Home » Attualità » Esteri » Migranti: i trucchi che costano cari agli avvocati di sua Maestà

Migranti: i trucchi che costano cari agli avvocati di sua Maestà

Migranti: i trucchi che costano cari agli avvocati di sua Maestà

Di fronte agli arrivi quotidiani di clandestini, il governo inglese usa il pugno duro: dalle multe a chi dà loro lavoro o affitto, fino alle pene (ergastolo compreso) ai legali che dispensano strategie «disinvolte» per ottenere permessi di soggiorno.


Gli inglesi hanno perso il loro self control. Dopo aver affrontato con cuor di leone le minacce di invasione di Napoleone e Hitler, ora sono sull’orlo di una crisi di nervi per un’altra incursione: quella delle barchette che, quotidianamente, fendono la Manica e riversano a ridosso delle bianche scogliere di Dover decine di clandestini. Poca roba, bisogna premettere, rispetto all’emergenza italiana ma sufficiente a spettinare il sempre compassato premier Rishi Sunak. Giusto un paragone: in Inghilterra, negli ultimi cinque anni, è sbarcato lo stesso numero di profughi (100 mila) arrivato nel nostro Paese nei primi otto mesi del 2023. Ma ognuno è (quasi) padrone a casa sua, e così il governo conservatore di Sua Maestà ha deciso di correre ai ripari e di dare una bella strapazzata al codice per frenare l’emorragia di consensi che l’immigrazione incontrollata sta provocando nell’elettorato di destra. Per prima cosa, ha triplicato le sanzioni amministrative per chi lucra assumendo manovalanza a basso costo: le multe sono passate da 15 mila a 45 mila sterline (da 13 mila a circa 39 mila euro) per ogni lavoratore irregolare sorpreso in una fabbrichetta o in un negozio. Stretta anche sulle locazioni: chiunque affitterà casa a uno straniero senza permesso di soggiorno riceverà un’ammenda di 10 mila sterline (8.700 euro).

Ma si sa, ogni mondo è paese. E per questo pure dalle parti di Downing Street la battaglia campale sul tema dell’accoglienza si giocherà nelle aule di tribunale. Non già, come da noi, a causa delle Procure che spalleggiano le Ong e di fatto chiudono un occhio sui trafficanti di uomini, ma per gli agguerriti studi legali che monopolizzano le pratiche di regolarizzazione incassando soldi e popolarità (a sinistra). Tanto che il ministero dell’Interno inglese, secondo una ricostruzione del quotidiano The Telegraph, ha deciso di inasprire, fino all’ergastolo, le pene per gli avvocati che truccano le carte o che offrono consigli su come violare la legge e ottenere l’asilo. La ministra Suella Braverman (un cognome, un destino: significa infatti uomo impavido) ha attaccato frontalmente i parrucconi del diritto.

«Gli avvocati corrotti dell’immigrazione devono essere sradicati e assicurati alla giustizia» ha tuonato. «Sebbene la maggior parte di loro agisca con integrità» ha aggiunto «sappiamo che alcuni mentono per aiutare i migranti illegali a ingannare il sistema. Non è giusto nei confronti di coloro che giocano secondo le regole. Queste persone dovrebbero smetterla di fare politica». Mica tanto «elementare, Watson». Ci sono legali che sono diventati star del firmamento progressista. C’è chi è seguito da mezzo milione di followers e arringa sui social parlando di cambiamento climatico, diritti gender e di pandemia. C’è chi lotta per riconoscere la personalità giuridica di foreste e fiumi (e in un’occasione ha accettato come onorario un pagamento in… alberi). E ancora chi sta scaldando i motori in vista delle prossime elezioni del 2024. Ma l’elenco sarebbe lunghissimo. In Italia ci sono i pm d’assalto, in Inghilterra gli avvocati d’assedio. E il risultato è quasi identico.

Finora sarebbero almeno due dozzine i difensori già identificati a un passo dall’incriminazione. Uno scandalo esploso quando un giornalista del Daily Mail, fingendosi migrante clandestino, ha proposto succose mazzette a una decina di avvocati in cambio dello status di rifugiato per motivi umanitari. Nessuno di loro ha rifiutato. Tutti hanno allungato la mano. E non ci vuole certo Sherlock Holmes per intuire che la guerra giudiziaria scatenata dal governo inglese è un messaggio nemmeno tanto velato alla Corte Suprema che, agli inizi di dicembre, dovrà decidere sul ricorso dell’esecutivo contro la sentenza della Corte d’appello che ha smantellato il «piano Ruanda».

Un accordo (a pagamento) che prevedeva di trasferire nel Paese centrafricano i richiedenti asilo in attesa della gestione in loco delle relative pratiche di accoglienza. Un modo pratico e veloce per alleggerire, anche economicamente, il programma di ospitalità che ogni giorno costa sei milioni di sterline (5,2 milioni di euro) per tenere negli alberghi oltre 50 mila esuli. «Se salterà il Ruanda, saremo impotenti davanti a una crisi ormai ingestibile» ammettono i falchi del partito Tory. Fomentando nell’opinione pubblica, forse non troppo inconsapevolmente, sentimenti di ostilità nei confronti dei dirimpettai francesi accusati di intelligenza con il «nemico». E non è escluso che, alla fine, il governo Sunak sarà obbligato a resuscitare la discussa politica dei respingimenti. Certo non con l’ammiraglio Horatio Nelson a pattugliare le coste, ma più prosaicamente con le moto d’acqua della Border force impegnate a intercettare gommoni e carrette del mare. I recenti fatti di cronaca (un naufragio con sei morti e l’evacuazione a causa della legionella della chiatta Bibby Stockholm, ancorata nel molo di Portland, per ospitare 500 profughi) hanno tuttavia ristretto gli spazi per prove muscolari. Per la prima volta nella storia, la «perfida Albione» è davvero isolata.

© Riproduzione Riservata