione ecumenica dell’archeologia cristiana. Questa disciplina, spiega il Papa, riguarda «il periodo storico della Chiesa unita», quando le divisioni confessionali non avevano ancora frammentato il corpo ecclesiale. Per questo motivo, lo studio dei monumenti paleocristiani diventa «un valido strumento per l’ecumenismo».

Le diverse confessioni cristiane possono riconoscere in quelle testimonianze le proprie radici condivise, alimentando «l’aspirazione alla piena comunione». Leone XIV ha ricordato di aver constatato personalmente questa potenzialità durante il recente viaggio apostolico a İznik, l’antica Nicea, dove ha commemorato il primo Concilio ecumenico insieme a rappresentanti di altre Chiese e Comunità ecclesiali. Non a caso, il Pontificio Istituto ha dedicato una giornata di studio a questo tema, in collaborazione con il Dicastero per l’Evangelizzazione, iniziativa accolta con particolare favore dal Pontefice.

La diplomazia della cultura

In un’epoca segnata da divisioni e stereotipi, Papa Leone XIV propone la cultura come strumento diplomatico capace di costruire ponti. Lo studio dell’archeologia cristiana rappresenta quella «diplomazia della cultura» tanto necessaria oggi, capace di attingere alle fonti letterarie e monumentali per rievocare un’identità comune.

Come sottolineato nella Lettera apostolica, l’Istituto si colloca idealmente tra due Giubilei: quello della pace del 1925 e quello della speranza attualmente in corso. Un arco temporale che abbraccia un secolo di ricerca al servizio della memoria e della comunione.

Le radici cristiane dell’Europa

Il discorso del Papa si conclude con un richiamo alle parole di san Giovanni Paolo II sulle comuni radici cristiane delle nazioni europee. Le fonti letterarie e monumentali studiate dall’archeologia cristiana non sono semplici testimonianze del passato, ma rappresentano le «radici» della società e delle nazioni europee.

«L’Europa ha bisogno di Cristo e del Vangelo, perché qui stanno le radici di tutti i suoi popoli», affermava il santo polacco. Parole che Leone XIV fa proprie, ricordando come la tutela del patrimonio sacro non sia solo conservazione materiale, ma preservazione dell’identità culturale e spirituale di un continente.

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