Mercoledì 10 dicembre, nel Palazzo Apostolico Vaticano, Leone XIV si è consacrato ufficialmente come Pontefice profondamente occidentale, conservatore, smarcandosi per l’ennesima volta dall’ombra smaccatamente progressista di Bergoglio. Il Papa ha ricevuto in udienza una delegazione del Gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei (Ecr) del Parlamento Europeo. Durante l’incontro, Leone ha ricordato ai parlamentari le loro responsabilità verso i più deboli e, soprattutto, li ha esortati a non dimenticare il legame a doppio filo tra Europa e radici giudaico-cristiane. È là che risiede la vera identità del Vecchio Continente, come sostenuto già nel XX secolo e negli ultimi anni dai precedenti papi e cardinali tradizionalisti e conservatori.
In particolare, l’attuale Pontefice ha mostrato una certa continuità con il pensiero di uomini di Chiesa di straordinario carisma e spessore culturale e spirituale. Fra questi, il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, Benedetto XVI e il Cardinale e Arcivescovo di Genova Giuseppe Siri. Un filo rosso (o meglio, bianco, considerato il tema religioso) che segue una storia ben precisa: la storia dell’Europa.
Il richiamo di Leone XIV alle radici europee
Il filo bianco parte dalla difesa dell’eredità religiosa del Vecchio Continente, e non rappresenta né un’operazione nostalgica né una rivendicazione di privilegi. No, secondo Leone XIV si tratta innanzitutto del riconoscimento di un fatto storico. Il Papa ha parlato dell’Europa citando le cattedrali, l’arte, la musica, lo sviluppo delle scienze e la diffusione delle università come esempi concreti di un legame intrinseco tra cristianesimo e storia europea.
La chiosa del discorso è un rimando evidente a Benedetto XVI, ricordando la necessità di un dialogo tra «il mondo della secolarità razionale» e «il mondo del credo religioso». Fede e ragione parlano fra loro e hanno un ruolo «mutuamente purificatore»: la fede salva la ragione dal ridursi a un mero calcolo tecnico, la ragione preserva la fede da possibili derive ideologiche.
La visione cristiana dell’Europa di Giorgia Meloni
Nel suo bestseller «Io sono Giorgia» pubblicato da Rizzoli nel 2021, il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha descritto una sua idea di Europa unita proprio nel cristianesimo. Cita Costantino XI, l’ultimo imperatore di Costantinopoli, il quale «morì in battaglia, insieme a un pugno di eroi arrivati dall’Italia e da ogni parte d’Europa, durante il disperato tentativo di difendere quella che fino al 1453 era la capitale della cristianità ortodossa e oggi si chiama Istanbul».
Meloni fa risalire a sua volta le origini dell’Europa al mondo giudaico-cristiano: «L’Europa unita è per me un ideale che viene da lontano e ha le sue radici più profonde in tre luoghi splendidi: Atene, Roma e Gerusalemme, dove tutto iniziò. Il cristianesimo le ha senza dubbio dato unità culturale. Solo valorizzando e trasmettendo la nostra comune identità si potrà rafforzare la consapevolezza degli europei di avere un destino che li unisce».
Il Cardinal Giuseppe Siri sulla civiltà romana
In una profetica e illuminata omelia natalizia del 25 dicembre 1972, il Cardinale Giuseppe Siri aveva espresso una riflessione sul tempo della nascita di Gesù. Non sarebbe solo una questione cronologica, ma molto di più. Perché «fu la civiltà romana a determinare che si verificasse la profezia secondo la quale il Cristo doveva nascere a Betlemme». Era il secolo d’oro dell’arte e della letteratura latina, e «sotto la guida di una civiltà unica come quella romana, il mondo era interamente in pace».
Quell’impero aveva ormai assorbito i resti della grandezza greca, che dopo il quarto secolo era andata flettendo – compresa l’arte e la letteratura – per cedere il posto a Roma. Un giorno, quell’impero sarebbe stato morente anch’esso, e avrebbe seguito la sorte delle grandi popolazioni mesopotamiche: quella di un semideserto culturale. Toccò al cristianesimo e alla Chiesa portare avanti la civiltà occidentale, grazie anche a una lingua universale come il latino, che rendeva la comunicazione universale in un’area comunque di popoli dinamici.
L’Europa nasce con la nascita di Gesù
Anche in Oriente c’erano state diverse civiltà, anche egregie. Nessuna però arrivava a quell’equilibrio totale che sarebbe stata Roma. Si addormentarono tutte. Vivacchiarono, dormendo per millenni. Solo i romani hanno fatto cose tali da elevare spiritualmente il proprio popolo, e dargli in questa elevazione una garanzia di durata.
Dunque, continua Siri, «solo nel momento in cui è nato Cristo, la civiltà non è più morta e si è comunicata come la fiamma accende altra fiamma. E ha una continuità. E noi siamo ora al limitare di una civiltà che non si è mai spenta dopo che è venuto Gesù Cristo». Il passaggio tra la sterilità e la fecondità, tra la continuazione e la fine, è segnato dalla sua nascita. Dunque una data che non è solo la nascita del Signore, non tanto un giorno o un anno, ma il punto di confluenza di tutta la storia, di tutte le aspettative, di tutte le speranze. La nascita dell’Europa.
