C’è una corsa tra Stati europei – con Francia, Germania e Polonia in testa – per aggiudicarsi i futuri interventi nel Paese invaso.
Dopo un anno di guerra l’Ucraina è a pezzi, ma già si pensa alla ricostruzione. Le stime dalla Banca mondiale indicano che saranno necessari 500-600 miliardi di dollari. Il presidente Volodymyr Zelensky parla di un trilione di dollari. Il 26 aprile si terrà a Roma una conferenza sulla ricostruzione annunciata dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani. Le distruzioni sono immense: 149.300 edifici residenziali rasi al suolo o danneggiati (nella foto, gli effetti del bombardamento sulla città di Bakhmut, nell’est del Paese) comprese 131.400 case private, 17.500 appartamenti e 280 dormitori. Almeno tremila scuole, università o istituzioni educative oltre a centinaia di ospedali sono stati colpiti o coinvolti nei combattimenti. Le stime della Scuola economica di Kiev arrivano fino a dicembre, ma il governo ucraino ha reso noto che circa 160 mila chilometri quadrati di territorio, un’area vasta come la Tunisia, è minata o cosparsa di ordigni inesplosi che vanno bonificati prima della ricostruzione. Per non parlare delle infrastrutture strategiche come fabbriche, centrali, strade, ponti, aeroporti, compreso lo scalo internazionale di Kiev, inceneriti dai missili russi.
«Abbiamo attivato una rete di sindaci ucraini, il club dei primi cittadini, che sono già 300, per capire le esigenze della ricostruzione» dice a Panorama, Marco Toson, 22 anni di esperienza nel Paese e presidente della Camera di commercio ucraina in Italia. La ricostruzione vera e propria potrà partire solo dopo una tregua fra i belligeranti. In alcune zone, come i tristemente noti sobborghi di Kiev (Irpin, Bucha) si è già cominciato a sistemare ponti ed edifici distrutti. Il 12 gennaio il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, in visita a Kiev, ha inaugurato con il presidente Carlo Bonomi il Desk di Confindustria presso l’ambasciata che segue la riapertura dell’ufficio Ice in Ucraina. «Il sistema Italia è di nuovo pienamente presente nel Paese. Un segnale di fiducia» ha dichiarato Urso. In realtà stiamo cercando di recuperare il ritardo di fronte a un’agguerrita concorrenza. Francia, Germania, Danimarca e Polonia hanno messo le mani avanti per la loro fetta di mercato. Kiev intende ricalcare la ricostruzione dell’Inghilterra all’indomani del Secondo conflitto mondiale. E Corea del Sud e Turchia sono pronti a intervenire pesantemente.
Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha già firmato la scorsa estate con Zelensky un accordo preliminare. Il febbraio scorso il ministero dell’Economia ucraino ha siglato un memorandum con la banca americana JP Morgan come principale consigliere del governo per la ricostruzione. «Gli appetiti sono molti. La guerra è terribile ma porta anche a questa situazione» ha evidenziato Walter Togni, presidente della Camera di commercio italiana in Ucraina. In due città dove si è cominciato a lavorare sulla ricostruzione, Kharkiv e Mikolaiv, gemellata con Trieste, è coinvolto lo studio milanese di ingegneria e architettura One Works. Grazie ai droni si stanno mappando gli edifici per catalogare danneggiamenti e distruzioni. I modelli di recupero sono Rotterdam, Amburgo, ma pure Dresda polverizzata durante la Seconda guerra mondiale.
Dall’altra parte della barricata il ministero delle Difesa russo ha investito una cifra consistente, ma segreta, per ricostruire in tempo di record Mariupol, la città della resistenza del reggimento Azov, gemellata con San Pietroburgo, dove è nato Vladimir Putin.