Dalla Francia alla Grecia, dai Paesi baltici al Regno Unito. E persino il Belgio, che ospita le istituzioni dell’Unione. Gli Stati che criticano Roma sulla gestione dell’emergenza migranti, entro i propri confini praticano respingimenti, alleanze di comodo, frontiere presidiate militarmente, braccialetti elettronici. E la solidarietà continentale non è contemplata.
Alla bandiera dell’Europa manca la ventottesima stellina: quella dell’incoerenza. Non esiste Stato, infatti, che sull’immigrazione adotti uno solo dei buoni consigli di solito riservati all’Italia «perfida e sovranista». E questo vale per i compassati inglesi (europei solo geograficamente, ma tant’è), per gli snob francesi, per i passionali spagnoli. Finanche per gli algidi belgi e lituani. Nessuno, nella Ue, fa quel che Strasburgo vorrebbe imporre all’Italia la quale, per ricordarlo, nel 2023 ha dato accoglienza a oltre 132 mila clandestini arrivati con barconi e barchini da ogni dove. E siamo ancora a ottobre.
Prendiamo il Belgio, per esempio, che è pure sede delle istituzioni europee. Qualche settimana fa, l’alto commissario per l’asilo e la migrazione, la bellicosa Nicole De Moor, ha deciso di interrompere l’accoglienza agli uomini single. E ha spiegato che il provvedimento nasce dall’esigenza di anticipare «il crescente afflusso di famiglie e di bambini» ed «evitare assolutamente che i minori finiscano per le strade d’inverno». Una scelta di buonsenso che è stata sostenuta pressoché all’unanimità dall’opinione pubblica. Alle nostre latitudine sarebbe invece impensabile e offrirebbe solo l’occasione per organizzare trasmissioni e interviste ai vari censori alla Roberto Saviano o Luca Casarini.
Otto associazioni per la difesa di diritti umani hanno però presentato e vinto un ricorso al Consiglio di Stato che ha dichiarato incostituzionale la disposizione del commissario. E De Moor? Una sfinge. Ha prima rilasciato una dichiarazione politicamente corretta (siamo pur sempre in Belgio) in cui esprime rispetto per le decisioni dell’organo di giustizia, ma poi ha fatto quel che la politica dovrebbe sempre fare: prendersi l’onere delle decisioni. Annunciando subito: «Il consiglio di Stato sostiene che tutti hanno diritto all’accoglienza. Ma non è perché lo sostiene il consiglio di Stato che improvvisamente abbiamo migliaia di posti in più». E, ancor più dura: «Ogni richiedente protezione internazionale ha diritto a essere accolto. Purtroppo oggi non ho altra possibilità che lasciare invariata la mia decisione. Se domani si presenteranno 200 persone e avrò solo 100 posti letto a disposizione, continuerò ad accogliere famiglie e bambini». E questo succede in un Paese che, nel biennio 2021-2022, ha ricevuto 50 mila domande di protezione.
In Francia sono ancor più intransigenti: schierano direttamente la Gendarmerie nationale ai confini con l’Italia per rimbalzare nel nostro Paese chiunque si avvicini alla frontiera. Si chiamano «respingimenti» e sono (sarebbero) illegali. Solo che è particolarmente difficile farlo capire a Parigi e, nonostante la recente sentenza della corte di Giustizia europea abbia provato a ribadirlo, il vulcanico ministro dell’Interno, Gérald Darmanin, fa orecchie da mercante. Arrivando a smentire addirittura il presidente Emmanuel Macron e assicurando che non ci sarà alcuna ridistribuzione dei flussi migratori. Per essere più chiaro, Darmanin ha schierato 200 militari e un elicottero a Ventimiglia. Messieurs les migrants sono avvisati. Da inizio anno sono già 30 mila i profughi andati a sbattere contro il muro di gomma dei vicini d’Oltralpe. E la quota è destinata a crescere. A onor del vero i francesi non sono gli unici ad adottare i metodi spicci dell’allontanamento coattivo. Anche nella civilissima Grecia, culla dell’Occidente, non vanno tanto per il sottile quando la marina militare incrocia un barcone di disperati, come ha dimostrato il video pubblicato dal New York Times sul blocco navale davanti all’isola di Lesbo.
Ma da Atene sanno già come difendersi: giurano che sia tutta colpa della Turchia che spinge le «carrette del mare» verso le coste del Peloponneso. Il Sultano di Ankara, Recep Tayyip Erdogan, sfrutterebbe i migranti come arma di pressione e di ricatto sull’Ue. Vero anche questo. Com’è vero che la rotta balcanica, dopo quella del Nordafrica, è l’altro «corridoio» che convoglia nella Ue l’emergenza immigrazione. Una ricerca dell’osservatorio Human Rights Watch ha accusato il governo croato di deviare illegalmente carovane di migranti verso la Bosnia ed Erzegovina. E anche la Lettonia attuerebbe la stessa politica di confinamento nel lembo di terra che la separa dalla Bielorussia di Aleksandr Lukashenko, fedelissimo di Vladimir Putin e ideologo del ritorno della Santa Madre Russia. In Lituania, invece, è stata approvata da poco una legge che rende legali i respingimenti in caso di emergenza o di pericolo per la sicurezza nazionale. E qui i confini divisi con la Bielorussia sono un motivo più che sufficiente per tenere (metaforicamente) i «porti» chiusi a tutti.
La Germania ci arriverà? Per ora finanzia le Ong che trasportano i migranti in Italia, ma il Paese ribolle: i governatori chiedono «un limite all’integrazione», i Comuni protestano per la massa di stranieri, e la leader dei Verdi Ricarda Lang avrebbe chiesto accordi più veloci per i rimpatri. Berlino pensa di chiudere i confini con Polonia e Repubblica Ceca, ripristinando i controlli per fermare gli ingressi irregolari, intanto la polizia effettua operazioni a tappeto contro l’immigrazione illegale. Del resto, da destra soffia forte il vento di Alternative für Deutschland e continuare a propugnare l’accoglienza potrebbe costare caro. In Spagna la lotta all’immigrazione clandestina è già stata rafforzata su un doppio binario: sono state potenziate le attività investigative contro i trafficanti di uomini (più indagini, più arresti, condanne più dure) e, al tempo stesso, si cerca di migliorare i rapporti con il Marocco, da dove partono i barconi che provano ad attraversare le acque di Gibilterra.
E, da uno Stretto, passiamo a un Canale: la Manica. In Gran Bretagna il governo conservatore di Rishi Sunak si cruccia di spendere sei milioni di sterline per tenere in albergo 51 mila richiedenti asilo. La sua ministra dell’Interno, Suella Braverman, sta lavorando a una profonda riorganizzazione normativa delle politiche di accoglienza che punti non solo alla prevenzione ma anche, e soprattutto, alla repressione. Come già raccontato da Panorama, gli avvocati sorpresi a truccare le carte per far ottenere il permesso di soggiorno ai loro clienti saranno processati e rischiano addirittura l’ergastolo. Non solo: il dicastero vuole essere certo che i clandestini siano sempre sotto controllo e così, oltre a costruire quattro nuovi centri di permanenza per il rimpatrio, ha deciso di dotare ogni maschio adulto di braccialetto elettronico. L’obiettivo è monitorarne 25 mila entro il 2024.
Prima di allora, però, arriverà di certo la sentenza della Suprema corte di Londra sul ricorso dell’esecutivo contro la bocciatura del cosiddetto Piano Ruanda. Un programma di collaborazione tra i due Paesi che, in cambio di 120 milioni di sterline e di un’adeguata quota per i costi di trattamento pro capite, consente a Londra di portare i clandestini in Africa lasciando decidere alle autorità locali se accettare o meno le richieste di asilo per Kigali. Se il verdetto della Suprema corte fosse sfavorevole, i falchi dell’amministrazione Sunak hanno già minacciato che la Gran Bretagna sarà costretta ad abbandonare la Convenzione europea per i diritti dell’uomo che pone troppi ostacoli nella gestione dell’emergenza immigrazione. E sbaglia chi immagina che questo sia solo un «sentiment» della destra. A sinistra sono perfettamente coscienti che così non si può più andare avanti. In un’intervista al Time, il leader dei laburisti, sir Keir Starmer, ha annunciato che, se vincerà le elezioni, tratterà gli scafisti alla stessa stregua di terroristi e dei narcos. «Distruggerò le loro organizzazioni», ha promesso. Aggiungendo di sospettare l’esistenza di una regia dietro queste ondate di profughi. «I poteri di contrasto sono stati usati per il terrorismo, per il traffico di droga, mai per crimini gravi e organizzati legati all’immigrazione» ha rimarcato Starmer. Pare di sentire Matteo Salvini, invece è il capo dei progressisti del Regno Unito. D’altronde si sa: è facile essere solidali con i barconi degli altri.
