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Ma Kiev è già dentro la Nato (a colpi di missili)

Ma Kiev è già 
dentro la Nato 
(a colpi di missili)

Sullo sfondo degli accordi Nato per il riarmo aleggia il fantasma di Kiev, principale elemento di possibile crisi e punto di rottura di tutti gli equilibri atlantisti faticosamente raggiunti.

Già, perché la presidenza ucraina ha sfruttato il palcoscenico di Vilnius per puntare i piedi e far capire che è disposta a farsi macellare ancora a lungo per difendere l’Europa ma solo a patto di entrare nel club della Nato il prima possibile.

Una garanzia che al momento non può essere concessa – significherebbe che l’Alleanza entrerebbe ufficialmente in guerra con la Russia – ma non viene affatto esclusa. Anzi, esisterebbe un patto segreto per un ingresso di Kiev non appena si arrivi alla fine delle ostilità.

Il presidente Volodymyr Zelensky non lo ha rivelato, ma il contesto è chiaro: «Sbrigatevi. Il nostro sacrificio di oggi è funzionale alla sicurezza di tutti domani». Da dove proviene questa sicumera? Chi ha garantito a Kiev una poltrona al tavolo dell’Alleanza atlantica? Forse le stesse lobby che hanno visto crescere esponenzialmente i propri ricavi in borsa: dallo scoppio del conflitto, l’indice MSCI World del settore aerospazio e difesa ha registrato un rialzo del 14 per cento, lo Stoxx Europe ha guadagnato oltre il 30, mentre l’indice di settore S&P500 ha realizzato un +12 per cento.

E così aziende come la britannica BAE Systems festeggia un +70 per cento, l’italiana Leonardo +78 e la francese Airbus +11. Nel 2023, secondo Mediobanca, «è atteso un ulteriore incremento dei ricavi del 6 per cento sul 2022 (dopo il +4 del 2022 sul 2021), per l’aumento dei budget nazionali in risposta alle crescenti tensioni geopolitiche».

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