Questa mattina, l’emittente televisiva araba Sky News ha riportato che «il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, annuncerà a breve un cessate il fuoco a Gaza, come parte di un’intesa che prevede il rilascio degli ostaggi israeliani detenuti da Hamas nella Striscia». In precedenza, fonti mediatiche egiziane avevano segnalato sviluppi nei colloqui per la liberazione degli ostaggi, spiegando che l’accordo per fermare le ostilità dovrebbe durare almeno sessanta giorni e includere la liberazione di dieci ostaggi israeliani e la restituzione di sedici salme. Secondo quanto riportato, cinque prigionieri vivi verrebbero rilasciati il primo giorno dell’intesa e altri cinque al sessantesimo. I sedici corpi, invece, sarebbero riconsegnati in fasi successive, così da permettere ad Hamas di identificare le sepolture di coloro di cui afferma di ignorare la posizione. Si è inoltre riferito che Hamas pretende la scarcerazione di tutti i miliziani di Gaza attualmente detenuti in Israele, inclusi quelli arrestati prima del massacro del 7 ottobre 2023. Quanto sia credibile questa notizia è difficile dirlo: al momento non si registrano conferme ufficiali e permane una situazione d’incertezza ed è bene ricordare che Israele ha comunque comunicato che, allo stato attuale, i colloqui non hanno prodotto progressi rilevanti tanto che ha ritirato la sua delegazione dai colloqui di Doha (Qatar). In seguito alla notizia diffusa dal Libano secondo cui Israele avrebbe concordato in linea di principio su una nuova bozza di proposta per la presa di ostaggi e il cessate il fuoco, un alto funzionario israeliano ha dichiarato che l’accordo è stato respinto: «La proposta ricevuta da Israele non può essere accettata da nessun governo responsabile», afferma il funzionario, senza fornire ulteriori dettagli.vUn organo di stampa libanese affiliato a Hezbollah ha riferito questa mattina che Israele ha accettato in linea di principio una bozza di proposta che prevedeva un cessate il fuoco di circa 70 giorni, durante i quali 10 ostaggi (cinque vivi e cinque deceduti) sarebbero stati rilasciati in due fasi, modificando il cosiddetto schema Witkoff, che prevedeva un cessate il fuoco più breve per il rilascio di circa 10 ostaggi vivi. «Non c’è una reale volontà da parte di Hamas di procedere con un accordo. Israele rimane fedele al quadro Witkoff», afferma il funzionario israeliano. Secondo il rapporto di Al-Mayadeen, gli ultimi colloqui, mediati dall’inviato del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, Steve Witkoff, e dall’imprenditore palestinese-americano Bishara Bahbah, si sono conclusi questa mattina presto. Non è stato specificato dove si siano svolti né chi ne abbia preso parte.
Non si ferma la propaganda contro Israele
Una fotografia largamente diffusa e che, secondo alcune fonti, mostrerebbe gli effetti di un bombardamento israeliano in cui sarebbero morti nove bambini a Gaza, è stata smentita e classificata come fuorviante. L’immagine, recentemente diventata virale, non è recente: risale a mesi fa e appartiene a un contesto completamente diverso. Lo scatto è infatti comparso per la prima volta a marzo, durante un altro episodio in cui fonti palestinesi sostennero che alcuni membri della famiglia Abu Daqa erano stati uccisi a Khan Yunis. Oggi, la stessa immagine viene riutilizzata per accusare Israele in relazione agli eventi più recenti.Ad aggravare la diffusione di notizie false, immagini realizzate tramite intelligenza artificiale sono state rilanciate sui social media palestinesi. Hamas ha dichiarato che le presunte vittime sarebbero figli di due medici in servizio presso l’ospedale Nasser di Khan Yunis. Tuttavia, l’ospedale – la principale struttura sanitaria nel sud della Striscia – è stato oggetto di operazioni dell’IDF nelle ultime settimane, a seguito di segnalazioni sulla presenza di infrastrutture legate a Hamas. Durante una recente incursione nella struttura, le forze israeliane hanno trovato scorte mediche con etichette appartenenti a ostaggi israeliani e un arsenale nascosto, elemento che rafforza l’ipotesi dell’utilizzo dell’ospedale da parte di Hamas per scopi militari. Nel corso del conflitto, Hamas e i suoi alleati hanno intensificato l’uso dell’IA per generare contenuti manipolati – immagini, video e registrazioni audio – con l’obiettivo di minare l’immagine internazionale di Israele. Queste produzioni, sebbene completamente fittizie, sono progettate per apparire autentiche. Un caso emblematico è rappresentato dall’immagine, rivelatasi poi falsa, di un neonato tra le macerie di Gaza, generata da un software ma pubblicata in prima pagina dal quotidiano francese Libération come se fosse reale.
La guerra procede senza sosta
L’esercito israeliano ha annunciato domenica che nei prossimi due mesi prevede di prendere il controllo del 75% della Striscia di Gaza, come parte di una nuova offensiva contro Hamas. Il 18 marzo, Israele ha ripreso le operazioni contro Hamas con una serie di attacchi aerei a sorpresa, interrompendo un cessate il fuoco che durava da due mesi. Da allora, cinque divisioni militari sono state dispiegate nella Striscia, per un totale di decine di migliaia di soldati, in preparazione di un’offensiva terrestre su larga scala, destinata a colpire l’apparato armato e politico del gruppo islamista, se quest’ultimo non rilascerà gli ostaggi ancora in suo possesso. Con l’inizio dell’offensiva, la popolazione palestinese verrà trasferita in tre aree ristrette: una nuova «zona sicura» nella regione costiera di Mawasi, già designata come corridoio umanitario da Israele; una fascia di terra tra Deir al-Balah e Nuseirat, nella parte centrale della Striscia, mai raggiunta finora da forze di terra; e infine il centro di Gaza City, dove molti abitanti erano tornati durante la tregua. Secondo le valutazioni dell’IDF, attualmente circa 700.000 persone si trovano a Mawasi, tra 300.000 e 350.000 nella zona centrale e un milione nella città di Gaza. Ciò significa che, una volta iniziata l’operazione, i due milioni di residenti della Striscia saranno concentrati in appena un quarto del territorio totale. Il resto verrà conquistato dalle forze israeliane, che intendono distruggere completamente le infrastrutture di Hamas, demolendo la maggior parte degli edifici e mantenendo il controllo dell’area per un periodo indefinito. Le zone interessate includeranno Rafah, Khan Younis e i centri urbani a nord di Gaza City.
Secondo quanto trapelato dai piani militari esaminati dal Times of Israel, serviranno due mesi per completare l’occupazione del 75% del territorio. Attualmente, le IDF controllano circa il 40% della Striscia. I vertici militari hanno chiarito che l’obiettivo non è più soltanto l’eliminazione dei combattenti nemici, ma il controllo territoriale e la distruzione sistematica delle strutture operative di Hamas. L’organizzazione ha costruito circa 900 chilometri di tunnel, di cui solo il 25% è stato finora neutralizzato. Le forze israeliane hanno puntato principalmente sui tunnel impiegati per operazioni militari, comandi e produzione di armi, molti dei quali sono già stati distrutti, tralasciando per ora quelli usati per la mobilità interna. L’IDF è convinta che per annientare Hamas sia necessario smantellarne non solo l’ala armata ma anche la governance, sottraendogli il controllo del territorio e degli aiuti umanitari. La sua disfatta, sostiene l’esercito, renderebbe possibile la liberazione dei restanti 58 ostaggi, di cui si ritiene che solo 20 siano ancora vivi. Tuttavia, finora non sono stati avviati colloqui politici su chi dovrà gestire Gaza una volta terminato il dominio di Hamas e le ipotesi sono molte. Durante una visita a Gaza, domenica scorsa, il capo di stato maggiore dell’IDF, generale Eyal Zamir, ha dichiarato che il conflitto con Hamas «non sarà una guerra senza fine». «Stiamo intensificando le operazioni secondo i piani. Hamas è sottoposta a una pressione tremenda: ha perso gran parte delle sue risorse e capacità di comando», ha spiegato Zamir.
Al via la nuova campagna di aiuti a Gaza
Le autorità israeliane affermano che molti degli aiuti entrati nella Striscia durante il cessate il fuoco sono stati intercettati da Hamas, che li ha utilizzati per mantenere il proprio controllo, rivendendoli a prezzi maggiorati o destinandoli ai propri militanti. Negli ultimi mesi, Hamas da almeno tre mesi starebbe incontrando difficoltà nel pagamento degli stipendi, soprattutto dopo che Israele ha interrotto il flusso di aiuti il 2 marzo, al termine della prima fase dell’accordo per il rilascio degli ostaggi. Da questa mattina, dovrebbe entrare in funzione un nuovo sistema per la distribuzione degli aiuti, nonostante le perplessità espresse da diverse organizzazioni umanitarie. L’IDF ha collaborato all’istituzione di quattro centri di smistamento all’interno di Gaza, affidati a una società di sicurezza americana, mentre l’esercito garantirà la protezione perimetrale. Tre di questi centri saranno situati nell’area di Rafah e serviranno la popolazione di Mawasi e probabilmente anche quella della zona centrale; il quarto sarà collocato nel corridoio Netzarim, per i residenti di Gaza City e delle aree settentrionali. Un delegato per ogni nucleo familiare potrà recarsi presso i centri per ritirare razioni alimentari sufficienti per cinque giorni. L’IDF stima che ciascuno di questi centri possa assistere fino a 300.000 persone a settimana. Al contempo, proseguirà l’invio di camion con aiuti destinati agli ospedali e alle panetterie.L’esercito ha inoltre riferito che, dalla ripresa delle ostilità, ha colpito più di 2.900 obiettivi nella Striscia, uccidendo almeno 800 membri di gruppi terroristici, tra cui una cinquantina di alti ufficiali e comandanti di medio livello, oltre a una dozzina di partecipanti diretti all’attacco del 7 ottobre.Questi numeri si riferiscono a soggetti identificati con nome e numero di registrazione, ma l’IDF ritiene che il numero reale di uccisi sia molto più alto. Hamas sostiene invece che, nello stesso periodo, siano morti oltre 3.785 palestinesi, cifra non verificabile e che non distingue tra civili e combattenti.
