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Soffia anche sull’Italia il vento impetuoso della jihad

Soffia anche sull’Italia il vento impetuoso della jihad

L’Intelligence è in prima fila nel contrasto. Gli espulsi dal territorio nazionale nel 2022 sono stati 79 (di cui 17 rimpatriati in precedenza) con un aumento considerevole visto che nel 2021 erano stati 59. Nel 2019 erano stati 98

È stata presentata oggi la Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza, curata dal Comparto Intelligence relativa all’anno 2022. Quello che abbiamo più volte scritto sulle nostre testate ovvero che soffia sempre più forte (anche nel nostro paese il vento della jihad) è certificato dai dati contenuti nel documento. Gli espulsi dal territorio nazionale in quanto ritenuti minacce per la sicurezza nazionale per l’anno 2022 sono stati 79 (di cui 17 rimpatriati in precedenza) con un aumento considerevole visto che nel 2021 erano stati 59 (lo stesso nel 2020 e nel 2021) mentre nel 2019 erano stati 98. Sul poco onorevole podio degli espulsi troviamo al primo posto i cittadini tunisini con 44 unità, al secondo posto i marocchini con 15 espulsi, a seguire 5 egiziani, 4 algerini, 3 nigeriani, 2 gambiani. Gli altri che sono stati messi sul primo aereo per far ritorno nella madrepatria appartengono (1 per paese) a Francia, Iraq, Libia, Pakistan Spagna e Svezia.

Aspetto non trascurabile è l’espulsione del marocchino Moutaharrik Abderrahi, conosciuto come ‹‹il pugile dell’Isis››, già campione svizzero di kickboxing (si allenava vicino a Lugano), a cui è stata in precedenza revocata la cittadinanza italiana. Si è trattato «del primo caso di applicazione della normativa, entrata in vigore nel 2018, che prevede il ritiro della cittadinanza ai condannati in via definitiva per terrorismo». Nella relazione si sottolinea il fatto che i tre attacchi di matrice jihadista che hanno segnato il territorio europeo nel 2022 «se da un lato, paiono consolidare ulteriormente la tendenza che, negli ultimi anni, ha visto ridursi significativamente il numero di attentati – dai 15 del 2020 ai 6 del 2021 – dall’altro, mostrano come il livello della minaccia a cui è esposto il vecchio continente sia ancora significativo». Importante passaggio contenuto nella relazione è quello dedicato alla campagna d’odio iniziata nel corso del 2022 e tutt’ora in atto sul settimanale dello stato islamico al-Naba, che viene diffuso ogni giovedì notte, «rileva, al riguardo, la campagna d’odio rilanciata, negli ultimi mesi del 2022 da al-Naba, l’apparato mediatico di propaganda a supporto del Califfato, nei confronti del ‘nemico miscredente occidentale e dei traditori apostati arabi’ per riaccendere il rancore nei credenti musulmani e offrire nuovi spunti per la pianificazione di attacchi nei loro paesi». Una tendenza questa che nel 2023 è aumentata a dismisura non solo su al-Naba ma anche su altre testate terroristiche una su tutti Voice of Khurasan e le decine di canali telegram che fanno riferimento all’Isis. La narrazione jihadista chiede di colpire gli ebrei e i cristiani «ovunque si trovino», perché simboli della «decadenza occidentale e, quindi, da colpire, al pari dei paesi europei e degli stati della coalizione ‘crociata internazionale’, inclusa l’Italia, responsabili della sconfitta militare di Daesh».

In questo clima i pericoli per l’Europa e per l’Italia sono cresciuti: «Al riguardo, si è registrato in ambito di collaborazione internazionale, specie nel secondo semestre del 2022, un incremento delle segnalazioni – tuttora al vaglio dell’Intelligence – relative al possibile invio in Europa di militanti di Daesh e di al-Qaeda, che potrebbero avvalersi del supporto logistico e/o operativo, all’interno delle diaspore di riferimento, per compiere azioni terroristiche non strutturate contro obiettivi occidentali. È proseguita, inoltre, l’attività di monitoraggio di siti e canali social utilizzati per la creazione di comunità virtuali di simpatizzanti e/o membri effettivi di organizzazioni terroristiche, al fine di rilanciare messaggi estremisti, pianificare e ispirare attacchi, fornire istruzioni su come assemblare e utilizzare armi ed esplosivi». Altro passaggio qualificante della relazione è l’analisi sulla propaganda di al-Qaeda che nel 2022 ha perso di intensità e di qualità: «Nel corso del 2022 è stata rilevata una sensibile riduzione dell’attività di propaganda online di al-Qaida, anche a seguito dell’eliminazione del leader carismatico dell’organizzazione, lo sheykh Ayman al-Zawahiri, mentre l’azione di propaganda mediatica di Daesh ha cercato di mantenere viva l’attenzione nei confronti del Califfato e del jihad, con la pubblicazione di contenuti, non inediti, ma rielaborati nella forma». Come detto il nostro paese resta un obbiettivo dei terroristi islamici: «Anche per quanto riguarda l’Italia, il dispositivo intelligence ha colto, nell’anno in esame, il persistere di fattori di rischio, esogeni ed endogeni, legati all’estremismo sunnita. La destabilizzazione delle infrastrutture securitarie, in quei teatri di crisi all’estero dove più radicato è il terrorismo jihadista, alimenta l’incognita di possibili infiltrazioni da parte di soggetti controindicati, intenzionati ad approfittare dell’intensificarsi delle spinte migratorie lungo le rotte marittime e terrestri in direzione del nostro paese». Nella relazione si legge anche che «all’attenzione informativa sono stati sottoposti pure quei circuiti radicali in seno a talune comunità straniere stanziate in Europa che, in virtù dei contatti con ambienti radicali islamici nei luoghi di origine, potrebbero rappresentare un rischio per la stabilità e la sicurezza europea».

Un passaggio questo delicatissimo del quale abbiamo parlato più volte sulla nostra testata. Altro aspetto rilevante contenuto nella Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza 2022 è quello relativo alla «pubblicistica istigatoria, che è proseguita, nei confronti dell’Italia con la diffusione di messaggi e video minatori da parte della galassia jihadista. Un ambito, questo, oggetto di serrato monitoraggio per i rischi legati a possibili attivazioni violente di elementi radicalizzati. Ne sono dimostrazione le numerose attività di contrasto condotte, nell’anno in esame, dalle Forze dell’ordine con il determinante contributo del Comparto intelligence». Sempre a proposito di rischi per l’Italia, il dispositivo intelligence ha colto, nell’anno in esame, il persistere di fattori di rischio, esogeni ed endogeni, legati all’estremismo sunnita: «La destabilizzazione delle infrastrutture securitarie, in quei teatri di crisi all’estero dove più radicato è il terrorismo jihadista, alimenta l’incognita di possibili infiltrazioni dap arte di soggetti controindicati, intenzionati ad approfittare dell’intensificarsi delle spinte migratorie lungo le rotte marittime e terrestri in direzione del nostro Paese». Mentre a proposito degli irriducibili foreignfighters rimasti sul fronte siro-iracheno: « É ipotizzabile che alcuni di essi tentino una ricollocazione in territorio europeo, invece di far rientro in patria, per il timore di subire gravi conseguenze sotto il profilo giudiziario e della sicurezza personale. L’interesse informativo si è quindi focalizzato, come ogni anno, sulla presenza, il rientro e/o il transito di soggetti ‘a rischio’, inclusi nella ‘lista consolidata’ redatta in ambito di Comitato di analisi strategica antiterrorismo. Il numero complessivo di foreign fighters, a vario titolo connessi con l’Italia, è rimasto sostanzialmente invariato, pari a 146 unità, di cui 61 deceduti e 35 returnees». Infine, c’è grande attenzione per quanto accade nelle carceri dove talvolta si entra come ladri di polli per uscirne poi individui radicalizzati pronti all’atto di forza: «Al fine di cogliere tempestivamente eventuali e pericolosi segnali di radicalizzazione, si è provveduto a seguire le dinamiche interne agli ambienti carcerari, ai centri di permanenza per i rimpatri e ai luoghi destinati al culto e alla socialità, proprio in considerazione dei possibili rischi sia di contagio sia di rafforzamento dell’ideologia estremista che potrebbero maturare al loro interno. Al riguardo, vale sottolineare che l’Intelligence, in stretta sinergia sul territorio con le Forze di polizia e i servizi locali di welfare e salute, ha proseguito nel 2022 l’implementazione di specifiche strategie di intervento volte a intercettare precocemente i processi di radicalizzazione nel tentativo di un loro depotenziamento». Non smette di soffiare quindi il vento della jihad anche in Italia con la differenza che rispetto ad altri paesi europei possiamo contare su un sistema di intelligence capace di analizzare, prevedere e di disinnescare quando occorre le minacce. Per un paese abituato troppo spesso a farsi male da solo questo è un elemento del quale essere davvero orgogliosi.

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