L’immobilismo di Roma nel Paese nordafricano ha conseguenze tragiche: a fine 2022 si potrebbe arrivare alla cifra «monstre» di 100 mila sbarchi. Tra affari milionari dei trafficanti di esseri umani e Ong che vanno oltre le regole. In attesa di navi più capienti.
Il barcone, un peschereccio fatiscente di colore azzurro con 367 migranti a bordo, è arrivato in acque italiane il 26 settembre dopo essere salpato dalla Cirenaica. Il carico umano ha fatto sfondare il tetto dei 70 mila sbarchi dall’inizio dell’anno, 25 mila in più rispetto allo stesso periodo del 2021 e tre volte tanto il 2020. «Un fine settimana di settembre c’erano duemila persone in mare» spiega una fonte di Panorama in prima linea sul fronte dell’immigrazione clandestina. «Due barconi con 500 migranti ciascuno che vengono dalla Libia orientale e altri mille a bordo delle navi delle Ong. Avanti di questo passo e a fine anno registreremo almeno 80 mila arrivi».
Secondo stime più pessimistiche si potrebbero sfiorare i 90-100 mila perché le traversate dalla Cirenaica avvengono con vecchi pescherecci poco influenzati, rispetto ai gommoni, dalle condizioni del mare in peggioramento d’inverno.I mesi estivi sono stati di fuoco, con un’ondata di 50.744 migranti. Il 4 settembre sono stati registrati in un solo giorno 1.096 sbarchi, il 12 altri 1.030 e il 16 ben 1.182.
Nonostante il caos libico, con due premier che dividono a metà il Paese, «la rete di trafficanti è trasversale. I pescherecci vengono rubati o venduti in Tripolitania e poi trasferiti in Cirenaica dove li riempiono a dismisura di gente. Sono arrivati a imbarcare anche 650 persone» racconta la nostra fonte. Tutti uomini, in gran parte egiziani o provenienti dal Bangladesh, che pagano dai mille ai duemila euro a testa, in pratica un incasso da 500 mila a 1 milione e 300 mila euro a seconda del numero di «passeggeri» imbarcati.
Questa è la traversata più economica, ma negli ultimi mesi sono aumentate le barche a vela, più costose, che partono dalla Turchia o dal Libano con 40-60 migranti, in gran parte famiglie siriane o curde. Una delle ultime è stata avvistata il 24 settembre al largo di Portopalo di Capo Passero, in Sicilia, con due scafisti uzbeki arrestati dalla polizia. Gli investigatori hanno scoperto che la rotta dal Mediterraneo orientale può costare fra gli 8 e i 9 mila euro a testa. Il bottino dei velieri, in base a lunghezza e spazio a bordo, varia da 570 mila a 925 mila euro a traversata. A fine settembre le prime tre nazionalità degli arrivi sono sempre tunisini (14.549), egiziani (13.754) e cittadini del Bangladesh (10.403), che non fuggono da alcuna guerra e, a rigore di legge, non avrebbero diritto a sbarcare in Italia. I veri profughi come gli afghani (5.320) sono la quarta nazionalità seguita dai siriani (4.560).
«Vanno fatti accordi più seri ed efficaci con i paesi di partenza come la Tunisia e l’Algeria» dice Gianandrea Gaiani, direttore del magazine Analisi difesa. «Sul tratto di mare fra Lampedusa e le coste tunisine si potrebbero fermare i barchini prima che entrino in acque territoriali e consegnare direttamente i migranti alla loro Guardia costiera. Per la Libia va potenziata la presenza dell’Agenzia dell’Onu per i rifugiati e il meccanismo di rimpatrio con l’Organizzazione internazionale delle migrazioni». L’ex regno di Gheddafi rimane un autentico «buco nero», rimosso dagli ultimi governi italiani, con due premier che si contendono il potere. Il Governo di unità nazionale (Gun) del primo ministro Abdul Hamid Dbeibeh, riconosciuto dalle Nazioni Unite, che comanda a Tripoli. E il rivale, Fathi Bashagha, designato dalla Camera dei rappresentanti di Tobruk, che ha formato il governo di stabilità nazionale (Gsn) insediato nell’Est del Paese a Sirte e Bengasi con l’appoggio del generale Khalifa Haftar alleato dei russi. L’ambasciatore americano in Libia, Richard Norland ha parlato di situazione «insostenibile».
Il generale Rafae al-Barghathi, che dovrebbe contrastare l’immigrazione illegale in Cirenaica, accusa Tripoli di avere tagliato mezzi e fondi. E ammette l’impennata delle partenze: «C’è stato un notevole aumento degli indicatori del flusso di migranti clandestini verso la Libia di diverse nazionalità, tra cui cittadini provenienti da Sudan, Etiopia, Ciad ed Egitto». Gli scontri armati fra i miliziani dei due premier hanno provocato l’allentamento dei pattugliamenti della Guardia costiera libica e favorito i trafficanti. A fine settembre è scoppiata a Zawiya, 45 chilometri a ovest di Tripoli, una battaglia furiosa con armi pesanti fra gruppi armati che si sono arricchiti con il traffico di petrolio, droga ed esseri umani. Secondo la costola dell’Onu per le migrazioni (Iom), la Guardia costiera libica ha riportato indietro appena 16.500 migranti rispetto ai 32.425 del 2021.
Una delle nostre «antenne» a Tripoli non ha dubbi: «La Libia è stata quasi abbandonata dall’Italia. Per questo aumentano le partenze. La Guardia costiera ormai fa il minimo perché dal governo Conte 2 in poi non viene più supportata come prima». Nell’impennata degli arrivi gioca un ruolo importante la flotta delle Ong. Il 22 settembre la nave Humanity 1, ex Sea-Watch 4 dell’omonima organizzazione non governativa tedesca, ha sbarcato 398 migranti a Taranto. L’imbarcazione, che batte bandiera tedesca, costa 9 mila euro al giorno. Il fondatore della Ong è l’attrice Hadnet Tesfai di origine eritrea, che ha mobilitato il mondo dello spettacolo per raccogliere i fondi necessari. Lo stesso giorno un’altra ammiraglia, la Open Arms 1, bandiera spagnola, sbarcava altri 402 migranti, sempre in Italia. Il 27 settembre si dirigeva, vuota, verso Barcellona. Ocean Viking, di Sos Méditerranée e Geo Barents di Medici senza frontiere si sono pure distinte negli sbarchi estivi.
«Davanti alla Libia le navi delle Ong si danno il cambio» spiega la fonte di Panorama. «Il “coordinamento” è garantito da Alarm phone (il centralino dei migranti, ndr) e stanno mettendo in mare unità sempre più grandi per imbarcare fino a mille migranti». A Genova è quasi pronta a salpare la nave Life Support di Emergency, un’altra ammiraglia lunga 51 metri con un ponte di 250 metri quadrati. Sea-Watch 3 è stata bloccata a Reggio Calabria il 23 settembre dopo che la Capitaneria ha riscontrato «26 deficienze di cui 13 motivo di detenzione». Ovviamente sono stati presentati ricorsi al Tar e alla Corte di giustizia europea, che aveva già emesso un’ambigua sentenza in parte favorevole alle Ong del mare. Non solo: i talebani tedeschi dell’accoglienza hanno rilanciato annunciando che «fra qualche mese salperà Sea-Watch 5, una nuova nave più veloce, più grande ed efficiente».
