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Il gioco «pericoloso» è quello dello Stato

Il gioco «pericoloso»
è quello
dello Stato

Un settore, quello di scommesse legali e bingo con 75 mila imprese, che all’erario dà un gettito di 11 miliardi l’anno. È fermo da oltre 300 giorni, mentre riprendono attività con analogo afflusso di pubblico. Fabio Schiavolin, l’a.d. di Snaitech, attacca: «Il comparto è stato tradito».


«Siamo esterrefatti. La parola giusta è “dimenticati”. Riaprono cinema, palestre e piscine ma i punti vendita del gioco legale restano chiusi. Siamo fermi da oltre 300 giorni e la rete è in ginocchio. Eppure i nostri locali hanno predisposto da tempo tutti i protocolli di sicurezza anti Covid. Se questo non importa, alzo le mani. Ma prolungando la chiusura, dilagano le attività illegali della malavita. Non solo. Non sottovaluterei che lo Stato ha già perso cinque miliardi di euro come gettito erariale. Motivi più che validi per farci riaprire ce ne sono».

Fabio Schiavolin è un fiume in piena, ha il tono concitato di chi sente di aver subito un torto. La Snaitech, di cui è amministratore delegato dal 2015, da quando è nata dall’integrazione tra Snai e il gruppo Cogemat-Cogetech, è operatore leader in Italia nel gioco legale. Una realtà con 2.100 punti scommesse a marchio Snai, una quota di mercato nel retail del 18,7 per cento, in quello degli apparecchi da intrattenimento del 14,9 per cento e nel settore online del 10 per cento.

È con il peso di questi numeri che, dice, «il comparto è stato tradito». Il settore conta complessivamente 75 mila imprese e 150 mila lavoratori di cui 60 mila nelle sale giochi, scommesse e bingo. Riavvolgiamo il nastro: questa fetta dell’economia è stata la prima a fermarsi e l’ultima a ripartire nel primo lockdown, diverse settimane dopo parrucchieri, centri estetici, palestre, ristoranti. Tra i primi anche a richiudere nel secondo confinamento, a ottobre. Ora nel decreto Riaperture il gioco legale non compare nella lista delle attività commerciali che possono ricominciare «una vita normale».

Non ve lo aspettavate, vero?

Per la verità, no. Le aziende hanno investito nei dispositivi di sicurezza, inoltre i nostri negozi per dimensione e per tipologia di attività presentano profili di rischio molto inferiori ad altre imprese commerciali riaperte o in procinto di riaprire. Finché c’è un rischio alto di pandemia, le chiusure non si discutono, ma quando si va verso un allentamento del contagio e la ripresa delle attività economiche, come pure indicato dal premier Mario Draghi, escluderci è una penalizzazione che non comprendo. Non ha motivazioni valide. Secondo un’indagine Agimeg, l’Italia risulta il Paese europeo che ha maggiormente penalizzato il gioco pubblico, arrivando prima anche nella classifica dei giorni di chiusura. In Germania, per esempio, si usa un criterio oggettivo e univoco.

Che succede in Germania?

I punti gioco sono aperti al pari di altri pubblici esercizi, i clienti si fermano in negozio solo il tempo necessario per effettuare la giocata.

Avete stimato quanti posti potrebbero saltare con il prolungamento delle chiusure?

Tutta la filiera è in difficoltà. Ma rischiano di più gli oltre 60 mila dipendenti dei 12 mila locali rimasti chiusi. Non tutti potranno superare questa fase e riaprire, perderemo parte del presidio del territorio.

Sul prolungamento delle chiusure può aver influito la percezione negativa del gioco presso l’opinione pubblica?

Sicuramente c’è un pregiudizio ideologico. E anche tanta ipocrisia. Chiudendo le sale giochi non si estingue la domanda, quando gli esercizi legali sono chiusi i clienti si rivolgono altrove, spesso alla malavita. Nel 2020 il gioco illegale, in base agli accertamenti, è cresciuto dell’879 per cento, gli arresti sono aumentati del 257 per cento e le denunce del 158 per cento. Il Copregi, il Comitato per la prevenzione e la repressione del gioco illegale, cui partecipano i Monopoli, le forze di Polizia e la Guardia di finanza, ha scoperto in 50 capoluoghi di provincia 250 sale illegali e comminato sanzioni per oltre un milione di euro. Le chiusure lasciano sguarnite aree del territorio che rischiano di tornare nell’orbita delle scommesse clandestine in mano alla malavita. Ma lo Stato ci rimette anche sul versante economico.

In quale misura?

Il settore assicura a regime un gettito erariale, valutato nel 2019, di 11 miliardi l’anno. Ogni mese di chiusura costa all’erario circa 500 milioni. Dall’inizio della pandemia sono andati persi oltre cinque miliardi, il 44 per cento.

Con il lockdown, però, tutti davanti al computer… Il boom dei giochi online non ha compensato le perdite dei centri chiusi?

In realtà non è così. Nonostante l’ottima performance del segmento online, che ha segnato un incremento del 58 per cento, nel 2020 i ricavi di Snaitech si sono attestati a 522,2 milioni di euro, registrando una flessione del 37 per cento rispetto agli 829,7 milioni di euro del 2019. E noi, che già eravamo ben posizionati nell’online, siamo un caso virtuoso. Nel complesso, la raccolta dei giochi legali nel 2020 ha avuto una flessione del 47 per cento rispetto all’anno precedente. E chi fondava il suo business soltanto sul retail, drammaticamente ha quasi azzerato i propri ricavi.

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